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La saggezza è giovane. Gli under 30 si vaccinano di più

Antonio Pascale

I ragazzi sono più coscienziosi dei loro nonni. Bisognerebbe prendere spunto da loro, perché i cittadini di questo mondo per migliorare e ordinare le cose necessitano di innovazione

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Lo so che i dati sono spesso antipatici, vuoi perché con i numeri abbiamo poca confidenza (vedi alcuni filosofi che ignorano le frazioni e fanno casino con le interpretazioni), vuoi perché non scorgiamo (nei numeri) un sentimento, dunque facciamo fatica a parlarne con il dovuto calore nei bar e sui media, ma i numeri raccolti e rubricati altro non sono che un prezioso frutto dell’intelligenza collettiva. Chi li ha raccolti se non ricercatori e analisti sparsi un po’ ovunque? Chi li ha controllati con metodologia scientifica (si spera) se non altri ricercatori, sparsi anche loro un po’ dovunque? C’è di più: molti di questi ricercatori sono giovani ricercatori, ignoti un po’ a tutti ma che svolgono un lavoro fondamentale, perché senza numeri e senza validare i numeri attraverso un metodo certosino, gli strumenti politici per deliberare risultano spuntati o rétro.

 

Bene, a proposito di giovani e dati raccolti si sta notando la seguente tendenza: gli under 30 si vaccinano di più rispetto alle fasce di età che vanno dai 30 ai 39 e dai 40 ai 49 anni. Quindi, gli under 30 sono più coscienziosi e – diciamola così – hanno meno fisime: sono la spensierata e vaccinata ala della giovinezza. Eppure, subiscono meno le conseguenze dall’infezione e potrebbero ragionare a botte di egoismo e di “sai che me frega” e invece questa fascia di età sta mostrando un lodevole attaccamento alla comunità e alle regole che con molta fatica e molti scazzi e vari inciampi stiamo cercando di darci per porre un argine al caos che la pandemia sta creando. Probabile che la mente giovane sia più flessibile, più avventurosa, e dunque meglio attrezzata per collaborare e orientarsi in un mondo complesso. E poi è sicuro: più si va avanti con l’età, meno si cambia e alcune credenze si fissano inesorabilmente rendendoci statici e poco collaborativi.

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Considerando questa bella tendenza sulla vaccinazione degli under 30, ci sarebbe allora un ragionamento da fare che magari in apparenza esula dalla questione Covid. Visto l’invecchiamento irreversibile della popolazione italiana, visto che pure quella occidentale non sta messa bene, nel senso che abbiamo pochi giovani e l’età media sale, e ci ritroviamo con molti 45enni pieni di fisime e tanti anziani con l’abitudine di tirare i remi in barca e difendere l’areale di navigazione, considerato poi che il nostro cervello –  a una data età – è meno disposto a verificare le opinioni, insomma poco sensibile alle prove del nove che invece spesso i numeri e i dati raccolti forniscono, come potremo insomma in futuro deliberare al meglio se invecchiamo un po’ tutti? Perché il problema è serio.

 

I cittadini di questo mondo per migliorare e ordinare le cose necessitano di innovazione e dunque voglia di avventura, inquietudine e ricerca, caratteristiche non da tutti (anche se postiamo video sui social in cui dichiariamo che tutto è possibile basta volerlo: ma quando mai, la volontà è poca cosa), quindi se questo è il paese dei nonni sicuro che poi i nonni pensano ai nipoti e sicuro che i nipoti non possono insegnare ai nonni a essere più flessibili, innovativi e meno abitudinari? Sicuro, insomma, che in nome di una presunta saggezza possiamo ignorare il valore della lunga ala della giovinezza, tra l’altro vaccinata?

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