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Un documento

Medici e ricercatori spiegano perché tenere la scuola aperta si può

Fino ai 14 anni in classe, ma lockdown mirati in aree a rischio. Parla l'immunologa Antonella Viola

Marianna Rizzini

Il. nuovo Dpcm, il nodo trasporti, l'importanza del potenziamento tracciamenti e trasporti. Ma con la scuola in presenza

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La giornata delle comunicazioni del premier alle Camere, il contorno del nuovo Dpcm, i tre livelli di intervento a seconda dei territori, il crescendo dei contagi e la scuola che resta sullo sfondo, come pensiero costante e oggetto di studio: quanto la diffusione del virus dipende dalla presenza in aula, quanto dai trasporti, quanto da quello che succede fuori dagli edifici dove si seguono le lezioni? E se i genitori degli studenti su cui incombe il ritorno alla Didattica a distanza sono pronti a scendere di nuovo in piazza, ci sono ricerche indipendenti, come quella di cui si parlava sul sito del Patto trasversale per la Scienza, che sottolineano come la scuola non sia “più contagiosa” di altri luoghi. E ieri, nel giorno delle strette annunciate, al governo e al Cts è arrivato un documento-appello firmato da dodici medici e ricercatori, tra cui Antonella Viola, immunologa dell’Università di Padova, e da Susanna Esposito, ordinaria di Pediatria dell’Università di Parma e consulente dell’Oms, in cui si chiede di operare su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, considerando la scuole un servizio essenziale. I medici e ricercatori, in vista della firma del Dpcm, chiedono di intervenire subito “con chiusure nelle aree più a rischio”, di “potenziare test e tracciamenti”, ma di mantenere aperte le scuole per i ragazzi fino ai 14 anni”.  

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La giornata delle comunicazioni del premier alle Camere, il contorno del nuovo Dpcm, i tre livelli di intervento a seconda dei territori, il crescendo dei contagi e la scuola che resta sullo sfondo, come pensiero costante e oggetto di studio: quanto la diffusione del virus dipende dalla presenza in aula, quanto dai trasporti, quanto da quello che succede fuori dagli edifici dove si seguono le lezioni? E se i genitori degli studenti su cui incombe il ritorno alla Didattica a distanza sono pronti a scendere di nuovo in piazza, ci sono ricerche indipendenti, come quella di cui si parlava sul sito del Patto trasversale per la Scienza, che sottolineano come la scuola non sia “più contagiosa” di altri luoghi. E ieri, nel giorno delle strette annunciate, al governo e al Cts è arrivato un documento-appello firmato da dodici medici e ricercatori, tra cui Antonella Viola, immunologa dell’Università di Padova, e da Susanna Esposito, ordinaria di Pediatria dell’Università di Parma e consulente dell’Oms, in cui si chiede di operare su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, considerando la scuole un servizio essenziale. I medici e ricercatori, in vista della firma del Dpcm, chiedono di intervenire subito “con chiusure nelle aree più a rischio”, di “potenziare test e tracciamenti”, ma di mantenere aperte le scuole per i ragazzi fino ai 14 anni”.  

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Dice al Foglio Antonella Viola: “Guardiamo agli altri paesi europei che stanno chiudendo tutto ma non la scuola, riconoscendole al contrario il suo ruolo di 'luogo di socialità. In particolare per studenti – e non sono pochi – che vivono in situazioni di degrado, l’essere privati della possibilità di frequentare la loro classe e i loro docenti vuol dire condannarli all’infelicità, sottovalutando i costi che pagheranno in futuro”. Le regole siano rigide, dice Viola, a partire dall’obbligo di indossare la mascherina per tutto il tempo, e dall’attenzione all’areazione dei locali e dall’implementazione dei test rapidi. “E’ chiaro che il rischio zero non esiste, ma questo consentirebbe di mantenere la scuola in una situazione di rischio controllato”.

 

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Altro è il problema a monte, quello dei trasporti. Viola si chiede “perché non si sia riusciti ad avvalersi del parco-autobus turistici, tra l'altro con molti autisti in cassa integrazione, visto che i soldi dallo stato erano arrivati sui territori, e perché non ci sia mossi in tempo sullo scaglionamento mattina-pomeriggio, con la seconda parte della giornata per gli studenti delle superiori. Visto che con il virus dovremo convivere fino all'estate, è importante che ognuno faccia la sua parte”. Nel documento inviato dai dodici medici e ricercatori a governo e Cts, in particolare, non si nega la gravità della situazione: “Tutti i dati confermano la forte criticità della diffusione di SARS-CoV-2 nel paese”. Ed è un quadro, continuano i promotori, “che impone azioni restrittive da attuarsi rapidamente”. La proposta è la “la costituzione di 'zone rosse' per un periodo minimo di tre settimane nelle città di Milano, Napoli, Roma e Genova. Nel resto del paese si individui come prioritaria l’assunzione di personale sanitario, l’adeguamento tecnologico per le attività di test e tracciamento e il potenziamento del trasporto pubblico nelle aree a maggior rischio”. I dodici medici e ricercatori chiedono l’inserimento, nel prossimo pacchetto di misure, dell’obbligo “di smart working per tutte le attività dei settori pubblici e privati effettuabili in modalità agile e la sospensione per un periodo di due settimane delle attività non essenziali”. Tutto, purché le scuole d’infanzia, le elementari e le medie restino aperte: “La loro chiusura avrebbe conseguenze psicologiche, educative e sociali drammatiche, a fronte di una non significativa riduzione dei contagi”. Senza contare l’effetto virtuoso collaterale: “La frequenza a questi servizi dei bambini consentirebbe l'attività lavorativa dei genitori”, sostengono i medici, e la questione non è da poco, nel quadro della generale tenuta di un atteggiamento sereno nell’attuazione delle strategie di contenimento.

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