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Quanti giorni ci vogliono prima di dire che un paese è libero al cento per cento da un virus?

Daniele Ranieri

Il protocollo usato per Ebola e Sars ci dice che uscire dalla lista dei paesi colpiti da un’epidemia è complicato. Ed è possibile che nei prossimi mesi ne parleremo molto

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Nel giugno 2016 lo stato africano della Liberia fu finalmente dichiarato completamente “libero dal virus Ebola” dall’Organizzazione mondiale della sanità. Era la quarta volta. Da quando nel dicembre 2013 un’epidemia di Ebola è scoppiata nell’Africa centrale, la Liberia è passata quattro volte per la procedura che tocca ai paesi che sono stati colpiti da un virus prima che possano dirsi di nuovo sicuri. Il primo passo di questa procedura è trovare l’ultimo soggetto positivo al test. Se guarisce, gli si fanno due prelievi del sangue a distanza di 48 ore. Se anche l’analisi del secondo prelievo è negativa, allora a partire dal giorno del secondo prelievo scatta un periodo di tempo che corrisponde al doppio del tempo di incubazione del virus, per tenersi sicuri. Nel caso di Ebola il tempo di incubazione del virus è di tre settimane, quindi il tempo di osservazione è di 42 giorni. Nel caso invece del coronavirus che causa il Covid-19 sappiamo che il tempo di incubazione è di due settimane, quindi il tempo di osservazione è di un mese. Se in questo intervallo di tempo non ci sono casi di trasmissione del virus, allora il paese è dichiarato “virus free”. Se il soggetto non guarisce e muore, il conteggio scatta dal giorno successivo alla sua sepoltura.

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Nel giugno 2016 lo stato africano della Liberia fu finalmente dichiarato completamente “libero dal virus Ebola” dall’Organizzazione mondiale della sanità. Era la quarta volta. Da quando nel dicembre 2013 un’epidemia di Ebola è scoppiata nell’Africa centrale, la Liberia è passata quattro volte per la procedura che tocca ai paesi che sono stati colpiti da un virus prima che possano dirsi di nuovo sicuri. Il primo passo di questa procedura è trovare l’ultimo soggetto positivo al test. Se guarisce, gli si fanno due prelievi del sangue a distanza di 48 ore. Se anche l’analisi del secondo prelievo è negativa, allora a partire dal giorno del secondo prelievo scatta un periodo di tempo che corrisponde al doppio del tempo di incubazione del virus, per tenersi sicuri. Nel caso di Ebola il tempo di incubazione del virus è di tre settimane, quindi il tempo di osservazione è di 42 giorni. Nel caso invece del coronavirus che causa il Covid-19 sappiamo che il tempo di incubazione è di due settimane, quindi il tempo di osservazione è di un mese. Se in questo intervallo di tempo non ci sono casi di trasmissione del virus, allora il paese è dichiarato “virus free”. Se il soggetto non guarisce e muore, il conteggio scatta dal giorno successivo alla sua sepoltura.

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Questo vuol dire che se anche per ipotesi – poco probabile – in Italia l’ultimo contagiato fosse dichiarato guarito ad aprile, il paese sarebbe virus free soltanto a maggio. Con il rischio di perdere subito lo status se permettesse troppo presto gli spostamenti. E’ così che la Liberia finiva di nuovo tra i paesi contagiati, perché arrivavano infetti dai paesi vicini e in questa pandemia noi siamo circondati da paesi che con un po’ di ritardo hanno numeri importanti di infetti. Del resto alla Repubblica democratica del Congo è andata molto peggio, loro sono alla decima epidemia di Ebola, la più recente è durata 19 mesi e andava ancora forte a gennaio. L’ultimo guarito è dei primi di marzo, ora siamo nella fase del conteggio dei 42 giorni (dieci epidemie. La più recente di diciannove mesi. Sono numeri orrendi. E pensare che per Ebola esiste già un vaccino).

 

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Un protocollo simile valeva anche per la Sars, l’epidemia del 2002 che fece scattare per la prima volta l’allarme generale da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità. La Sars fa parte della stessa famiglia del virus della pandemia in corso – il SARS-CoV-2 – e ha un periodo di incubazione di dieci giorni. Per annunciare di essersi liberati dal virus i paesi colpiti dovevano dimostrare che non era avvenuto nessun contagio per venti giorni (solita regola: periodo di incubazione moltiplicato per due).

 

La Sars diciotto anni fa fu un avvertimento chiaro a proposito dei rischi legati ai viaggi e legati al fatto che siamo tutti così connessi. Un dottore impegnato nel contenimento dell’epidemia in una regione della in Cina andò a Hong Kong con la moglie per festeggiare un matrimonio. Girò la città e passò le notti all’Hotel Metropole. Gli esperti in seguito hanno calcolato che l’ottanta per cento dei casi di Sars a Hong Kong sono dovuti a lui. Ventitré soltanto tra gli altri ospiti del Metropole, sette al suo stesso piano. Uno di questi fu portato all’ospedale Prince of Wales, dove infettò novantanove persone che appartenevano al personale dell’ospedale. Un altro volò in Vietnam e fu ricoverato all’ospedale di Hanoi, dove contagiò trentotto persone dello staff. Un altro si spostò a Singapore, dove fece partire l’epidemia locale. Un altro ancora in Canada. Uscire dalla lista dei paesi colpiti da un’epidemia è complicato ed è possibile che nei prossimi mesi ne parleremo molto.

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