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Ieri 580 morti

Covid e dopo lockdown. Un'idea: testare le città con il modello Jürgen Klopp

Per uscire dal lockdown, Liverpool sta sperimentando un test di massa a tutti i suoi 500 mila abitanti, anche nello stadio dei Reds. Obiettivo: trovare gli asintomatici. Perché non farlo in Italia? Parlano Crisanti, Miozzo, Ricciardi

Claudio Cerasa

Lo schema di gioco scelto dalla città inglese per provare a ritornare a una graduale normalità è uno schema già osservato in Cina a Wuhan (11 milioni di cittadini testati) e già osservato anche in Slovacchia e si basa su un’idea che il governo inglese ha scelto di spiegare così: “Identificare le persone che hanno il Covid-19 prima che sviluppino i sintomi aiuterà a ridurre il numero di persone a cui lo diffondono, riducendo la velocità di trasmissione, e più ridurremo la velocità di trasmissione, più velocemente saremo in grado di avvicinarci a uno stile di vita più normale e fare le cose che ci piacciono tutti”

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Find, test, trace, isolate, support: perché non provarci? Se i protagonisti del dibattito pubblico italiano volessero fare un salto di qualità nell’osservare le possibili evoluzioni della gestione della pandemia (ieri 35 mila nuovi contagi con 580 morti) dovrebbero concentrarsi un po’ meno sui colori futuri delle nostre regioni e dedicare un po’ di attenzione a una formidabile storia inglese che potrebbe offrire alla classe dirigente del nostro paese un buon indizio su come le grandi città italiane possono provare a convivere con la recrudescenza del virus almeno fino a quando non ci sarà un vaccino per tutti.

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Find, test, trace, isolate, support: perché non provarci? Se i protagonisti del dibattito pubblico italiano volessero fare un salto di qualità nell’osservare le possibili evoluzioni della gestione della pandemia (ieri 35 mila nuovi contagi con 580 morti) dovrebbero concentrarsi un po’ meno sui colori futuri delle nostre regioni e dedicare un po’ di attenzione a una formidabile storia inglese che potrebbe offrire alla classe dirigente del nostro paese un buon indizio su come le grandi città italiane possono provare a convivere con la recrudescenza del virus almeno fino a quando non ci sarà un vaccino per tutti.

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La storia in questione – dove c’entra una zona rossa, ma non per la ragione che potreste immaginare – arriva da Liverpool e ha a che fare con una scelta difficile ma molto interessante fortemente sostenuta dal primo ministro inglese Boris Johnson: testare un’intera città. Liverpool è una delle prime città inglesi costrette durante la seconda ondata a entrare in un regime di lockdown (le restrizioni di livello 3 sono partite il 14 ottobre e il numero di casi registrati a Liverpool è ancora tra i più alti in Inghilterra) e in vista della possibile riapertura della città il primo ministro inglese ha scelto di costruire con il sindaco  (che qualche settimana fa ha perso il fratello  per Covid) un sistema di monitoraggio di massa dei cittadini dedicato esclusivamente ai non sintomatici.

 

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Find, test, trace, isolate, support: perché non provarci? Il sistema funziona così: a partire dallo scorso venerdì, chiunque viva o lavori a Liverpool, indipendentemente dalla sua età, può effettuare un test in una delle molte postazioni fisse e mobili allestite in città con l’aiuto di circa duemila militari per aiutare il comune a prevenire e ridurre il tasso di infezione a livello locale, per provare a ridurre la trasmissione nella comunità e aiutare la città a tornare alla normalità il prima possibile.

 

  

Il test, che nel caso specifico è un antigenico ed è in grado di offrire un risultato nel giro di trenta minuti, è gratuito, non è obbligatorio ma è altamente consigliato soprattutto al personale sanitario e scolastico, oltre che agli alunni, e la campagna per il test di massa in tutta la città è stata sposata anche dall’intera squadra di calcio di Liverpool, i Reds, a proposito di zona rossa, che ha scelto di aiutare il comune e il governo in due modi: mettendo il proprio stadio, Anfield, a disposizione per fare i test e mettendo il volto simbolo della propria squadra, l’allenatore Jürgen Klopp, al servizio della campagna. “Ci vogliono 10 secondi per fare un test – ha ricordato Klopp con un video appassionato – e 10 giorni per fare la differenza”.

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Lo schema di gioco scelto da Liverpool per provare a ritornare a una graduale normalità è uno schema già osservato in Cina a Wuhan (11 milioni di cittadini testati) e già osservato anche in Slovacchia (dove il governo nelle scorse settimana ha provato a tamponare in due giorni tutta la sua popolazione ritrovandosi alla fine con un totale di 2,4 milioni di slovacchi testati su un totale di 3,6 milioni) e si basa su un’idea che il governo inglese ha scelto di spiegare così: “Identificare le persone che hanno il Covid-19 prima che sviluppino i sintomi aiuterà a ridurre il numero di persone a cui lo diffondono, riducendo la velocità di trasmissione, e più riduceremo la velocità di trasmissione, più velocemente saremo in grado di avvicinarci a uno stile di vita più normale e fare le cose che ci piacciono”. Johnson ha detto che qualora l’operazione dovesse funzionare il governo ripeterà l’esperimento anche in altre città inglesi e arrivati a questo punto del nostro ragionamento la questione sembra essere ovvia. E se ci occupassimo un po’ meno di quanto una città debba essere chiusa oggi e ci occupassimo un po’ di più su cosa fare un domani per provare a riaprire in sicurezza le grandi città?

  
E se provassimo a sperimentare il modello Liverpool in città come Milano? Nessuno sa con certezza quanto i test di massa possano permettere a una città di riaprire con maggiore sicurezza (Bloomberg ha sentito alcuni scienziati convinti che i test a tappeto possano aiutare). Ma tutti sappiamo, come ci ricorda ogni giorno il bollettino quotidiano dedicato dal ministero della Salute all'andamento della pandemia, che le regioni che sono riuscite a fare più test nel corso degli ultimi mesi sono anche quelle che il virus piuttosto che subirlo provano a scovarlo (la regione Lazio, che ha un trend di ricoveri in terapia intensiva e in terapia non intensiva inferiore rispetto al resto d'Italia, è anche la regione che fa più test in rapporto agli abitanti: 4.641 ogni 100 mila).

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“I test rapidi – ci dice il virologo Andrea Crisanti – non riescono a eliminare il contagio ma lo possono abbassare per permettere di far ripartire la macchina del contact tracing”. “Se la disponibilità di tamponi può consentirci di sperimentare formule di test a numeri importanti della popolazione – ci dice Agostino Miozzo, del Cts – credo sia utile provarci”. “Il modello Liverpool – ci dice Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute – è un modello da considerare, ma solo per il futuro perché oggi siamo in ritardo in diverse città”. Find, test, trace, isolate, support: perché non provarci?

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