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la pandemia burocratica

“L’equazione contagiato uguale malato non funziona: basta tamponifici”. Parla Marsilio

Ruggiero Montenegro

"Davanti a questo aumento dei casi, non c’è più possibilità, per nessuno, di seguire le regole ministeriali nella gestione di test e quarantene", spiega il presidente dell'Abruzzo che fa asse con Fedriga e propone di "superare il sistema dei colori per le regioni. Non ha più senso"

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“Alla luce dell’ultimo decreto e delle norme sul super green pass, lei sarebbe capace di distinguere la differenza tra il giallo e l’arancione? Le fasce di colore davvero non hanno più senso, si tratta di un sistema pensato per un’altra fase, che ormai crea confusione, porta a inutili drammatizzazioni e deve essere superata”. Con la variante Omicron che si fa sempre più predominante (ieri oltre 180 mila casi) e un numero di positivi che al momento supera i due milioni, alla pandemia sanitaria si è aggiunta quella burocratica, che rischia di bloccare il paese. E, all’indomani della Conferenza delle regioni, il presidente dell’Abruzzo Marco Marsilio, in quota Fratelli d’Italia, spiega al Foglio le proposte che arrivano dai territori, a partire dal meccanismo che regola le restrizioni: “Ne ho parlato con Massimiliano Fedriga – il presidente del Friuli-Venezia Giulia e dell’Assemblea degli enti locali –  che tratterà con il governo e condivide questa proposta”. 

 

E non è l’unica che finirà sui tavoli di Palazzo Chigi, perché, nell’ottica di semplificare le procedure, le amministrazioni locali chiedono anche nuove norme in grado di stare al passo con gli effetti del virus, mettendo un freno alla corsa al tampone: “Inevitabilmente, davanti a questo aumento dei casi, non c’è più possibilità, per nessuno, di seguire le regole ministeriali nella gestione di test e quarantene”, spiega il governatore. “Continuare a fare tutti questi tamponi non ha ragione, e i laboratori non hanno capacità infinite: abbiamo persone costrette a fare 4-5 giorni in più di isolamento semplicemente per la difficoltà di smaltire quel carico di lavoro che deriva dai protocolli. A un certo punto bisogna scegliere cosa fare”. Secondo le regioni, dice ancora Marsilio, la prima soluzione è archiviare “l’equazione contagiato uguale malato, concentrandosi sui sintomatici, gli unici su cui ha senso in questo momento fare i test. Un punto su cui convergono ormai molti epidemiologi”.

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Ma anche un principio che per Marsilio dovrebbe valere pure per quanto riguarda i numeri degli ospedali, “cambiando il conteggio dell’incidenza: perché a fronte di alte percentuali di riempimento delle aree mediche, c’è chi denuncia come il 30-40 per cento delle persone ricoverate in area Covid sia in realtà entrata nelle strutture per altre terapie, scoprendo di essere positiva solo con il tampone di controllo. Si capisce bene che non ha senso”. 

 

E quello sulla semplificazione non è l’unico terreno di discussione tra Roma e le regioni. C’è il tema della scuola e della didattica a distanza, di cui l’esempio più recente ha riguardato l’ordinanza, poi sospesa dal Tar dopo il ricorso del governo, con cui il presidente campano De Luca ha rimandato la riapertura in presenza dopo le feste di Natale. “Guardi, alcuni miei colleghi, esponenti di partiti che fanno parte della maggioranza, durante la Conferenza di mercoledì, hanno fatto degli interventi contro il governo in confronto ai quali Giorgia Meloni è una moderata, perché è stato deciso ormai di togliere alle regioni ogni potere: non possiamo attuare restrizioni, né attuare la Dad, se lo riteniamo necessario”, racconta Marsilio, che ci tiene a precisare: “Ma non perché qualcuno ha piacere a tenere i ragazzi a casa ma perché in questa fase, non appena riapri, arrivano segnalazioni a raffica, e in pochi giorni sei comunque costretto a chiudere”. 

 

Da qui, insomma, deriva anche la richiesta di un maggiore decentramento: “Bisognerebbe restituire poteri alle regioni, rispettando i poteri costituzionalmente attribuiti” sottolinea il governatore, che prima di congedarsi mette a fuoco un'ultima questione, quella relativa alla capienza dei mezzi pubblici, che in zona arancione scende dall'80 al 50 per cento, una norma insostenibile in vista dei cambi di colore e che le regioni chiederanno di rivedere: “Si tratta di un altro cul de sac burocratico che ha creato la norma attuale, un paradosso, visto che a fronte di un taglio delle percentuali di affollamento, dobbiamo garantire comunque la mobilità al 100 per cento della cittadinanza. Spero che il governo adegui rapidamente le normative, perché diversamente non siamo in grado di garantire il trasporto per tutti”.
 

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