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L’Oms non è Pechino

Redazione

Un’agenzia non indipendente è un problema di tutti, non solo di Taiwan

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“L’Organizzazione mondiale della sanità prenderà in considerazione l’ingresso di Taiwan nell’istituzione?”, domanda Yvonne Tong, reporter dell’emittente di Hong Kong Rthk, a Bruce Aylward, assistente del direttore generale dell’Oms nonché capo della task force che andò in missione in Cina circa un mese fa. L’intervista si svolge via Skype, e dopo la domanda su Taiwan seguono lunghissimi secondi di imbarazzato silenzio. “Pronto?”, dice la giornalista. “Scusa, non ho sentito la domanda”, replica Aylward. “Okay, gliela ripeto”. “No no, andiamo avanti”. “E’ che sono curiosa sul caso Taiwan...”. E Aylward mette giù. Quando Yvonne Tong richiama, e domanda ancora cosa ne pensa del modello Taiwan, uno dei pochissimi luoghi al mondo ad aver applicato con successo un protocollo anticontagio efficace, Aylward risponde: “Abbiamo già parlato di Cina”. Ed è questo il punto: Pechino considera Taiwan suo territorio, e l’Oms – così come l’Ue – seguono la cosiddetta One China Policy. Ma in un momento come questo, in cui c’è estremo bisogno di autorità indipendenti che guidino le decisioni nazionali, l’atteggiamento di Aylward è rivelatorio. Dimostra l’autocensura dei funzionari sui temi sensibili a Pechino, e l’influenza della Cina, sia politica sia economica, all’interno dell’Oms.

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“L’Organizzazione mondiale della sanità prenderà in considerazione l’ingresso di Taiwan nell’istituzione?”, domanda Yvonne Tong, reporter dell’emittente di Hong Kong Rthk, a Bruce Aylward, assistente del direttore generale dell’Oms nonché capo della task force che andò in missione in Cina circa un mese fa. L’intervista si svolge via Skype, e dopo la domanda su Taiwan seguono lunghissimi secondi di imbarazzato silenzio. “Pronto?”, dice la giornalista. “Scusa, non ho sentito la domanda”, replica Aylward. “Okay, gliela ripeto”. “No no, andiamo avanti”. “E’ che sono curiosa sul caso Taiwan...”. E Aylward mette giù. Quando Yvonne Tong richiama, e domanda ancora cosa ne pensa del modello Taiwan, uno dei pochissimi luoghi al mondo ad aver applicato con successo un protocollo anticontagio efficace, Aylward risponde: “Abbiamo già parlato di Cina”. Ed è questo il punto: Pechino considera Taiwan suo territorio, e l’Oms – così come l’Ue – seguono la cosiddetta One China Policy. Ma in un momento come questo, in cui c’è estremo bisogno di autorità indipendenti che guidino le decisioni nazionali, l’atteggiamento di Aylward è rivelatorio. Dimostra l’autocensura dei funzionari sui temi sensibili a Pechino, e l’influenza della Cina, sia politica sia economica, all’interno dell’Oms.

 

Aylward è il funzionario che ha guidato la missione nello Hubei dei tecnici dell’Oms, sulla quale esistono ancora molti dubbi (sembra che il team non sia stato fatto andare a valutare le vere aree critiche). Quando è tornato a Ginevra, Aylward si è lanciato in celebrazioni del modello cinese: “Dobbiamo ringraziare la Cina, ha salvato il mondo”, aveva detto. Dopo che il video dell’intervista è diventato virale, il suo nome è scomparso dalla lista dei funzionari dell’Oms, ma non basta. L’istituzione sovranazionale di cui dovremmo fidarci mentre attraversiamo una pandemia come questa non solo ha mostrato sin dall’inizio tutta la sua debolezza – e lo abbiamo scritto su queste colonne già l’8 febbraio scorso – ma ha lasciato intendere più volte che la sua indipendenza politica è ormai definitivamente compromessa. E’ un problema urgente, e non riguarda solo Taiwan.

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