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Crisanti, i dati sul vaccino anti Covid e quelli sulle zanzare ogm

Gilberto Corbellini

I dubbi diffusi dallo scienziato minano la fiducia nel metodo e nelle istituzioni su cui si basa la nostra società e il suo lavoro

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Non è facile capire cosa abbia voluto dire Andrea Crisanti con le sue molteplici esternazioni sul vaccino anti Covid. Che non si vaccinerà fino a quando non ci saranno le prove, pubblicate, che è sicuro? Ma questo vale per tutti noi. Fino a quando non sarà approvato dalle agenzie deputate a stabilire sicurezza ed efficacia, usando procedure più rigide di quelle che controllano la qualità delle pubblicazioni scientifiche, nessuno lo potrà fare. Tutti coloro che hanno letto le sue parole, pro vax e no vax, hanno però capito che metteva in discussione proprio le procedure di controllo e approvazione.

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Non è facile capire cosa abbia voluto dire Andrea Crisanti con le sue molteplici esternazioni sul vaccino anti Covid. Che non si vaccinerà fino a quando non ci saranno le prove, pubblicate, che è sicuro? Ma questo vale per tutti noi. Fino a quando non sarà approvato dalle agenzie deputate a stabilire sicurezza ed efficacia, usando procedure più rigide di quelle che controllano la qualità delle pubblicazioni scientifiche, nessuno lo potrà fare. Tutti coloro che hanno letto le sue parole, pro vax e no vax, hanno però capito che metteva in discussione proprio le procedure di controllo e approvazione.

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Qualche domanda viene spontanea. Perché Crisanti mette in discussione protocolli, per controllare sicurezza ed efficacia, che sono gli stessi che lui segue per sviluppare zanzare geneticamente ingegnerizzate e spargerle in ecosistemi malarici allo scopo di ridurre l’impatto della malattia? Non dubito che, nel suo approccio contro la malaria, egli non agisca correttamente. Né metto in discussione la sostanza etica dei suoi argomenti, quando gli vengono sollevate riserve sui rischi ambientali e sanitari di un approccio che mira a cambiare l’ecologia entomologica di vaste regioni in Africa sub sahariana, e forse altro che non si può sapere in anticipo. Perché, invece, lui dubita che le agenzie per la regolamentazione dei farmaci, che applicano principi di trasparenza in paesi occidentali, dove vige la rule of law, sarebbero inaffidabili o al soldo dell’industria, per cui ci sarebbe da sospettare sulla loro capacità di monitorare e analizzare i dati preclinici e clinici, che i laboratori e le imprese sottopongono per l’approvazione e commercializzazione? In Burkina Faso, dove si svolgono gli esperimenti di Crisanti e del suo gruppo con zanzare ogm, non sanno neppure cosa sia lo stato di diritto e il loro indice di democrazia è a un passo dalla dittatura. Crisanti è un bravissimo scienziato, ma in questo caso è preda di ben noti bias cognitivi e pregiudizi. Se non sapesse tenerli a bada nei suoi approcci scientifici e nelle strategie di organizzazione della ricerca, non avrebbe mai raggiunto i risultati che lo rendono conosciuto e apprezzato come parassitologo molecolare. Vorrei capire perché Crisanti non si fa problemi a usare combinazioni di finanziamenti pubblici e privati (Gates Foundation) per sviluppare le “zanzare farmaco” contro la malaria, mentre pare nutrire un pregiudizio (non è certo l’unico) verso i finanziatori privati della ricerca di un vaccino anti Covid. Inoltre, fa impressione calare l’argomento sulla necessità di informare e inserire la popolazione in un processo negoziale o partecipativo stante il contesto nel quale avviene la sua di ricerca: in Burkina Faso solo il 40 per cento circa della popolazione è alfabetizzato (dati Unesco) e sono accerchiati dal jihadismo. Qui, invece, egli usa la comunicazione non per informare ma per gettare, come benzina sul fuoco in un frangente di terrore, insidiosi sospetti sui sistemi occidentali di vigilanza da parte di agenzie indipendenti per prevenire le truffe dei farmaci o l’insider trading; agenzie che paghiamo con soldi pubblici e mettiamo in mano a tecnici competenti, che noi in occidente possiamo cambiare se sbagliano, e così otteniamo nei sistemi meno corrotti e più trasparenti che queste agenzie siano sufficientemente popolate da professionisti affidabili.

