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Cosa è successo a Sanofi, rimasta sei mesi indietro nella corsa al vaccino

E se Parigi, senza la mediazione europea, avesse ordinato da sola le sue dosi? Probabilmente avrebbe deciso di privilegiare la sua azienda

Micol Flammini

Il gruppo farmaceutico francese continua la sperimentazione ma c’e’ chi consiglia: iniziate a produrre per gli altri

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Il portfolio di vaccini contro il Covid-19 che l’Unione europea ha messo a disposizione dei paesi membri non soltanto è molto ampio e ha consentito di evitare una corsa tra nazioni europee – corsa che avrebbe aumentato i prezzi delle dosi – ma ha anche evitato a tanti stati  di fare delle scommesse sbagliate. La campagna di vaccinazione in Francia procede molto lentamente, troppo lentamente, e il governo e il presidente da due settimane stanno cercando di trovare gli errori, di aggiustare le lungaggini di un sistema centralizzato che funziona a rilento. Finora sono state trovate poche soluzioni, le accuse da parte delle opposizioni aumentano e si fanno sempre più dure – il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo,  ha detto che se ci fosse stato Macron a capo della Francia durante la Seconda guerra mondiale, probabilmente non sarebbe riuscito lo sbarco in Normandia – ma cosa sarebbe successo se, senza la mediazione europea, Parigi avesse ordinato da sola le sue dosi? Probabilmente avrebbe deciso di privilegiare la sua azienda, la società campione del vaccino anti influenzale Sanofi, che quando la corsa per le immunizzazioni  era agli albori sembrava correre velocissima, ma qualche settimana fa ha ammesso che il suo prodotto non arriverà fino alla fine del 2021.

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Il portfolio di vaccini contro il Covid-19 che l’Unione europea ha messo a disposizione dei paesi membri non soltanto è molto ampio e ha consentito di evitare una corsa tra nazioni europee – corsa che avrebbe aumentato i prezzi delle dosi – ma ha anche evitato a tanti stati  di fare delle scommesse sbagliate. La campagna di vaccinazione in Francia procede molto lentamente, troppo lentamente, e il governo e il presidente da due settimane stanno cercando di trovare gli errori, di aggiustare le lungaggini di un sistema centralizzato che funziona a rilento. Finora sono state trovate poche soluzioni, le accuse da parte delle opposizioni aumentano e si fanno sempre più dure – il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo,  ha detto che se ci fosse stato Macron a capo della Francia durante la Seconda guerra mondiale, probabilmente non sarebbe riuscito lo sbarco in Normandia – ma cosa sarebbe successo se, senza la mediazione europea, Parigi avesse ordinato da sola le sue dosi? Probabilmente avrebbe deciso di privilegiare la sua azienda, la società campione del vaccino anti influenzale Sanofi, che quando la corsa per le immunizzazioni  era agli albori sembrava correre velocissima, ma qualche settimana fa ha ammesso che il suo prodotto non arriverà fino alla fine del 2021.

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A metà dicembre, in Germania c’era chi protestava e accusava la Francia di aver fatto pressioni sulla Commissione affinché acquistasse più dosi da Sanofi che da Pfizer-BioNTech. Erano altri tempi, scrive il Monde che ha ripercorso gli errori dell’azienda, quando a maggio l’amministratore delegato del gruppo farmaceutico francese, Paul Hudson, aveva spiegato che il vaccino, una volta approvato, sarebbe stato distribuito prima negli Stati Uniti perché avevano in gran parte finanziato la ricerca. A giugno Macron aveva deciso di andare a far visita in uno dei laboratori di Sanofi a Marcy-l’Etoile e aveva annunciato che lo stato avrebbe investito 200 milioni di euro per accelerare lo sviluppo del vaccino e la società si era impegnata a investire 610 milioni in nuove infrastrutture  in Francia. Ma dopo gli inizi promettenti la percezione nei confronti del vaccino prodotto dalla casa farmaceutica francese è molto cambiata, si parla sempre di una tecnologia più conveniente, meno costosa e meno difficile da mantenere rispetto a quella che consente la produzioni dei vaccini di Pfizer-BioNTech o Moderna, ma le sperimentazioni hanno subìto un rallentamento importante. A dicembre Sanofi e Gsk, il partner britannico, hanno annunciato che la risposta immunitaria osservata negli adulti con più di 50 anni non era abbastanza elevata. La delusione è arrivata a causa di una concentrazione di antigene insufficiente, a febbraio verrà lanciato un nuovo studio con una concentrazione migliorata. 

 

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Dopo le dichiarazioni in tanti si sono domandati che senso abbia continuare a lavorare sul prodotto quando piuttosto bisognerebbe aumentare la disponibilità di vaccini già approvati. La prima ad aver posto la questione è stata Agnès Pannier-Runacher, ministro dell’Industria,  che al giornale francese ha confermato di aver sollecitato Sanofi a considerare con serietà l’ipotesi di mettere a disposizione i propri laboratori per la produzioni di altri vaccini. La società ha risposto con vaghezza  e ha fatto sapere che sta valutando la fattibilità. Sanofi non ha fornito molti dettagli sugli eventuali errori e gli improvvisi ritardi, il vicepresidente dell’azienda, Thomas Triomphe, ha detto che i reagenti usati per misurare la concentrazione di antigene erano di scarsa qualità e quindi tutto sarebbe iniziato da lì. Al Monde, anche alcuni scienziati hanno confermato che probabilmente non è stata prestata attenzione sufficiente al controllo dei reagenti. Alcuni accusano la mancanza di tempo, alcuni dicono che si tratta un errore normale durante le fasi di studio, ma tutti nella Sanofi sono convinti che valga la pena andare avanti con la sperimentazione. La Commissione, che ha ordinato 300 milioni di dosi, non ha rivisto a ribasso il contratto e secondo i laboratori è sempre meglio continuare, potrebbe esserci bisogno di  altri richiami e il vaccino non serve soltanto all’Europa.

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