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Fabbrica di vescovi

Matteo Matzuzzi

Francesco, zitto zitto, cambia la mappa dei presuli italiani. E’ qui la vera rivoluzione, altro che Ior

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Qui se n’era parlato più volte e più i mesi passano e più se ne ha conferma: la vera rivoluzione di Papa Francesco non ha a che fare con lo Ior o i preti ammogliati, bensì con le nomine dei vescovi. Se ci si pensa un attimo, è il terreno più semplice per attuare quel cambiamento profondo e irreversibile che Bergoglio vuole imprimere alla chiesa. Guardiamo all’Italia, dove sono sempre più frequenti le “prime nomine”, presuli cioè pescati tra le file dei semplici parroci e mandati a coprire le diocesi vacanti. Ben pochi sono i trasferimenti, cosa che farà sorridere dal cielo il compianto cardinale Bernardin Gantin, instancabile sostenitore del fatto che il vescovo sposa una cattedra per sempre. Dopotutto, non è un professore di ruolo trasferibile a ogni anno scolastico. Pochi giorni fa, l’ennesima conferma: a Piacenza, dopo il pensionamento di mons. Gianni Ambrosio, ci va il trevigiano Adriano Cevolotto, vicario generale della diocesi veneta che lì fu nominato da mons. Gianfranco Agostino Gardin, emerito di Treviso e molto in auge ultimamente (era il coconsacrante principale di mons. Marco Tasca a Genova). E proprio Tasca conferma la regola: altro che spostamento di vescovi da una città all’altra: si mette vino nuovo nelle otri. E’ uno schema che si ripete e che probabilmente sarà adottato anche a Bari e, forse, Napoli. Si vedrà. L’unica eccezione, paradossalmente, è quella legata alla diocesi più grande d’Italia, Milano: a Scola è succeduto Delpini, il suo vicario generale. Sorprese di Francesco.

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