Meno sovranismo, più cooperazione
La svolta di Draghi sui vaccini
Altro che “vaccino autoctono”, meglio produrre in Italia quelli già approvati. L'obiettivo dell'immunità di gregge entro l'estate è possibile se esiste un piano efficace per somministrare le dosi in arrivo
Due temi cruciali sui quali Mario Draghi intende imprimere una svolta sono la scuola e i vaccini. Un’ipotesi è quella di prolungare fino a giugno l’anno scolastico per recuperare parte della formazione perduta, da affiancare alla vaccinazione prioritaria di insegnanti e personale scolastico. La strategia vaccinale subirà quindi delle modifiche. Nelle consultazioni con le forze politiche, il presidente del Consiglio incaricato avrebbe anche manifestato l’intenzione di fermare il progetto del “vaccino invitaliano”, quello dell’accordo Invitalia-ReiThera, perché ora l’urgenza è produrre i vaccini già approvati senza aspettare gli esiti incerti di una sperimentazione. Insomma, non tenere capacità produttiva congelata per l’ipotetico “vaccino autoctono” perseguito dal commissario straordinario Domenico Arcuri, ma cercare accordi con le case farmaceutiche per aumentare la produzione europea (e quindi italiana) dei vaccini efficaci autorizzati. Meno sovranismo, più cooperazione.
Due temi cruciali sui quali Mario Draghi intende imprimere una svolta sono la scuola e i vaccini. Un’ipotesi è quella di prolungare fino a giugno l’anno scolastico per recuperare parte della formazione perduta, da affiancare alla vaccinazione prioritaria di insegnanti e personale scolastico. La strategia vaccinale subirà quindi delle modifiche. Nelle consultazioni con le forze politiche, il presidente del Consiglio incaricato avrebbe anche manifestato l’intenzione di fermare il progetto del “vaccino invitaliano”, quello dell’accordo Invitalia-ReiThera, perché ora l’urgenza è produrre i vaccini già approvati senza aspettare gli esiti incerti di una sperimentazione. Insomma, non tenere capacità produttiva congelata per l’ipotetico “vaccino autoctono” perseguito dal commissario straordinario Domenico Arcuri, ma cercare accordi con le case farmaceutiche per aumentare la produzione europea (e quindi italiana) dei vaccini efficaci autorizzati. Meno sovranismo, più cooperazione.
Del piano di vaccinazione, la più importante riforma strutturale che il governo dovrà realizzare nei prossimi mesi, sarà necessario rivedere la logistica e l’organizzazione delle somministrazioni. Perché se al momento il collo di bottiglia è la capacità produttiva, cosa che spetta alle aziende farmaceutiche, presto lo diventerà la capacità somministrativa, che invece spetta allo stato. Da settimane sul Foglio abbiamo evidenziato discrepanze tra Roma e Bruxelles sul numero di dosi disponibili e sui tempi degli obiettivi di copertura. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sostiene che l’obiettivo è vaccinare il 70% della popolazione europea entro l’estate, mentre in Italia il governo uscente prevede di raggiungere questo target entro l’autunno o fine anno. Allo stesso modo, sulle forniture notavamo che nei numeri diffusi dal governo mancavano 40 milioni di dosi del secondo ordine Pfizer/BioNTech da 300 milioni di dosi annunciato dall’Ue l’8 gennaio.
Ieri il ministero della Salute ha pubblicato l’aggiornamento dei rifornimenti attesi e sono spuntati 25 milioni di dosi del secondo contratto Pfizer (ne mancano 15 milioni). La tabella di marcia indica che presto la scarsità di dosi non sarà più un problema. Nel secondo trimestre del 2021 riceveremo da 50 a 64 milioni di dosi (dipende dall’approvazione dei vaccini Johnson & Johnson e Curevac) sufficienti per raggiungere copertura che va dal 54% al 72% della popolazione entro giugno. E nel terzo trimestre arriveranno altri 68 milioni di dosi che permettono di vaccinare, entro settembre, oltre il 100% degli italiani. E’ quindi possibile raggiungere l’immunità di gregge già in estate se, a partire dal mese di aprile, si faranno in media dalle 550 mila alle 700 mila vaccinazioni al giorno. Ma l’Italia è preparata?