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Le scuole che ce l'hanno fatta

Marianna Rizzini

I racconti (virtuosi) da tre istituti che hanno riaperto in sicurezza a Bergamo, Roma, San Donà di Piave

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Roma. “Io mi sento sicura dentro la mia scuola”. Le parole di Elsa Perletti, preside dell’Istituto tecnico statale “Giacomo Quarenghi” di Bergamo, la città in cui la pandemia ha colpito e devastato più che altrove, risuonano nel giorno in cui ancora si sente l’eco del caso Verbania, dove un istituto riaperto è stato richiuso per la sanificazione dopo la rilevazione di un contagio, ma anche il giorno in cui il virologo Andrea Crisanti, professore all’Università di Padova, dice che sì, un 2-3 per cento di studenti potrebbe risultare positivo, ma aggiunge che a scuola bisogna tornare. Ed è il giorno in cui il direttore della Clinica di Malattie infettive e tropicali di Genova, Matteo Bassetti, nel ribadire l’impossibilità della situazione “rischio zero”, pone la domanda a cui molti hanno pensato: “Che differenza c’è tra la scuola e altri luoghi di aggregazione?”.

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Roma. “Io mi sento sicura dentro la mia scuola”. Le parole di Elsa Perletti, preside dell’Istituto tecnico statale “Giacomo Quarenghi” di Bergamo, la città in cui la pandemia ha colpito e devastato più che altrove, risuonano nel giorno in cui ancora si sente l’eco del caso Verbania, dove un istituto riaperto è stato richiuso per la sanificazione dopo la rilevazione di un contagio, ma anche il giorno in cui il virologo Andrea Crisanti, professore all’Università di Padova, dice che sì, un 2-3 per cento di studenti potrebbe risultare positivo, ma aggiunge che a scuola bisogna tornare. Ed è il giorno in cui il direttore della Clinica di Malattie infettive e tropicali di Genova, Matteo Bassetti, nel ribadire l’impossibilità della situazione “rischio zero”, pone la domanda a cui molti hanno pensato: “Che differenza c’è tra la scuola e altri luoghi di aggregazione?”.

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Riaprire le scuole, dunque, ma come? Con l’ansia che qualcosa vada storto o sapendo che una riapertura apparentemente imperfetta può rivelarsi perfetta nei fatti? Non è un gioco di parole. Ci sono istituti che hanno già riaperto – per l’esame di maturità, per riprendere durante l’estate progetti sospesi, per un evento – e hanno dimostrato che una strada c’è, e che non è impossibile coniugare sicurezza e insegnamento in presenza. E’ il caso, tra gli altri, del suddetto Istituto “Quarenghi” di Bergamo, dell’Istituto statale Cine-tv “Roberto Rossellini” di Roma, del gruppo di scuole della rete di San Donà di Piave che hanno fatto vivere anche quest’anno il festival di Giffoni.

 

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E allora forse si può ripartire proprio da Bergamo, dove la rinascita scolastica ha avuto, nei giorni dell’esame di maturità, anche una valenza simbolica, emozionale. “A volte, stavolta in particolare, serve solo un po’ di coraggio”, dice la professoressa Perletti, dall’istituto dove oggi si apre per i corsi di recupero e dove a giugno, con le immagini dei mesi duri ancora vive nella memoria, si affrontava la prova di fine ciclo con spirito battagliero ma pragmatico, mantenuto nei mesi di pre apertura. “Abbiamo cominciato con lavori di edilizia leggeri”, dice Perletti, “per ricavare spazi all’interno dell’edificio e far rientrare in presenza tutti gli studenti, nel rispetto delle norme di igiene e distanziamento, con il sostegno degli enti locali e della provincia di Bergamo”. Piccoli lavori, cioè? “Per esempio svuotare le aule degli arredi inutili, per poter far rispettare il distanziamento tra banchi, o abbattere alcune pareti, smantellare aule video, ricavare spazi in punti a cui non avevamo mai pensato”.

 

La creatività della ripartenza passa anche dal “voler accogliere tutti dal vivo, pur scaglionando gli orari d’ingresso per evitare assembramenti”. Dice Perletti: “Vorremmo ora ripartire insistendo sul coinvolgimento di famiglie e studenti, per ricostituire la comunità scolastica di cui parla il presidente Sergio Mattarella. Le famiglie e gli studenti devono essere protagonisti di questa fase, perché la scuola può anche essere messa in totale sicurezza, ma se poi quando esci non sei responsabile gli sforzi dell’intera comunità si rivelano inutili. Non siamo perfetti, possiamo sbagliare, ma questa è una tappa fondamentale per il paese”. All’Istituto Cine-tv “Rossellini” di Roma, intanto, racconta la professoressa Silvia Cifani, responsabile Comunicazione e Attività culturali, non ci si è mai fermati nel senso che, dopo il lockdown con lezioni a distanza, “da maggio ci si è rimessi in azione sia per la maturità sia per gli esami di qualifica professionale”. C’erano progetti impossibili da posticipare al nuovo anno “e su questi”, dice Cifani, “abbiamo ricominciato a lavorare con le attività di ripresa audio e video, all’esterno e nel teatro di posa, sempre nel rispetto del distanziamento”. Questo ha significato magari che non tutti gli studenti previsti per il progetto inizialmente hanno potuto partecipare, “ma è stato importante ricominciare e proseguire con il montaggio e con la fase di post produzione, effetti speciali compresi”. C’era poi in piedi un progetto di lungometraggio, motivo per cui “sono stati fatti i casting il 19 agosto, per potere girare a metà settembre”. Con mascherine e gel in tasca (idem per i sopralluoghi). La professoressa Cifani sorride: “Diciamo che abbiamo cercato con i fatti di smentire i messaggi distopici sulla scuola che non può riaprire, sapendo che tra percezione e realtà spesso si fa confusione”.

 

E, nell’estate dello scontento generale da post lockdown e pre riapertura, il filo dell’ottimismo (pragmatico pure quello) è stato teso a San Donà di Piave dal gruppo di scuole del progetto “San Donà Giffoni experience”. La professoressa Donatella Della Valle racconta invece il progetto legato al famoso festival del cinema, svoltosi quest’anno in vari hub: “I ragazzi sono stati come sempre protagonisti, come giurati e nei vari gruppi di lavoro, in presenza e a distanza, con mascherine e gel a portata di mano”. Ed è stato “un esperimento sorprendente”, dice Della Valle, “che ci ha dimostrato come si possa lavorare in sicurezza, ma mantenendo l’entusiasmo”. Quello che finora ha faticato a farsi strada nelle case e nelle scuole, a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico.

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