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Un grido dalla galassia dei traditi: “Basta con la democrazia, tanto non funziona!”

Adriano Sofri

Inferociti con chi ha disatteso ogni promessa, non votano più 5 stelle. Non votano più Salvini. Non guardano più Zalone. Volete fare un sondaggio? Non badate al gradimento, puntate al tradimento

C’è un’idea consolatoria, quasi sedativa: che il rancore e la rabbia eccitati in una parte crescente delle nostre società, dalla sensazione di essere travolti e buttati ai margini della storia dalla globalizzazione, trovino un rimedio nel fermento dei movimenti populisti e nazionalisti, sovranisti, capaci comunque di trattenere esasperazione ed eversione dentro gli argini del gioco democratico. Due dei migliori studiosi di Storia contemporanea della generazione dei quarantenni, Marco Bresciani e Guri Schwarz, hanno fatto uscire da poco una raccolta di saggi su La democrazia dei populisti tra Europa e Americhe (Viella, 184 pp.) che, se non fraintendo, fa propria questa tesi a suo modo rassicurante.

Il loro proposito più immediato è di scoraggiare gli accostamenti troppo facili tra i populismi nazionali del mondo globalizzato e i fascismi degli anni 30 del secolo scorso. L’intento più impegnativo riguarda il carattere problematico del populismo nazionale, la sua natura composita, capace di mescolare ingredienti un tempo opposti, e di produrre combinazioni nuove dentro lo spazio che oppone la democrazia costituzionale alla dittatura: uno spazio dilatabile e riducibile di volta in volta e di paese in paese, restando tuttavia al di qua della rottura della democrazia formale, della sostituzione della violenza al voto. Spazio stretto e dubbio: provate a misurarlo per la Turchia. Ne parleremo ancora. Ora vorrei esporre un’ipotesi diversa, che mi hanno suggerita i casi dei giorni scorsi. All’indomani dell’elezione presidenziale, incuriosito dalla madornale insipienza di Salvini, sono andato a guardare la sua pagina ufficiale su Facebook, e ne sono stato sbalordito.

 

La gran maggioranza della moltitudine di commenti ai suoi post (in buona parte perfino a quelli in cui lamentava giustamente gli auguri di morire di Covid) era di improperi, rinnegamenti o comunque giudizi negativi. Mi sono chiesto come mai venissero pubblicati senza censure e senza risposte: ho pensato che la spiegazione stesse nel fatto che autrici e autori dei commenti erano non di avversari spintisi fino alla sua pagina per insultarlo, ma di suoi seguaci. Era un popolo di traditi che gli rinfacciava la propria delusione, denunciava la sua ipocrisia – il suo stare al governo con Draghi e la relativa compagnia, la sua rassegnazione alla rielezione di Mattarella, eccetera – gli revocava amaramente o rabbiosamente lasua fiducia. Su questa scia, sono ripassato dal pubblico dei seguaci dei 5 stelle, nel quale il sentimento d’esser stati traditi e il ripudio virulento dei rispettivi idoli del giorno o dell’anno prima è assolutamente costitutivo. Un altro vasto popolo di traditi, diviso in vari traditori da rinnegare equanimemente, con ugual virulenza: ciascuno con la propria Vittoria mutilata in tasca.

 

Meditavo sulla cosa e intanto al Quirinale era succeduto Sanremo, che avevo trascurato di guardare salvo essere indotto a recuperare dalle reazioni dei giorni dopo, e in particolare dal modo, il tono, l’animus, con cui il pubblico dei commentatori si divideva accanitamente sui personaggi d’opinione: specialmente Fiorello e Zalone, sui quali ho cercato i commenti. Che non erano solo divisi – come qualunque cosa sui social: basta un like per farsi almeno due nemici – ma avevano eccitato dissensi virulenti di ex fan, altri popoli di traditi. Qui è più facile spiegarsi il meccanismo: Fiorello scherza sugli esiti ortopedici del grafene e l’armata Brancaleone degli antivax gli rovescia addosso le stragi del siero.
Salvini o Fiorello (largamente colpevole il primo, innocente il secondo) pagano lo scotto della mobilitazione no vax-no green pass attorno alla quale si è coagulata prima timidamente e con un po’ di vergogna, poi irresistibilmente e con una vera esaltazione, la frustrazione di tanti umiliati e offesi del mondo globale e della Borsa in cui Amazon guadagna 191 miliardi in un giorno e Facebook ne perde 250.

Zalone, che aveva dato il meglio sui virologi, è stato accusato di aver gettato la maschera su lgbtq+. Altrettanti popoli di traditi. Non farò altri esempi. Mi bastava per avanzare un’ipotesi sulla società contemporanea e sui margini di resistenza della sua rappresentatività democratica. Il malumore, il rancore, il risentimento, la rabbia, l’invidia sociale, la frustrazione e tutti gli altri sentimenti che di anno in anno hanno dato o daranno il titolo a una relazione del Censis, non vanno a finire dentro un indistinto astensionismo elettorale, né dentro un indistinto qualunquismo antipolitico; e nemmeno nei serbatoi che ciclicamente nuove e improvvisate politiche demagogiche offrono loro, strumentalizzandole e insieme reinserendole dentro l’impalcatura democratica. Il nuovo qualunquismo è diviso in altrettanti partiti e ideologie ombra, quanti sono partiti e ideologie in luce: accomunati dal proprio peculiare rinnegamento, la propria delusione, l’intima, appassionata avversione che il tradito prova verso il proprio traditore.

