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“Il Covid insegna l’importanza della ricerca, l’Europa non tagli i fondi”. Parla Bourguignon (Erc)

Luciano Capone

"Chi sta sviluppando i vaccini contro il coronavirus aveva ottenuto due grant Erc. I leader politici rimettano parte delle risorse tagliate sul primo pilastro Horizon Europe, c’è bisogno di chi lavora alla frontiera della ricerca per poter affrontare la prossima crisi che nessuno sa come sarà né quando arriverà”. L'appello del presidente dell'European Research Council Jean-Pierre Bourguignon

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“Il minore impegno sulla ricerca di frontiera rischiamo di pagarlo a caro prezzo in futuro, quando ci sarà un’altra crisi che nessuno sa quando arriverà né come affrontare. È forse qualcosa difficile da comprendere in questo momento in cui siamo impegnati a risolvere i problemi di oggi o al massimo di domani, ma verranno anche altri giorni dopo”. Il matematico francese Jean-Pierre Bourguignon, dopo l’infelice passaggio del prof. Mauro Ferrari, è diventato presidente ad interim del Consiglio europeo della ricerca (Erc), l’agenzia dell’Unione europea dedicata al supporto della ricerca di frontiera nelle varie discipline scientifiche. E chiede ai leader europei di destinare un maggiore impegno economico sulla ricerca di base, quella più lungimirante che magari non sembra avere immediate ricadute concrete, “perché abbiamo bisogno di guardare al lungo termine e non solo ai problemi odierni”, dice al Foglio Bourguignon.

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“Il minore impegno sulla ricerca di frontiera rischiamo di pagarlo a caro prezzo in futuro, quando ci sarà un’altra crisi che nessuno sa quando arriverà né come affrontare. È forse qualcosa difficile da comprendere in questo momento in cui siamo impegnati a risolvere i problemi di oggi o al massimo di domani, ma verranno anche altri giorni dopo”. Il matematico francese Jean-Pierre Bourguignon, dopo l’infelice passaggio del prof. Mauro Ferrari, è diventato presidente ad interim del Consiglio europeo della ricerca (Erc), l’agenzia dell’Unione europea dedicata al supporto della ricerca di frontiera nelle varie discipline scientifiche. E chiede ai leader europei di destinare un maggiore impegno economico sulla ricerca di base, quella più lungimirante che magari non sembra avere immediate ricadute concrete, “perché abbiamo bisogno di guardare al lungo termine e non solo ai problemi odierni”, dice al Foglio Bourguignon.

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Paradossalmente, per raggiungere l’accordo sul Next Generation Eu, i leader europei hanno tagliato del 15% il budget riservato alla ricerca di base. Come se non fosse importante per le generazioni future. “Bisogna riconoscere che in una crisi sanitaria, che ha prodotto una crisi economica, creare nuovi strumenti è stato un notevole risultato, anche perché è stato fatto in tempi molto rapidi rispetto a quelli con cui abitualmente si muove l’Europa. Non dobbiamo quindi sottostimare la trasformazione rappresentata dal Recovery plan”. Ma fatta questa premessa, si deve guardare anche a ciò che non va. Perché a farne le spese è stata la ricerca: la pressione di molti paesi per una riduzione del bilancio europeo ha portato a trovare un accordo a luglio che prevede una riduzione del budget di Horizon Europe, il programma per la ricerca e l’innovazione. “Sono stato sorpreso perché allo stesso tempo i capi di stato e di governo hanno indicato ambiziosi obiettivi politici riguardo la transizione sul cambiamento climatico, la digitalizzazione e la salute. E questi obiettivi hanno tutti come componenti fondamentali la ricerca e l’innovazione. Dire che dobbiamo fare queste transizioni molto velocemente proprio per superare la crisi e allo stesso tempo tagliare il budget Horizon Europe, dal mio punto di vista è incoerente e difficile da capire”, dice il presidente dell’Erc, che rientra nel primo pilastro del programma Horizon, quello sulla scienza di eccellenza. “Voglio ribadire che quello sul Recovery plan è stato uno straordinario accordo – dice Bourguignon – ma sconta il fatto che le persone sono più concentrate sul breve termine, mentre un orizzonte di sette anni sembra l’infinito. E io lo comprendo. Ma è responsabilità degli scienziati spiegare il processo attraverso cui la ricerca sulla frontiera contribuisce allo sviluppo”.