 

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Fino a prova contrarie le ricerche di entomologia molecolare di Crisanti le hanno pagate le stesse università, fondazioni, enti di ricerca, che stanno finanziando la ricerca sul vaccino e che collaborano con le imprese farmaceutiche. I “quattrini del contribuente” a cui si riferisce sono stati generati da economie basate sul motivo del profitto. Nessun paese al mondo, tranne la Cina comunista o la Russia autocratica di Putin, dove l’opacità informativa è la regola e non l’eccezione, ha investito per creare facilities in grado di fabbricare a costi convenienti il numero di vaccini sicuri ed efficaci, necessari per ottenere un’immunità cosiddetta di gregge contro Covid. Quella che è una superiorità economica ed etica nello sviluppo dei vaccini, riconosciuta anche sulla base del numero e della qualità dei vaccini sul mercato, per Crisanti sarebbe un sistema da suk arabo? Perché mettere in discussione il lungo processo e le conquiste del mondo occidentale nell’allestire un articolato e costoso processo di accertamento sulla sicurezza dei farmaci, vaccini inclusi? Quel processo ha certamente dei difetti, ma da scienziato Crisanti dovrebbe sapere che le sfide costringono ad aguzzare l’ingegno e talvolta portano a scoprire nuovi percorsi per ottenere il risultato: per esempio, che le fasi di sperimentazione si possono condurre anche in modo parallelo e con la stessa affidabilità, per cui si avrebbe un’accelerazione dei tempi e una riduzione dei costi, senza aumento dei rischi, nell’approvazione anche di futuri vaccini/farmaci.

 

Crisanti esprime dubbi sul vaccino, dicendo che non lo farebbe perché mancano dati scientifici indipendenti (non ci sarebbero pubblicazioni) e le aziende starebbero giocando in borsa attraverso gli annunci che diramano sull’efficacia. Intanto non è vero che non esistono pubblicazioni scientifiche. Sia il gruppo di Oxford/Astra Zeneca, sia quelli di Moderna e Pfizer/Biontech, hanno pubblicato dati su immunogenicità e sicurezza. Non su bollettini parrocchiali, ma su The Lancet, New England Medical Journal e Nature. Le stesse riviste sulle quali pubblica i suoi risultati. La critica ai Ceo che vendono le azioni è decisamente complottista e segnala l’idea che il motivo individuale del profitto sia incompatibile con l’esito socialmente commendevole del raggiungimento di traguardi scientifici e sanitari rilevanti. Ma quel che davvero sorprende in uno scienziato con l’esperienza di Crisanti, è che non capisca che nelle società complesse e fondate sulle conoscenze ci si comporta, come diceva un influente sociologo britannico, sulla base della “convinzione che le nostre attese non andranno deluse” (Giddens). Con questa fiducia prendiamo gli aerei, saliamo su treni (persino a levitazione magnetica), assumiamo medicinali, etc. In teoria, quando andiamo a votare dovremmo provare a selezionare coloro che hanno competenze e che conoscono la macchina economico-sociale per garantire il funzionamento di quelle regole per cui le aspettative di cui sopra non vadano deluse, con relativi morti, danni economici e altro.

 

Nella lettera al Corriere, dai toni tra vittimista e il funambolico, come un felino che cerca di arrampicarsi sugli specchi, Crisanti chiama in causa gli storici e la storia, predicendo cosa diranno e assumendo che le sue parole scettiche sui primi vaccini anti Covid non saranno neppure ricordate. Mentre tutti ricorderanno i morti che ci sono stati perché non sono state seguite le sue indicazioni. Da quello che circola in rete, il suo dubbio, che dice essere di natura scettica, nella comunicazione mediatica è assunto come un dubbio negazionista. Con un po’ di umiltà, potrebbe riconoscere un errore di comunicazione. Ma forse è chiedere troppo. Infatti, egli pensa che le critiche a lui rivolte facciano il gioco degli antivaccinisti. Questo è indice di un cattivo rapporto con la realtà. Crisanti sarà anche il miglior conoscitore al mondo dei genomi delle zanzare malarigene, ma non è un grande conoscitore dell’etica della conoscenza scientifica di cui parlava un noto biologo molecolare che gli dovrebbe essere famigliare: un certo Jacques Monod.

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