 

Il populismo pretende di fare appello a un popolo immaginario. Qui ci sono altrettanti popoli reali, concreti, inaspriti, il negativo delle folle che ieri esultavano per i loro leader, quelli che calpestano tessere o stracciano i selfie col capo fatti l’altroieri dopo una coda di ore. Il popolo, e il partito, dei leghisti traditi, dei 5 stelle traditi (milioni di peronisti, il tradimento più clamoroso, più plateale), dei fan di Fiorello traditi… Piccoli profittatori di guerra e di pandemia escono e rifondano qualcosa, provano a intascare una rendita dal rinnegamento, ma sono gli spiccioli: il grosso resterà fuori, a covare la vendetta. Fratelli d’Italia non incorre ancora in questa regola: fuori dal governo, rinvia il momento inesorabile del tradimento. Ora però, con spirito di sacrificio, dovrò aggiungere l’osservazione decisiva: lo stato d’animo di chi è stato tradito da false promesse, da progetti e leader che si sono rinnegati, è prima e soprattutto caratteristico della sinistra. C’è una gran parte della sinistra, del “popolo di sinistra”, per il quale la sinistra non c’è più perché è stata tradita e rinnegata. Anzi: la sinistra è, semplicemente, quella parte politica che non c’è. Su quando e da chi sia stata tradita corrono le opinioni più vaghe, nel 1914, nel 1917, nel 1921, nel 1944, nel 1989, ieri pomeriggio… Così connaturato alla sinistra è il pensiero amaro che la sinistra per definizione non esista, che i suoi esangui retaggi, il Pd, certe persone, vengono ancora riconosciute per una loro passabilità, una decenza… Non c’è la virulenza sanguigna del tradito nella sinistra ufficiale, salvo che nel caso screanzato di Renzi, sul quale peraltro si dichiara universalmente che di sinistra non fu mai, vergognandosi appena di quel  40 per cento.

 

Questo dunque il quadro politico vigente. Volete fare un sondaggio? Non badate al gradimento, puntate al tradimento. Non chiedete agli italiani per chi votano, ma per chi non votano. Più esattamente, per chi non votano più, senza passare a votarne un altro. Non voto più 5 stelle. Non voto più Salvini. Non guardo più Zalone. Non è l’adunata dei refrattari, non ancora, perché i popoli diversi restano attaccati ciascuno al proprio geloso tradimento. E’ qualcosa che ha a che fare col sesso più che con la politica – ma la politica ha a che fare col sesso. Questi refrattari sono una minoranza, si dice, anche se per qualche ora appaiono maggioranza nei commenti a una pagina Facebook. Dopotutto il 90 per cento degli italiani o quasi si è vaccinato. Non mi sentirei così al riparo. Riuscirono a invadere e sfregiare la Cgil, scortati dalle polizie (che li tengano in galera, è tutt’altro che una riparazione). Negli Stati Uniti, traditi com’erano da una combutta di poteri forti e sotterranei, hanno tenuto la Casa Bianca per un’intera legislatura e l’hanno lasciata solo dopo aver dato l’assalto con morti e feriti al Campidoglio. E stanno cambiando le leggi elettorali per vendicarsi del tradimento che ha messo fuori Trump. A Ottawa, dopo Toronto e il resto, si sono presi la città – vecchio sogno di democrazia civica messo in caricatura – camioneros alla cilena rinforzati dalla pandemia e dai soldi e dai militanti fascisti d’oltreconfine, e le polizie che si arrendono.

 

I refrattari alla democrazia stanno facendo un sacco di prove generali in giro per il mondo, e c’è ancora qualche disgraziato che li prende per compagni che sbagliano. Oggi a Ottawa, domani a Bruxelles, e così via. Il fatto è che quando la distanza fra quello che la democrazia proclama e quello che dà si fa troppo grande, e l’esempio di efficienza delle dittature indisturbate rimbomba, molte persone sono tentate di cedere: visto che non si cambiano le cose perché corrispondano alle parole, e al contrario parole e cose si allontanano, cambiamo le parole. Mettiamo via la democrazia, tanto non funziona, non esiste. Perché il colpo sia meno duro, troviamo delle parole di mezzo, di transizione, democrazia illiberale, nazionalpopulismo, democrazia autoritaria, democratura… Come volete, pur di non continuare a vergognarci come ladri per una bambina scalza che muore di freddo al confine polacco, per un bambino che annega nel mare nostro. Ci sono tanti bambini destinati a soffrire e morire, e durerà. Il Papa e Dostoevskij non se ne fanno una ragione, non riescono a non rinfacciarlo a Dio, per così dire. Tante persone normali, soprattutto quelle che ancora per un po’ sono al riparo, ma già sentono la minaccia addensarsi sulle loro teste, hanno voglia di liberarsene, di esserne assolte. Tanti bambini muoiono, è così, sarà così. Rinunciamo al nome. Diciamolo insieme, tutti insieme, alto: LA DEMOCRAZIA NON ESISTE. In fondo ci eravamo abituati così volentieri a dire che la sinistra non esiste. E’ stata tradita, sappiamo anche da chi. Da loro.
  

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