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Perché sugli orari scolastici le regioni fanno una critica pretestuosa

Luca Roberto

Lo scaglionamento orario è un rebus politico. Alcuni governatori, come Toti e Zaia, chiedono che si ricorra agli ingressi dilazionati per decongestionare i mezzi pubblici. Ma a giugno bocciarono la proposta

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Nella tensione crescente legata alla crescita dei contagi, la dialettica tra governo e regioni sui modi per limitare la diffusione del virus è diventata preda di un grosso equivoco. Da una parte, da quando si è tornati a emanare dpcm per far fronte al rialzo della curva delle infezioni, alcuni presidenti di Regione (segnatamente Luca Zaia e Giovanni Toti) sono tornati a invocare un rafforzamento della didattica a distanza e degli scaglionamenti orari per scuole e uffici pur di limitare l'affollamento sui mezzi pubblici. Dall'altra la ministra Azzolina ha reagito rifiutando di prendere anche solo in considerazione una scuola a scartamento ridotto, visto che secondo la responsabile dell'Istruzione “la scuola è in credito con il paese” per il lungo tempo in cui le sue porte sono rimaste sbarrate. In realtà quello su cui s'è speso il ministro è rimarcare che le proposte delle regioni sono già ampiamente previste da un punto di vista di direttive ministeriali, almeno da quando le aule sono state riaperte nella seconda settimana di settembre. Ma c'è di più.

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Nella tensione crescente legata alla crescita dei contagi, la dialettica tra governo e regioni sui modi per limitare la diffusione del virus è diventata preda di un grosso equivoco. Da una parte, da quando si è tornati a emanare dpcm per far fronte al rialzo della curva delle infezioni, alcuni presidenti di Regione (segnatamente Luca Zaia e Giovanni Toti) sono tornati a invocare un rafforzamento della didattica a distanza e degli scaglionamenti orari per scuole e uffici pur di limitare l'affollamento sui mezzi pubblici. Dall'altra la ministra Azzolina ha reagito rifiutando di prendere anche solo in considerazione una scuola a scartamento ridotto, visto che secondo la responsabile dell'Istruzione “la scuola è in credito con il paese” per il lungo tempo in cui le sue porte sono rimaste sbarrate. In realtà quello su cui s'è speso il ministro è rimarcare che le proposte delle regioni sono già ampiamente previste da un punto di vista di direttive ministeriali, almeno da quando le aule sono state riaperte nella seconda settimana di settembre. Ma c'è di più.

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Nel protocollo d'intesa sottoscritto dal ministero dell'Istruzione con il comitato tecnico scientifico lo scorso 6 agosto, veniva già previsto che le scuole utilizzassero la didattica a distanza – nel caso di studenti delle superiori – o lo scaglionamento degli ingressi e delle uscite dagli istituti. Il problema è che la possibilità di attuare o meno l'una o l'altra misura viene delegata a ogni singolo dirigente scolastico. Come spiega al Foglio il presidente dell'Associazione nazionale dei prèsidi Antonello Giannelli, “ci sono scuole che hanno già adottato forme di scaglionamento. Naturalmente è una soluzione praticabile con una dilazione massima di un'ora, perché la scuola ha bisogno di una sua regolarità. Gli studenti in età minore devono poter contare su orari accettabili per non stravolgere l'organizzazione delle famiglie”. E sulla didattica a distanza, invece, è possibile fare affidamento? “E' un surrogato che in alcune circostanze può funzionare ma con alcune precisazioni. Gli studenti disabili o quelli che utilizzano i laboratori, ad esempio, devono poter entrare nelle aule. La didattica a distanza non può sostituire quella in presenza perché la scuola è soprattutto relazionalità”, dice Giannelli.

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Il discorso sui trasporti però, in pratica, è un po' come il gioco dell'oca: dopo tanto discutere si torna al punto di partenza, che poi è quello in cui chi ha responsabilità di governo deve decidere come e con quali risorse coordinare le aziende del trasporto pubblico locale. Solito dilemma. “Si deve tener presente che gli studenti non sono gli unici utenti del trasporto pubblico, anzi sono una minoranza. Perché non concentriamo l'attenzione sui tanti lavoratori che potrebbero fare lavoro agile e non lo fanno?”, sottolinea Giannelli. “Altro discorso è quello delle aziende private. A ora sono senza lavoro in cassa integrazione. Perché non le paghiamo, magari a un prezzo concordato, per trasportare gli alunni e ridurre così il congestonamento sui mezzi?”.

 

Il punto, tutto politico, però, è un altro: e cioè che le critiche piovute dalle regioni appaiono strumentali quando non pretestuose. Il 13 giugno, quando da qualche giorno ci si poteva spostare senza autocertificazione da una regione all'altra dopo quasi tre mesi, l'interlocuzione tra regioni e ministero dell'Istruzione per stilare il protocollo per la ripartenza della didattica venne interrotta da una netta opposizione della conferenza delle Regioni, su due punti in particolare: l'utilizzo del plexiglass, poi abbandonato anche come fantomatico divisorio sulle spiagge d'Italia. E lo scaglionamento degli orari. Che adesso invece viene cavalcato da alcuni governatori come una panacea in grado di sconfiggere tutto, anche la pandemia.

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