 

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E qui Bourguignon fa due esempi, strettamente connessi al Covid. “Stiamo parlando molto della speranza nei vaccini. Prendiamo il vaccino della BioNTech, sviluppato con la Pfizer, il primo che verrebbe fatto con la tecnologia dell’Rna messaggero. Ebbene, l’uomo che ha portato avanti questo progetto, il ceo della BioNTech, Ugur Sahin, ha ottenuto un grant dall’Erc pochi anni fa su questo tema. E anche Adrian Hill, lo scienziato che sta sviluppando il vaccino di Oxford, con AstraZeneca come partner, anche lui ha ricevuto un finanziamento dall’Erc per un progetto sulla risposta ai vaccini”. Nel caso di Sahin, il progetto finanziato dall’Erc riguardava la ricerca di terapie immunologiche contro il cancro usando l’Rna messaggero. Ora quella stessa tecnologia sta trovando applicazione per il vaccino contro il Covid. “E’ la dimostrazione – dice Bourguignon – che quando ti confronti con nuovi problemi come il coronavirus, puoi trasferire le conoscenze acquisite in altri contesti perché sei intellettualmente equipaggiato a farlo. Gli studi di frontiera si possono trasformare in cose molto concrete molto rapidamente, sicuramente grazie a un notevole sforzo industriale e ad altri fondi europei, ma prima abbiamo posto le basi che hanno reso possibile per queste persone immaginare nuovi modi di guardare alle cose. Porto questi esempi non per dire che è merito dell’Erc se stanno arrivando dei vaccini contro il Covid, ma che c’è bisogno di questo ecosistema in cui le persone possano sviluppare idee lungimiranti per essere pronte per l’imprevedibile”.

 

L’ex presidente dell’Erc, Mauro Ferrari, ha motivato le sue dimissioni dicendo che il Consiglio scientifico dell’Erc non aveva appoggiato la sua idea di finanziare progetti speciali contro il Covid. Ora emerge che progetti dell’Erc, che avevano altri obiettivi, hanno posto le basi proprio per il vaccino. “Non voglio commentare il mio predecessore – dice Bourguignon –, ma tra i progetti finanziati dall’Erc ce ne sono diversi che sono rilevanti per affrontare il Covid, e non riguardano solo la biomedicina, ma i modelli per valutare la diffusione del contagio, gli impatti delle misure di contenimento, l’impatto sulla salute mentale dei lockdown, l’economia. Abbiamo identificato 183 progetti, per un budget di oltre 300 milioni di euro, che possono avere un’immediata applicazione contro il Covid. Non ci sono solo i vaccini. Più che il singolo risultato bisogna comprendere come funziona l’intero ecosistema della ricerca, e l’importante ruolo della ricerca di frontiera”. Per questi motivi è miope, in questo contesto, tagliare di oltre 13 miliardi di euro il budget di Horizon Europe. Sono poi stati aggiunti, attraverso il Next Generation Eu, altri 5 miliardi ma riservati a obiettivi specifici come il cambiamento climatico e la digitalizzazione. “Ma dedicando queste risorse aggiuntive solo ai pilastri 2 e 3 du Horizon Europe – dice Bourguignon – si uccide l’equilibrio con la ricerca aperta alle migliori idee che arrivano dall’iniziativa dei ricercatori. Il risultato è che il primo pilastro, quello della ricerca di base, si abbassa al 25%”.

 

Perciò Bourguignon fa un appello ai leader politici nazionali e alle istituzioni europee: “Correggere questo squilibrio dedicando i 4 miliardi in più ottenuti dal Parlamento europeo al primo pilastro, perché è decisivo per la nostra prosperità generale e per le prossime generazioni di ricercatori. C’è bisogno di avere il supporto per esplorare. Proprio per questo combatto contro l’idea che ogni sforzo oggi debba riguardare la ricerca applicata, perché c’è bisogno di chi lavori alla frontiera della ricerca, per poter affrontare la prossima crisi che nessuno sa come sarà né quando arriverà”.

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