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Governare la paura senza rimuoverla

Giuliano Ferrara

L’argine della paura è nel discorso pubblico. Letture sulla nuova convivenza

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Fatto salvo che bisogna semplicemente obbedire alle disposizioni e agli orientamenti dei ministri, della Protezione civile, del Comitato tecnico-scientifico, delle Asl territoriali, dei sindaci, dei presidenti di regione, dei vigili urbani, dei questori e prefetti, dei presidi, perché la conformità all’autorità civile non ha alternative in tempi di pandemia, è chiaro che proprio in questo si esprime una rivoluzione di cultura e di impegno. E’ un dovere considerare nul et non avenus, una caccola priva di validità alcuna, tutto il chiacchierume opinionistico, compreso questo che state leggendo, per non parlare delle ansie libertarie dei sofisti travestiti da filosofi, dei politici incivili e degli anonisti del Q, i settari del nichilismo contemporaneo. In tanto materiale da scartare, ho notato ieri due eccezioni. Si tratta di Paolo Giordano, scrittore italiano, temperamento umanistico e saggistico, formazione scientifica, e di Anders Tegnell, il capo dell’agenzia sanitaria che ha guidato la Svezia nel suo “Sonderweg”, nel suo cammino particolare, evitando pratiche di blocco e confinamento rigorose nella scorsa primavera nera.

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Fatto salvo che bisogna semplicemente obbedire alle disposizioni e agli orientamenti dei ministri, della Protezione civile, del Comitato tecnico-scientifico, delle Asl territoriali, dei sindaci, dei presidenti di regione, dei vigili urbani, dei questori e prefetti, dei presidi, perché la conformità all’autorità civile non ha alternative in tempi di pandemia, è chiaro che proprio in questo si esprime una rivoluzione di cultura e di impegno. E’ un dovere considerare nul et non avenus, una caccola priva di validità alcuna, tutto il chiacchierume opinionistico, compreso questo che state leggendo, per non parlare delle ansie libertarie dei sofisti travestiti da filosofi, dei politici incivili e degli anonisti del Q, i settari del nichilismo contemporaneo. In tanto materiale da scartare, ho notato ieri due eccezioni. Si tratta di Paolo Giordano, scrittore italiano, temperamento umanistico e saggistico, formazione scientifica, e di Anders Tegnell, il capo dell’agenzia sanitaria che ha guidato la Svezia nel suo “Sonderweg”, nel suo cammino particolare, evitando pratiche di blocco e confinamento rigorose nella scorsa primavera nera.

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Due testi esemplari, uno è l’editoriale del Corriere l’altro una lunga intervista a Richard Milne del Financial Times. Come sappiamo, Israele, che a maggio sembrava il campione risolutivo della battaglia antivirale, è nell’immediata vigilia di un nuovo lockdown nazionale, mentre infuriano le cifre di contagi e morti e ricoverati in terapia intensiva e si scatenano le passioni civili, religiose e politiche che da sempre dividono quello stato-guarnigione capace di compatta unità di fronte alle emergenze di sicurezza mentre oggi, al contrario, si scopre spaventato e scompaginato. Come sappiamo, nel Regno Unito si varano nuovi provvedimenti disciplinari impopolari e nuove chiusure, lo stesso in Francia, in Spagna chissà, ma se la vedono brutta di nuovo.

 

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La speranza salvifica nel vaccino è temperata da fallimenti, cautele, prese di tempo che parlano di mesi e mesi ancora, e la stessa idea di un colpo risolutivo e finale è entrata in crisi. Giordano avverte il paradosso della riapertura delle riaperture: le scuole sono la giuntura della società, dunque il contrario del distanziamento fisico o sociale o antisociale, come preferite, la giuntura è la necessità e il problema. Gli indici italiani di trasmissione del contagio sono già ora, a scuole chiuse, oltre la soglia del rischio, ma senza scuola, senza presenza e scambio generazionale nella classe e poi in famiglia, con tutte le dovute cautele, il fattore isolamento e blocco diventa insostenibile. Sono probabili nuovi focolai, è possibile una generalizzazione a partire da aule e scambi scuola-famiglia-comunità. Il virus ha una presenza fantasmatica, dice Giordano, e i fantasmi fanno paura. La paura va rispettata, e arginata come possibile, ma non può essere censurata, cancellata, repressa, rimossa. L’argine è nel discorso pubblico, in particolare nei media, se trasformiamo il melodramma grottesco del periodo prescolastico in un nuovo melodramma a scuole aperte, chiuse, riaperte in conseguenza di prevedibili difficoltà, ci facciamo un danno enorme, complicato poi da superare. Infine una considerazione di Giordano colpisce, e converge con il resoconto di Tegnell di cui tra poco: dobbiamo considerare i pericoli e gli eventi su una scala di comunità statistica, dobbiamo rappresentarci come un modello matematico, sapendo che anche le brutte notizie devono essere inquadrate nell’ambito di una scala superiore al nostro sentimento ravvicinato, di prossimità, e diversa da questo. In sostanza: dobbiamo convivere con l’epidemia virale su tempi lunghi, attrezzarci per dimensionare e ridimensionare le cose con accortezza e senso delle proporzioni. Detto dall’autore che durante il lockdown ha scritto il pamphlet “Nel contagio”, un magistrale esempio di accettazione razionale dell’evento e di riflessione sulla sua effettiva realtà, l’appello alla convivenza senza eccesso di paure ha una tonalità liberatoria e priva di risvolti allarmistici o demagogici nella sua rassegnazione calcolata. Tegnell non ha opinioni particolari, o non sono quelle l’importante, ha agito senza esasperare le chiusure, lasciando le briglie relativamente sciolte al paese, ha agito con poteri di indirizzo indipendenti ai quali il governo si è conformato pienamente, e fa il suo rendiconto. Per un lungo periodo è sembrato che avesse operato incautamente, i morti erano di molto superiori a quelli dei paesi vicini, l’economia e il tono pubblico erano appena superiori a quelli medi europei, ma la Svezia non appariva campione di una soluzione alternativa, lo scambio tra punti di recessione e vite umane non convinceva, la comunità statistica ne risultava squilibrata. Si è arrivati a bollare Stegnell di Hitler o di Stalin, ciò che lui naturalmente trova riprovevole e lo è, tanto più, dice, che nessuno ha mai voluto far fare il suo corso al virus, e al diavolo le conseguenze in nome dell’immunità di gregge. In conclusione Stegnell dice una cosa affine a quella detta da Giordano oggi, bisogna controllare le emozioni e arginare le paure, non si può combattere una mosca con il martello, e sopra tutto occorre attrezzarsi per i tempi lunghi, per lui chiusure e riaperture e nuove chiusure non sono la soluzione, occorre un sistema per far fronte e che sia, appunto, sostenibile.

 

Ora i dati vanno nella direzione delle scelte fatte da lui, a quanto pare, e l’indice di contagio svedese è inferiore da un po’ di tempo a quello dei vicini scandinavi, tanto che il sorvegliato e una punta sulfureo Anders, medico e padre di medici, forte di una quota di immunità procurata superiore a quella dei danesi e dei norvegesi, si domanda: “E ora come si protegge Copenhagen?”. Non so. Per natura sono contrario alle vie del mezzo, e il concetto interessante ma complicato di comunità statistica mi è in principio estraneo. Ma se devo fare il mio piccolo punto sulla crisi sanitaria, queste voci hanno la loro importanza.

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