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Lezioni francesi

Per riaprire le scuole la Francia adotta un nuovo protocollo, che non piace ai genitori

Mauro Zanon

Macron ha deciso di tenere aperto il maggior numero di istituti possibile, senza rimandare la riapertura. Ma le decisioni dell’esecutivo hanno provocato molti malumori tra famiglie e sindacati, che denunciano all’unisono la disorganizzazione e i numerosi problemi generati dalle misure introdotte

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Fin dall’inizio della pandemia, la Francia ha sempre difeso la necessità di mantenere le scuole aperte e di conservare la didattica a distanza solo per i casi estremi. “Il mantenimento delle scuole aperte è un obiettivo umano fondamentale! La scuola non è una variabile di aggiustamento, bensì una questione di vitale importanza per tutti i bambini. Esserne stati privati ci ha ricordato il suo carattere prezioso. I vantaggi di lasciare le scuole aperte sono ampiamente superiori agli inconvenienti”, disse nel marzo dello scorso anno il ministro dell’Istruzione, Jean-Michel Blanquer. E anche oggi che l’ondata della variante Omicron si fa sempre più aggressiva, con un aumento dei casi senza precedenti, Blanquer ribadisce che la didattica in presenza per tutti gli studenti va preservata il più possibile.

 

“La soluzione più facile è quella di dire: i bambini non vanno più a scuola. È ciò che è accaduto in numerosi paesi, è ciò che propongono alcuni responsabili politici, ma non è ciò che propongo io”, ha affermato il titolare dell’Éducation nationale. Alcuni esperti del mondo medico-scientifico avevano suggerito al governo di prolungare le vacanze di Natale a causa del boom di contagi provocato da Omicron, ma Macron e i suoi ministri hanno preferito cambiare il protocollo sanitario pur di far iniziare i corsi lunedì 3 gennaio, come previsto dal calendario scolastico, e tenere il maggior numero di scuole aperte. Nel dettaglio, con il nuovo protocollo, le classi restano aperte anche quando si registrano tre allievi positivi al Covid, mentre prima bastava un contagio per chiuderle. Ma i compagni dei positivi, per continuare a seguire le lezioni in presenza, ora devono sottoporsi a tre test in quattro giorni (il primo, antigenico o molecolare, deve essere realizzato da un operatore sanitario, il secondo e il terzo possono essere degli autotest che si comprano nelle farmacie e nei supermercati grazie a un buono acquisto fornito dalle scuole stesse). In caso di negatività dei tre test, lo studente può tornare subito tra i banchi.

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In caso di positività, deve isolarsi cinque giorni se il test antigenico o molecolare realizzato il quinto giorno è negativo e se non ha più sintomi da 48 ore. In caso contrario, l’isolamento è di sette giorni. Le decisioni dell’esecutivo, tuttavia, hanno provocato molti malumori tra genitori e sindacati, che denunciano all’unisono la disorganizzazione e i numerosi problemi generati dal nuovo protocollo: poche fasce orarie disponibili, file d’attesa interminabili nelle farmacie e nei laboratori, esaurimento delle scorte di autotest, oltre a bambini terrorizzati dall’idea di dover sottoporsi a così tanti test in pochi giorni in caso di positività di un loro compagno di classe. “Qui, non c’era più posto in farmacia o in laboratorio per fare un test antigenico prima di sabato. Altri genitori mi hanno detto di aver fatto dalle due alle tre ore di coda nelle farmacie più lontane”, ha testimoniato Amélie, madre di famiglia, al Figaro, prima di aggiungere: “Risultato? Ho dovuto tenere le mie bambine a casa per tre giorni. È stato un problema perché dovevo lavorare. Ma non ho potuto toccare il mio computer visto che dovevo occuparmi delle due più grandi per fargli fare i compiti”.

 

Stesso rompicapo per Alix, madre di tre bambini nella banlieue di Tolosa. Venerdì, a mezzogiorno, ha ricevuto un messaggio che le segnalava la presenza di un positivo nella classe di sua figlia di tre anni. “Ci hanno detto di venire il prima possibile”, ha raccontato al Figaro Alix. “Mio marito è stato costretto ad abbandonare il lavoro, mentre io chiamavo tutte le farmacie della nostra città. Nessuna di queste aveva una disponibilità prima di lunedì!”, ha aggiunto. Per chi ha più figli, è un “ciclo infernale”, scrive il Figaro, e poi ci sono i bambini che soltanto al pensiero di farsi testare iniziano a stare male. “Ho avuto la sensazione che i miei figli non fossero più degli studenti ma soltanto dei casi, positivi o negativi”, ha dichiarato Pauline, denunciando il clima “ansiogeno” creato, a sua detta, dal governo. Da lunedì 3 gennaio a giovedì 6, sono state chiuse 9.202 classi (su un totale di 527.200), il livello più alto mai raggiunto dalla scorsa primavera. I principali sindacati scolastici, Fsu, Unsa, Cgt, Fo, Sud, hanno indetto uno sciopero per giovedì 13, invitando i genitori a non mandare i loro figli a scuola e invocando il ritorno al protocollo adottato nei momenti più duri della pandemia: con un positivo, la classe va chiusa. 

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