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La balla del ballo

Simonetta Sciandivasci

Tenete chiuse le disco, che appiccicarsi fa male. E dite a Santanchè che i giovani non ci vanno in quei posti dal 1985

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Un sogno così non ritorna mai più. Destri, conservatori, genitori, imprenditori puntellano le discoteche, dicono “chiuderle è liberticida!”, rivendicano il diritto dei giovani al ballo sotto lo stroboscopio, contestano al governo di “prendersela coi ragazzi che escono e si vogliono divertire” (Salvini). Agli occhi di questi giovanili signori, l’Italia è com’era la riviera romagnola nel 1985, e la sua economia ruota intorno a djset, “locali da ballo” e playboy. Eppure, nemmeno nel 1985 sarebbe stato immaginabile che una parlamentare della Repubblica, nonché socia di uno stabilimento balneare vippissimo a Forte dei Marmi, ivi si sarebbe fatta filmare mentre, ramarro felice, balla con un coetaneo una canzone di cui sbaglia tutto, coreografia e parole, come una zia alla festa di laurea, e lo fa per dire che se ne impipa di virologi, allarmi, governo centrale. “Non ci sono evidenze scientifiche, c’è solo una limitazione delle libertà!”, ha detto Daniela Santanché, naturalmente ricordando che bisognava chiudere i porti e non bandire la danza. “Demonizzare i giovani è insensato, l’ordinanza è un attacco alla libertà”, ha detto al Corriere Giuseppe Cipriani, ereditiero e imprenditore (suo nonno Giuseppe fondò l’Harry’s Bar). 

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Un sogno così non ritorna mai più. Destri, conservatori, genitori, imprenditori puntellano le discoteche, dicono “chiuderle è liberticida!”, rivendicano il diritto dei giovani al ballo sotto lo stroboscopio, contestano al governo di “prendersela coi ragazzi che escono e si vogliono divertire” (Salvini). Agli occhi di questi giovanili signori, l’Italia è com’era la riviera romagnola nel 1985, e la sua economia ruota intorno a djset, “locali da ballo” e playboy. Eppure, nemmeno nel 1985 sarebbe stato immaginabile che una parlamentare della Repubblica, nonché socia di uno stabilimento balneare vippissimo a Forte dei Marmi, ivi si sarebbe fatta filmare mentre, ramarro felice, balla con un coetaneo una canzone di cui sbaglia tutto, coreografia e parole, come una zia alla festa di laurea, e lo fa per dire che se ne impipa di virologi, allarmi, governo centrale. “Non ci sono evidenze scientifiche, c’è solo una limitazione delle libertà!”, ha detto Daniela Santanché, naturalmente ricordando che bisognava chiudere i porti e non bandire la danza. “Demonizzare i giovani è insensato, l’ordinanza è un attacco alla libertà”, ha detto al Corriere Giuseppe Cipriani, ereditiero e imprenditore (suo nonno Giuseppe fondò l’Harry’s Bar). 

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Nel 1985 non avrebbero parlato così neanche Tondelli, o il Zanza, che nell’estate di quell’anno fece l’amore con 207 “turiste” e che due anni fa è morto mentre stava con la seimillesima, in macchina, “il re dei playboy romagnoli”. Neanche Gianni Fabbri, il patron del Paradiso, la discoteca che è stata Rimini negli anni in cui Rimini era la discoteca d’Italia, e che però due anni fa è stata venduta all’asta per farci un albergo (un albergo, capite?). Neanche Pucci Cappelli, lo Zanza del Paradiso. Neanche un liberale di destra protoberlusconiano, ché la Casa delle Libertà non era nemmeno immaginabile. L’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza non chiude le discoteche ma vieta di ballarci dentro, e lo fa per impedire assembramenti, sperando che sia sufficiente a bloccare la recrudescenza del virus, anche se forse è tardi, e ad andargli contro non ci sono che il Consiglio nazionale di Silb-Fipe, l’associazione italiana imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo, e questi qua. Il Silb-Fipe peraltro ha fatto ricorso al Tar, la Cassazione d’Italia, pretendendo prove scientifiche del fatto che ballare Baby K in duecento su una pista aumenta i contagi. Il Tar ha respinto il ricorso ritenendolo “recessivo rispetto all’interesse pubblico e alla tutela della salute nel contesto della grave epidemia in atto” (gentile Tar, guardi che è pandemia, grazie per l’ottimismo, e soprattutto per il buon senso). Non un giovane privato della libertà fondamentale di andare a ballare Baby K ha fiatato. Non certo per senso civico: provate a dire discoteca in presenza di un ventenne, vedrete che reagirà come se aveste detto Archivio di stato. Molti deejay (da Linus a Joe T. Vannelli a Gabry Ponte) si sono arrabbiati perché per loro le discoteche non avrebbero dovuto riaprire, dal momento che è impossibile mantenere la distanza di sicurezza quando si balla, specie con un cocktail in mano e due o tre in corpo. Quest’estate e la vita che verrà dopo dovranno essere diverse: quando ce ne faremo una ragione? Dovremo sacrificare l’inessenziale, che è così essenziale, e senza prove scientifiche, senza dar colpe al governo, al tempo, a Dio, alla chiesa. Quest’estate non si balla, punto e basta, c’è gente che ha avuto mille guerre, tutto il bene e tutto il male del mondo, a noi stanno chiedendo di evitare di ballare Baby K ammassati a molesti millennial sudati e ubriachi per le ultime due settimane di agosto. Ci è andata, ancora una volta, bene. Approfittiamone.

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