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cattivi scienziati

Perché non dovremmo arrenderci alla liquidazione di Holostem, per il bene dello stato e del mercato

Enrico Bucci

Il polo è uno dei principali attori nel campo della manifattura di cellule staminali per la cura delle malattie rare. L'Italia non può perdere chi, con la sua Università, ricerca all’avanguardia e sviluppo di nuove terapie, è già arrivato a nuovi prodotti e ne ha altri alla fine del percorso di sviluppo

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Permettetemi di richiamare alcuni ulteriori aspetti che riguardano la vicenda di Holostem, della sua ricerca di punta e dei suoi ricercatori, tutti messi a rischio dalla decisione del suo principale investitore, in realtà dell’azienda farmaceutica Chiesi, di procedere alla liquidazione.

   

Il sindaco di Modena, città in cui Holostem è stata fondata, ha inviato una missiva al ministro della salute Schillaci e al presidente della regione Emilia Romagna Bonaccini in cui si richiede l’urgente verifica della possibilità di “un intervento delle istituzioni o della Sanità pubblica per garantire la continuità della ricerca presso il Centro di Medicina rigenerativa Stefano Ferrari”.

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È naturale che in simili casi ci si rivolga alla mano pubblica, perché in gioco vi è un pubblico interesse, sotto forma di accesso a cure indispensabili per pazienti che non hanno altre speranze, di sostegno alla ricerca più avanzata e innovativa del paese, di mantenimento nel nostro paese di brillanti ricercatori, che in esso si sono formati, ma che in esso non possono sopravvivere se sottoposti ad un tale livello di incertezza sul proprio futuro.

    

Tuttavia, vorrei qui fare alcuni conti della serva, per dimostrare come, incredibilmente, vi possa in realtà essere anche un virtuoso punto di incontro tra interesse pubblico e interesse di mercato – proprio quel punto di incontro che i sostenitori della retorica delle startup, del trasferimento tecnologico e del futuro che prende forma grazie alla collaborazione pubblico-privato hanno sempre inseguito e mostrato come traguardo a cui tendere.

  

Non ho la pretesa naturalmente di sostituirmi ad analisti finanziari e a coloro che dovranno esercitare una due diligence, ma semplicemente vorrei mostrare qualche cifra disponibile a tutti, per cercare di dare qualche dimensione economica in più al problema di cui stiamo discutendo.

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Partiamo dal settore di mercato ad alta intensità di ricerca in cui si piazza Holostem, ricavabile dai rapporti specializzati preparati dagli analisti, i quali indicano quell’azienda come uno dei principali attori nel campo della manifattura di cellule staminali per scopi terapeutici.

  

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Il tasso di crescita composta annua (CAGR) di questo segmento di mercato, da qui al 2030, è per esempio stimato in un invidiabile 9.3% da qui al 2030, per un mercato stimato nel 2022 di 11.69 miliardi di dollari che ci si aspetta raggiunga i 23.89 miliardi nel 2030. Se è vero, come indicano gli stessi rapporti internazionali, che Holostem Terapie Avanzate è uno dei principali attori presenti oggi su quel mercato, lasciare che quell’azienda chiuda, proprio alla partenza di un ciclo di crescita così interessante, è dal punto di vista di un investimento privato difficilmente comprensibile, ma ancora di più lo sarebbe dal punto di vista di strategia dello sviluppo del paese. Abbiamo una potenziale Apple al suo punto di partenza, quando ancora perdeva soldi e prima della crescita del suo mercato, e la chiudiamo?

  

Naturalmente, si potrebbe obiettare, può darsi che, nonostante il fatto che sia nel settore giusto, Holostem sia troppo antieconomica e troppo costosa per supportarla; forse è meglio, come ha fatto Giacomo Chiesi all’inizio del 2020, aprire una nuova entità dedicata al settore delle malattie rare negli Stati Uniti, a Boston, liberandosi della zavorra e ripartendo appena in tempo per partecipare alla gara.

  

Non conosco e non discuto le scelte strategiche di chi ha preso questa decisione, e meno che mai intendo criticarle facendo un mestiere che non è il mio; mi limito, da ignorante, a mettere però in fila alcune cifre. Holostem, a vedere gli ultimi tre bilanci depositati fino al 2021, ha un passivo totale annuo pari a circa 10 milioni di euro, a fronte di un valore della produzione già oggi intorno a 2 milioni di euro annui. Nel 2021, Chiesi – il principale investitore di Holostem – ha fatturato circa 2.4 miliardi di euro; i costi di Holostem, quindi, non appaiono tali da metterla in pericolo.

 

Perché, quindi, non puntare su soluzioni di rilancio e alternative, per trarre pieno profitto dal partire già con un fatturato, un prodotto e un centro affermato in un settore che è previsto essere in forte crescita? Di certo mi sfuggirà qualcosa.

  

Peraltro, la soluzione che era in valutazione era quella di trasformare Holostem in una Fondazione, il che avrebbe consentito di defiscalizzare eventuali donazioni liberali di Chiesi a suo favore; questa soluzione, ovviamente diversa da quella volta a sfruttare il favorevole mercato, è stata comunque abbandonata improvvisamente, senza che se ne sappia il perché, ma costringendo in un tempo molto ristretto la ricerca di soluzioni alternative.

   

Non sono né un investitore né un esperto della finanza, ma sono ancora in grado di individuare quale sia il bene per la ricerca di questo paese, oltre che per la stessa Italia; a fronte delle semplici considerazioni fatte, mi pare che forse sia davvero urgente, come ha chiesto al ministro il sindaco di Modena, interessare le istituzioni per costruire almeno una collaborazione con un nuovo investitore, il quale eventualmente ponga limiti temporali per il sostegno di perdite nei prossimi anni, a fronte di un preciso piano di sviluppo e di sostegno dello stato.

 

Non perdiamo un altro treno, non buttiamo di nuovo ciò che di buono si è riuscito a fare, solo perché un privato ha cambiato idea in contrasto con quanto sosteneva fino a ieri. Se davvero è giusto spendere centinaia di milioni nel Tecnopolo di Milano o nell’IIT di Genova per sostenere il trasferimento tecnologico, non perdiamoci per strada chi, con la sua Università, con ricerca universalmente premiata e riconosciuta all’avanguardia, con lo sviluppo di nuove cure, è già arrivato a nuovi prodotti e ne ha altri alla fine del percorso di sviluppo.

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