PUBBLICITÁ

Contro l’ermo colle

Al grido campagna! cercano tutti case nelle praterie. Ma le speranze sono fatte della stessa sostanza delle città

Ester Viola

Un altro lockdown no, non ce la faccio, non me lo merito. Fare il pane in casa non fa più ridere. Quando tutto sarà finito torniamo ad assembrarci, l’assembramento fa la forza

PUBBLICITÁ

Andiamo al ristorante finché siamo in tempo. Si valutano nuovi divieti, nuove serrate, nuove afflizioni. Ci metteranno la catena corta, me lo sento. Chi allarma, chi relativizza coi foglietti delle statistiche fatte in casa. Io vi odio tutti, non mi avrà nessuno. Esci dal reparto psichiatrico dei social ma offline il convento passa di peggio: in fila signori per favore, il gel, il bip. Quant’è uscito? Trentasei e due. Si entra con la mascherina, se vi sedete ve la potete togliere, l’antipasto lo mettiamo in mezzo? alle 23 comincia un mezzo karaoke. Oh darling darling stand by me, stand by me ma tieniti a un metro ti prego.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Andiamo al ristorante finché siamo in tempo. Si valutano nuovi divieti, nuove serrate, nuove afflizioni. Ci metteranno la catena corta, me lo sento. Chi allarma, chi relativizza coi foglietti delle statistiche fatte in casa. Io vi odio tutti, non mi avrà nessuno. Esci dal reparto psichiatrico dei social ma offline il convento passa di peggio: in fila signori per favore, il gel, il bip. Quant’è uscito? Trentasei e due. Si entra con la mascherina, se vi sedete ve la potete togliere, l’antipasto lo mettiamo in mezzo? alle 23 comincia un mezzo karaoke. Oh darling darling stand by me, stand by me ma tieniti a un metro ti prego.

PUBBLICITÁ

 

 

PUBBLICITÁ

Un altro lockdown no, non ce la faccio, non me lo merito. Fare il pane in casa non fa più ridere. Mascherina, fila all’esselunga, un colpo di tosse nella notte, l’ansia, il virologo, il bollettino. Io il vaccino se c’è me lo faccio portare da Babbo Natale e vi do tutt’e due le braccia. Sopporto tutto, ma fatemi uscire di casa. Se c’è una cosa che la gente ha imparato dal Covid è che sotto i 150 metri quadrati non è vita. Con una famiglia, poi. A Milano, poi. La vita è adesso ma soprattutto è fuori, non dentro, fuori.

 

Se non credete al quisque chiedete a un intellettuale professionista: più è ricca la tua vita interiore, più tende a fare schifo secondo i parametri standard. S’è consumata in tre quattro mesi la vera rivoluzione, quella che ti prende alle spalle. Arrivo al punto perché ci tengo. Colpa dello smartworking, s’è insinuato nella gente un folle desiderio di provincia sperduta, un anelito ad abbandonare le città. Sai ho visto una villa un po’ fuori Desio, costa la metà di questo appartamento. Trattabile. Te la buttano dietro. Vuoi mettere come ci starebbero i bambini, ci facciamo la piscina.

 

Hanno cominciato ad aprile. Commissariati nei loro appartamenti, li sentivi bramare e parlare di patio, ettari, boschi, lunghe passeggiate che ci potevano rimettere a nuovo. Peripatetici, camminatori di Santiago. E l’immaginazione fece il resto: favolavano di questa vita nella semi-natura della provincia come fosse la soluzione, sasso filosofale e panacea, il luminoso destino che ci siamo negati da veri idioti. Il capitalismo ci sta staccando la carne di dosso, come abbiamo fatto a piegarci agli agenti immobiliari? Stiamo crepando di polveri sottili e ce la fanno pure pagare ottomila al metro.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Campagna! Farò smart working nel mio giardino. Se non mangio più quel toast rancido nei bar sotto l’ufficio la città fallisce? E che fallisca! Muoia Sansone e in salvo i Filistei. Noi ce ne andiamo via. Vita negli orti, galline, l’ovetto fresco la mattina. Ma chi la vuole questa città con gli spinaci buoni a nove euro la busta, se non vuoi mangiare quelli a un euro e cinquanta, nel sacchetto che quando apri senti effluvi d’antibiotico. Così avanza il nostro destino di solitudine. Stanno aumentando le richieste di case nelle praterie, questo vi volevo dire.

 

PUBBLICITÁ

Le aziende si sono contate i soldini risparmiati e s’è bell’e capito che lo smart working è qui per restare. E gli ingenui si sono detti: sai che c’è, io me ne vado proprio. Aria. L’illusione della vita sana. Il topo di città che dice al topo di campagna: bravo tu, vengo pure io. Ma la campagna non è come vedete alla televisione. La campagna dovete farvela raccontare dai campagnoli fuggiti, dovete parlare con gli obtorti colli che fino ai vent’anni abitavano in micropaesi sperduti. Chiamate un profeta in patria (io) e fatevi spiegare quali sono gli effetti della tranquillità prolungata e verde.

 

 

Il mondo fuori vive, reagisce, si ribella. La campagna è in anestesia. Non ci deportate i vostri figli. Manco Leopardi v’hanno saputo spiegare bene a scuola? Le poesie di gioventù erano un artificio. Nel giugno 1821, nella galera paterna di Recanati, dove giaceva per colpa di quel taccagno del padre, Leopardi scriveva la verità a Pietro Brighenti: “Io sto qui, deriso, sputacchiato, preso a calci da tutti, menando l’intera vita in una stanza, in maniera che, se vi penso, mi fa raccapricciare”. L’ermo colle genera solo mostri. E così andò via, su ali dorate, verso i disastri della città, il rumore dei vivi e delle cose che si muovono, anche se poi ci deludono.

 

Quando tutto sarà finito non disperdiamoci nelle campagne, torniamo ad assembrarci, l’assembramento fa la forza. Gli altri saranno pure l’inferno, ma ci salvano la vita. Senza contare che la piscina se la godono le zanzare, i giardinieri costano più dei maggiordomi e l’unica cosa che farete di sera sarà guardare gli alberi di Natale che crescono. Il passero solitario non compagna e non vola, Giacomino nostro si salvò, salviamoci pure noi. Le speranze sono fatte della stessa sostanza delle città, anche se il cemento lo chiami ginestra.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