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Il caso “LightUp” e gli ostacoli giudiziari alla ricerca scientifica in Italia

La storia del progetto europeo sospeso dal Consiglio di stato

Corrado Sinigaglia*

La ricerca approvata e finanziata dallo European research council doveva studiare come recuperare la vista in pazienti con danni cerebrali dovuti a ictus o traumi (circa 100 mila l’anno in Italia). Ma prevedeva la sperimentazione sulle scimmie e gli animalisti si sono opposti

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Con l’ordinanza del Consiglio di stato del 9 ottobre scorso, che sospende il progetto di ricerca “LightUp” si chiude, per il momento almeno, una vicenda che ha scosso, e non poco, la comunità scientifica. In breve, il progetto LightUp, sottomesso nel febbraio 2017, viene approvato e finanziato dallo European research council (Erc) all’inizio 2018. La ricerca parte nell’ottobre dello stesso anno, con l’obiettivo di studiare come recuperare le funzioni visive compromesse in pazienti che hanno subito danni cerebrali dovuti a ictus o traumi. Per avere un’idea, questi pazienti sono circa 100 mila l’anno in Italia e la cecità di cui sono affetti non dev’essere confusa con quella dovuta a lesioni della retina. Parte del progetto prevede la sperimentazione su primati non-umani, che consente di indagare, a livello di singoli neuroni, quei fenomeni di plasticità la cui comprensione è decisiva per il recupero di molte funzioni, vista inclusa. Comincia così quella che è una tipica storia italiana.

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Con l’ordinanza del Consiglio di stato del 9 ottobre scorso, che sospende il progetto di ricerca “LightUp” si chiude, per il momento almeno, una vicenda che ha scosso, e non poco, la comunità scientifica. In breve, il progetto LightUp, sottomesso nel febbraio 2017, viene approvato e finanziato dallo European research council (Erc) all’inizio 2018. La ricerca parte nell’ottobre dello stesso anno, con l’obiettivo di studiare come recuperare le funzioni visive compromesse in pazienti che hanno subito danni cerebrali dovuti a ictus o traumi. Per avere un’idea, questi pazienti sono circa 100 mila l’anno in Italia e la cecità di cui sono affetti non dev’essere confusa con quella dovuta a lesioni della retina. Parte del progetto prevede la sperimentazione su primati non-umani, che consente di indagare, a livello di singoli neuroni, quei fenomeni di plasticità la cui comprensione è decisiva per il recupero di molte funzioni, vista inclusa. Comincia così quella che è una tipica storia italiana.

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Prima (giugno 2019) la richiesta di sospensiva da parte della Lav (Lega Antivivisezione), rigettata dal Tar nell’autunno successivo. Poi il ricorso da parte della Lav al Consiglio di stato che nel gennaio 2020 ordina la sospensione della ricerca. Quindi il Tar che rigetta come “generiche e prive di fondamento in fatto e in diritto” le istanze della Lav, autorizzando il prosieguo della ricerca. Infine, la palla torna ancora al Consiglio di stato che, come abbiamo ricordato, pochi giorni fa ordina l’ennesima sospensione del progetto LightUp, richiedendo un ulteriore supplemento d’indagine e rimandando ogni decisione alla seduta del 28 gennaio 2021.

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Non si tratta qui di entrare nel merito del conflitto, non nuovo, tra Tar e Consiglio di Stato. Né di mettere in discussione la politica della Lav (anche se un forte distinguo rispetto alle minacce subite dai ricercatori sarebbe stato quanto meno opportuno) o gli argomenti, più o meno fondati, a sostegno della causa animalista. Il punto è un altro. Forse non tutti sanno che una competizione internazionale, come è un Erc grant, prevede un processo di valutazione che dura all’incirca un anno e che vede coinvolti numerosi ricercatori di altissimo livello, noti per essere tra i massimi esperti in quell’ambito di ricerca. Inoltre, i progetti sperimentali devono avere tutta una serie di autorizzazioni, che sono ancora più stringenti nel caso di esperimenti con animali non-umani Nello specifico, il progetto LightUp è stato ritenuto conforme alla normativa europea dallo Erc e a quella (più stringente) italiana dal ministero della Sanità, sentito il parere del Consiglio superiore della Sanità (parere che verrà ribadito un anno e mezzo dopo e questo nonostante il Consiglio avesse modificato gran parte della sua composizione).

 

Tenendo conto di tutto questo, sorprende quantomeno la decisione del Consiglio di Stato di ricorrere a quello che sembra a tutti gli effetti un stadio di valutazione ulteriore rispetto a quelli previsti. Lungi da me dubitare della bontà scientifica della Fondazione Bietti e dei colleghi che saranno chiamati al supplemento di indagine. Mi chiedo solo quale sia la ragione di una valutazione ulteriore e in che modo possa differire da quella a cui sono arrivati, in maniera indipendente, un numero così grande di esperti. E’ vero che quattro occhi sono meglio di due, come si suole dire. Ma è difficile sostenere che 44 occhi siano meglio di 40, anche perché con questa logica, 48 sarebbero meglio di 44, e così via all’infinito. D’altro canto, la sorpresa riguarda anche le richieste che questo stadio ulteriore di valutazione dovrebbe soddisfare. La principale richiesta riguarda il fatto che il progetto LightUp rispetti il cosiddetto principio di sostituzione, ovvero che la ricerca sia perseguibile solo mediante sperimentazione su primati non-umani. Ora vale la pena notare che Erc e Consiglio superiore della Sanità erano concordi nel ritenere quel tipo di esperimenti del tutto giustificati, non essendovi, stante la conoscenza attuale, altre metodiche in grado di consentire di ottenere i risultati attesi.

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Di nuovo, sulla base di quali evidenze ci si può aspettare una valutazione diversa da quella che è stata presa dagli organismi preposti? Lo stesso discorso vale per il cosiddetto principio di riduzione, che impone di usare il numero minimo indispensabile di animali. Sulla base di quali dati ci si aspetta che la nuova valutazione si discosti da quelle precedenti, fatte da ricercatori diversi e indipendenti tra loro? Naturalmente, la questione non riguarda solo LightUp. Quale che sia la decisione della prossima seduta del Consiglio di Stato, il progetto andrà avanti nella forma e nelle modalità approvate dallo Erc, e molto probabilmente lo farà in un altro paese. Il punto semmai è che cosa pensiamo debba essere la ricerca scientifica, a quali processi di valutazione debba sottostare, quale sia il ruolo di enti terzi nazionali (come il Consiglio superiore della Sanità) o internazionali (come lo Erc).

 

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Perché è chiaro che se vogliamo che il nostro paese diventi attrattivo sul piano della ricerca dobbiamo fare in modo che i processi decisionali avvengano secondo una tempistica definita e precisa, nel rispetto delle norme ma anche delle competenze. Altrimenti è inutile lamentarsi che soltanto un numero esiguo di finanziamenti Erc venga speso nel nostro paese (a monte di un numero molto meno esiguo di ricercatori italiani che ottiene questo riconoscimento). Così come è inutile sbandierare questo o quell’aumento di finanziamenti (peraltro spesso solo sulla carta). Se si vuole davvero promuovere lo sviluppo della ricerca scientifica, bisogna avere la capacità, a ogni livello, di difenderne l’autonomia. Sapendo che la ricerca scientifica è per definizione fallibile, ma proprio per questo rappresenta lo strumento migliore che abbiamo per crescere, intellettualmente e non solo.

 

*Corrado Sinigaglia è professore di Filosofia della scienza, Università degli studi di Milano

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