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colpirne uno per educarne cento

Dalla Russia tanti attacchi a Enrico Bucci e poca chiarezza sul vaccino

Oltre alla mancanza di trasparenza e correttezza scientifica, i russi provano a delegittimare il ricercatore, inventando conflitti d’interessi inesistenti

Luciano Capone

Dopo la lettera a Lancet in cui si chiedono chiarimenti sui dati di "Sputnik V", il vaccino approvato da Putin prima della fine della sperimentazione, i media legati al Cremlino e le istituzioni russe hanno avviato una campagna di delegittimazione dello scienziato italiano (e collaboratore del Foglio) accusandolo di essere uno "sciacallo". L'aggressività e la mancanza di trasparenza delle autorità russe mostrano che i conflitti d'interessi sono tutti a Mosca

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I lettori del Foglio hanno imparato ad apprezzare Enrico Bucci per la serietà con cui sta raccontando giorno per giorno l’evoluzione della pandemia, le decisioni di politica sanitaria, le varie bufale sul Covid, i progressi e gli errori della ricerca scientifica. Quest’ultimo aspetto è la sua specializzazione, visto che Bucci – che è adjunct professor presso la Temple University di Philadelphia – negli anni ha scoperto molte frodi scientifiche e sul tema ha scritto un libro divulgativo che si intitola proprio come la rubrica sul Foglio: “Cattivi scienziati”. Proprio il  sua impegno sull’integrità scientifica, però, gli crea qualche problema. Negli ultimi giorni, infatti, Bucci è stato oggetto di una pesante campagna denigratoria da parte dei media e della istituzioni russe. La sua colpa è di aver chiesto chiarimenti sul vaccino “Sputnik V”, già annunciato dal presidente Vladimir Putin dopo una sperimentazione accelerata e prima che fossero conclusi i test di fase 3 (che servono a determinare l’efficacia e la sicurezza di un farmaco su larga scala). 

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I lettori del Foglio hanno imparato ad apprezzare Enrico Bucci per la serietà con cui sta raccontando giorno per giorno l’evoluzione della pandemia, le decisioni di politica sanitaria, le varie bufale sul Covid, i progressi e gli errori della ricerca scientifica. Quest’ultimo aspetto è la sua specializzazione, visto che Bucci – che è adjunct professor presso la Temple University di Philadelphia – negli anni ha scoperto molte frodi scientifiche e sul tema ha scritto un libro divulgativo che si intitola proprio come la rubrica sul Foglio: “Cattivi scienziati”. Proprio il  sua impegno sull’integrità scientifica, però, gli crea qualche problema. Negli ultimi giorni, infatti, Bucci è stato oggetto di una pesante campagna denigratoria da parte dei media e della istituzioni russe. La sua colpa è di aver chiesto chiarimenti sul vaccino “Sputnik V”, già annunciato dal presidente Vladimir Putin dopo una sperimentazione accelerata e prima che fossero conclusi i test di fase 3 (che servono a determinare l’efficacia e la sicurezza di un farmaco su larga scala). 

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Dopo la pubblicazione su Lancet dello studio sul vaccino russo, Bucci ha scritto – insieme a circa 40 scienziati da tutto il mondo – una lettera aperta che mostra perplessità su alcuni parametri e che chiede chiarimenti su alcune anomalie presenti nello studio sul vaccino russo, oltre alla pubblicazione integrale dei dati. Inizialmente le autorità russe, il centro Gamaleya e il fondo sovrano Rdif (Russian irect Investment Fund) che finanzia il progetto, hanno preferito non rispondere ma sono stati costretti a farlo quando la richiesta di Bucci e degli altri scienziati è stata pubblicata su Lancet. La risposta degli scienziati russi, a prima firma di Denis Logunov, ha ribattuto ad alcune osservazioni ma non è stata soddisfacente sul punto più importante: la trasparenza. I russi hanno risposto che i dati sarebbero stati resi disponibili “su richiesta” e “dopo un’approvazione”: la richiesta è stata inviata, ma l’approvazione non c’è mai stata.


 

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Alla mancanza di trasparenza e correttezza scientifica, tollerata da Lancet, i russi hanno affiancato una preoccupante campagna di delegittimazione personale. I media russi, come l’agenzia Sputnik direttamente controllata dal Cremlino, in diversi articoli hanno accusato Bucci di “conflitto d’interessi” perché titolare di una società, la Resis srl, che fornisce servizi di controllo e validazione di articoli scientifici e che quindi potrebbe, in teoria, offrire servizi ad “aziende farmaceutiche coinvolte nello sviluppo di vaccini contro il Covid”, scrive Sputnik. In un altro articolo su Sputnik, Bucci viene messo tra gli “sciacalli” perché con le sue critiche farebbe “pubblicità per la sua azienda” in un contesto di guerra commerciale e geopolitica contro la Madre Russia: “L’Occidente ha usato la lettera aperta (per definizione autopromozionale) di Bucci per dare un altro colpo agli sviluppi russi… Senza dubbio questa situazione porterà [a Bucci] vantaggi mediante l’ottenimento di nuovi contratti commerciali”, è l’insinuazione finale. Non si capisce quindi se sia Bucci a usare “l’Occidente” o “l’Occidente” a usare Bucci. 

 

Sul sito istituzionale del vaccino “Sputnik V” è stato pubblicato un articolo che rilancia ipotetici conflitti d’interessi: l’accusa del fondo sovrano russo Rdif, che finanzia il vaccino e che quindi ha un interesse concreto, è che la lettera a Lancet degli scienziati serva “a promuovere le vendite per l’azienda di Bucci”. Gli attacchi sono  infondati e scomposti, anche perché a chiedere chiarezza oltre a Bucci ci sono altri 40 affermati scienziati internazionali che non vengono affatto considerati. Le autorità e i media russi preferiscono la delegittimazione di un singolo ricercatore (colpirne uno per educarne cento) inventando conflitti d’interessi inesistenti. È un comportamento scorretto e preoccupante, anche perché in questo caso l’unico conflitto d’interessi – economico e politico – è quello di chi ha annunciato prematuramente l’efficacia del vaccino Sputnik V, lo sta distribuendo alla popolazione e sta firmando contratti milionari in tutto il mondo, il tutto senza voler mettere a disposizione della comunità scientifica i dati della sperimentazione. Non si può che manifestare solidarietà a Enrico Bucci per gli attacchi subiti e incoraggiarlo a proseguire nel suo lavoro con la stessa determinazione e professionalità che gli viene riconosciuta in Italia e all’estero.

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