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C’è una terza via per le rinnovabili contro le derive dell’inflazione

Chicco Testa

Mischiare due business diversi come gas e rinnovabili è stato un errore. La strada è quella del disaccoppiamento dei due mercati come avviene in altri stati europei

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Produzione di elettricità da fonti rinnovabili o da gas, le due fonti di gran lunga più importanti per l’Italia, sono due business completamente diversi. Il primo viene definito “asset based”. Vale a dire che la componente più importante è l’investimento per la realizzazione dell’impianto. Dopodiché i costi operativi sono bassi e il combustibile praticamente gratis. Nel caso della produzione con gas invece il costo del combustibile fa la differenza, come si vede in questi mesi di prezzi alle stelle.

Averli mescolati in un unico meccanismo di formazione dei prezzi, il cosiddetto marginal price, in cui è la fonte più cara, il gas, che fa il prezzo per tutti attraverso la borsa elettrica è stato un errore. Una finta competizione fra due business diversi. Prova ne sia che nonostante le rinnovabili abbiano acquisito uno spazio sempre maggiore, arrivando oggi a coprire in alcuni momenti anche più del 50%, nessun beneficio ne è venuto per i consumatori italiani. Anzi. Agli incentivi concessi negli anni passati e pagati in bolletta per supplire alle deficienze del mercato di allora quando le rinnovabili avevano ancora costi molto alti si aggiungerebbero in questi giorni i ricchissimi prezzi di mercato. Con quindi un doppio vantaggio. Ed è tutto da dimostrare che un ulteriore aumento della quota rinnovabili possa portare riduzioni del prezzo dell’elettricità, se il loro prezzo rimane agganciato a quello del gas, seppur utilizzato in quote via via minori. Con lo strano paradosso per cui le rinnovabili godono e godrebbero del traino del competitore che vogliono scacciare. Le recenti misure del governo prendono atto di questa situazione. Stabiliscono un prezzo “storico” che dovrebbe rappresentare una giusta remunerazione per le rinnovabili e fa restituire ai consumatori i margini ulteriori derivanti dall’impennata dei prezzi.

Gli operatori delle rinnovabili protestano con un sola voce. Non si possono cambiare le regole mentre il gioco è in corso, dicono. Opinione sempre condivisibile, ma appare anche un poco forzato considerare un diritto acquisito gli extra margini miliardari che nessuno aveva messo in conto. Chi ha fatto investimenti in rinnovabili aveva attese di prezzo ben minori. Nelle ultime aste intorno ai 70 euro per MWh contro gli oltre 200 dei prezzi di borsa attuali e previsti per i prossimi due anni. È evidente che cosi restando le cose nessun beneficio in termini di prezzo può venire dalle rinnovabili. Che hanno bisogno di crescere ulteriormente, per ragioni note, ma dando un contributo con i loro bassi costi al sistema energetico italiano, anche riducendone la dipendenza da combustibili fossili importati.

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La strada è probabilmente quella del disaccoppiamento dei due mercati. Da un parte un mercato fatto di contratti a lungo termine, basato sui prezzi stabili delle rinnovabili; dall’altra un mercato concorrenziale e più “istantaneo” riservato alle altri fonti e inevitabilmente influenzato dai costi del combustibile. Una soluzione di questo genere ridarebbe inoltre fiato e opportunità agli investimenti nelle rinnovabili con la prospettiva di un ritorno finanziario stabile nel tempo.
In questa direzione si muovono anche altri Stati europei. La Spagna per esempio che è una grande sostenitrice delle rinnovabili e la Francia seppur per una ragione diversa. Evitare che anche i bassi e stabili costi dell’energia nucleare vegano trascinati verso l’alto dal gas che nel mercato uniforma tutti i prezzi. Resta da convincere la Commissione europea che in queste difficili settimane per l’energia sembra muoversi con i riflessi piuttosto appannati. Il punto è sempre lo stesso: come remunerare adeguatamente le rinnovabili evitando che il prezzo dell’energia da loro prodotta presenti questi caratteri di volatilità. Bisogna lavorarci da subito senza attendere la prossima crisi.
 

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