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Natale, il giorno giusto per ricordare i cristiani perseguitati nel mondo

Claudio Cerasa

Cina e Corea del nord tra i paesi più a rischio. Ma sono il medio oriente e l’Africa i luoghi più sensibili ai soprusi e agli eccidi: là dove predica e agisce l’islamismo fondamentalista. Un appunto per la prossima visita del Papa in Iraq

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E’ una domanda cruda ma è una domanda che in un giorno come questo occorre purtroppo porsi: il mondo si è dimenticato dei cristiani? Timothy Dolan, lo sapete, è il cardinale di New York e qualche giorno fa, sulle pagine del Wall Street Journal, ha scritto un articolo importante per denunciare un fatto che, complice il dramma della pandemia, i giornali di tutto il mondo quest’anno si sono spesso dimenticati di denunciare: la persecuzione dei cristiani nel mondo. Il governo americano, ha scritto Dolan, ha impedito a milioni di americani, per la prima volta nella loro vita, di fare quello che centinaia di migliaia di cristiani nel mondo non possono più fare, ovvero andare in chiesa, non per questioni legate alle strette anti pandemia, ma per questioni legate alla persecuzione del loro credo. Per milioni di cristiani perseguitati in tutto il mondo, ha scritto Dolan, l’impossibilità di andare in chiesa non è un’eccezione ma è una costante drammatica della loro esistenza.

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E’ una domanda cruda ma è una domanda che in un giorno come questo occorre purtroppo porsi: il mondo si è dimenticato dei cristiani? Timothy Dolan, lo sapete, è il cardinale di New York e qualche giorno fa, sulle pagine del Wall Street Journal, ha scritto un articolo importante per denunciare un fatto che, complice il dramma della pandemia, i giornali di tutto il mondo quest’anno si sono spesso dimenticati di denunciare: la persecuzione dei cristiani nel mondo. Il governo americano, ha scritto Dolan, ha impedito a milioni di americani, per la prima volta nella loro vita, di fare quello che centinaia di migliaia di cristiani nel mondo non possono più fare, ovvero andare in chiesa, non per questioni legate alle strette anti pandemia, ma per questioni legate alla persecuzione del loro credo. Per milioni di cristiani perseguitati in tutto il mondo, ha scritto Dolan, l’impossibilità di andare in chiesa non è un’eccezione ma è una costante drammatica della loro esistenza.

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I numeri sono impressionanti. Ogni mese, nei 50 paesi più a rischio in giro per il mondo, ci sono circa 300 cristiani che vengono imprigionati ingiustamente. In un paese come la Nigeria ogni anno ci sono più di 220 fedeli che vengono rapiti e imprigionati ingiustamente da gruppi di miliziani jihadisti. In un paese come l’Eritrea in questo momento ci sono più di 1.000 fedeli cristiani ingiustamente detenuti. In un paese come il Pakistan ogni anno si verificano circa 1.000 casi di conversioni forzate di ragazze e giovani donne cristiane e indù. In Eritrea il patriarca della Chiesa ortodossa, Abune Antonios, si trova agli arresti domiciliari dal 2007, senza che vi sia alcuna accusa provata nei suoi confronti. In Turchia, da anni, Recep Tayyip Erdogan ha scelto di ridurre lo spazio di libertà per i cristiani, trasformando per di più in moschee cattedrali e chiese come “Hagia Sophia” e “Chora”. In Cina il vescovo di Baoding, James Su Zhimin, è stato in carcere per quasi un quarto di secolo senza processo. In un paese come la Corea del nord si stima che vi siano circa 50.000 cristiani in questo momento nei campi di lavoro. In Nigeria, secondo la fondazione Gregory Stanton di Genocide Watch, sono più di 27.000 i cristiani uccisi dal 2009 a oggi per mano dei miliziani islamici.

 

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Nel 1900 in tutto il medio oriente, come ricordato qualche settimana fa da Vincenzo Nigro su Repubblica, i cristiani erano il 12,7 per cento della popolazione: oggi sono il 4,2 per cento, e verso il 2050 scenderanno al 3,7 per cento. “Siria, Nigeria, Pakistan – ha detto in una recente intervista Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Maria Santissima in Astana – rappresentano per noi cristiani tre scenari diversi uniti da un trait d’union tragico: i cristiani perseguitati. In alcuni casi si tratta della persecuzione dei cristiani da parte di gruppi terroristici islamici (Siria, Nigeria), in un altro caso si tratta di un islam intollerante politicizzato (Pakistan). Ci sono certamente anche persecuzioni di cristiani da parte di sistemi politici comunisti come in Corea del nord e in Cina. Il mondo non si è dimenticato dei cristiani. Il mondo di oggi purtroppo odia i cristiani”.

    

Tra pochi mesi, a marzo, Papa Francesco sfiderà la pandemia e tornerà a viaggiare andando a visitare alcune città in Iraq: Baghdad, Erbil, Mosul, Qaraqosh. In Iraq, come denunciato giorni fa dall’arcivescovo caldeo Bashar Warda e come sa bene Papa Francesco, prima del 2003 c’erano oltre un milione e trecentomila cristiani, oggi ne sono rimasti meno di trecentomila. Marzo è lontano ma da qui a quell’appuntamento sarebbe prezioso se i vertici della chiesa decidessero di fare una piccola operazione verità provando a trovare un modo per ricordare che i cristiani perseguitati in medio oriente non sono perseguitati a causa dell’ineluttabile fato ma sono perseguitati a causa della violenza portata avanti dall’islamismo fondamentalista. Non sarà sufficiente denunciare questo fatto per permettere ai cristiani perseguitati di passare un buon Natale ma sarà necessario trovare un modo per farlo per ricordare al mondo che il fondamentalismo islamista non è un virus meno fatale di quello che tutto il mondo ha combattuto nel 2020.

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