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Uno non vale uno

Marianna Rizzini

L’ultimo consigliere in fuga e la diaspora a cinque stelle come specchio (problematico) del tutto

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Roma. L’ultimo in ordine di tempo ad abbandonare, a Roma, l’esercito a Cinque stelle è Marco Cacciatore, consigliere regionale con dieci anni di attività grillina alle spalle, in area Roberta Lombardi (e con lungo disaccordo contro Virginia Raggi per la gestione del problema rifiuti). E se oggi Cacciatore ce l’ha anche con l’avversaria interna del sindaco, ché Lombardi lo ha accusato di favorire il Pd con il suo agire, il motivo del contendere, che riguarda la sospensione e la discussione sul Piano Rifiuti, racconta di una profonda spaccatura nel Movimento, partito come sfascia-sistema ed entrato nel sistema. Non a caso Cacciatore, intervistato dal Corriere della Sera, parla di una “giunta che rispetto al suo programma ha fallito. Non solo sui rifiuti, ma sullo stadio della Roma e con il piano sfratti per ottomila famiglie targato Raggi. Infine, il mio ragionamento è politico: veramente il M5S non vota nel merito ma sulla base di calcoli politici se non addirittura elettorali? Se è così siamo la brutta copia di noi stessi”.

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Roma. L’ultimo in ordine di tempo ad abbandonare, a Roma, l’esercito a Cinque stelle è Marco Cacciatore, consigliere regionale con dieci anni di attività grillina alle spalle, in area Roberta Lombardi (e con lungo disaccordo contro Virginia Raggi per la gestione del problema rifiuti). E se oggi Cacciatore ce l’ha anche con l’avversaria interna del sindaco, ché Lombardi lo ha accusato di favorire il Pd con il suo agire, il motivo del contendere, che riguarda la sospensione e la discussione sul Piano Rifiuti, racconta di una profonda spaccatura nel Movimento, partito come sfascia-sistema ed entrato nel sistema. Non a caso Cacciatore, intervistato dal Corriere della Sera, parla di una “giunta che rispetto al suo programma ha fallito. Non solo sui rifiuti, ma sullo stadio della Roma e con il piano sfratti per ottomila famiglie targato Raggi. Infine, il mio ragionamento è politico: veramente il M5S non vota nel merito ma sulla base di calcoli politici se non addirittura elettorali? Se è così siamo la brutta copia di noi stessi”.

 

Il tema non è soltanto locale, per il M5s, ma è a Roma che si è posta per la prima volta con urgenza la questione del “chi siamo? Come governiamo?”, essendo Raggi arrivata in Campidoglio due anni prima della vittoria del M5s alle politiche. La diaspora di assessori dalla giunta, prima (quattordici personalità entrate e uscite dalle porte del Comune), e il disaccordo tra diverse “correnti” grilline nei municipi, poi, mostrano la difficoltà di gestire l’impatto con una realtà cittadina dove l’inesperienza al potere, cavallo di battaglia delle origini m5s, ha fatto da subito danni notevoli. E se è vero che il sindaco sta tentando il rilancio in vista di un bis, è anche vero che il M5s, nei tre anni del suo mandato, ha perso due municipi (il III e l’VIII, ora governati dal centrosinistra) e vari consiglieri (una su tutte, nel 2019, la consigliera del XIV municipio Rita Angelini, passata alla Lega). Neanche un mese fa, poi, la presidente del Consiglio del VII municipio di Roma, Elisa Zitoli, si è dimessa dal parlamentino di Cinecittà, a pochi giorni di distanza dalla crisi nel IV municipio, dove la mini-sindaca a Cinque stelle Roberta Della Casa è stata sfiduciata dalla sua stessa maggioranza, con contorno di polemica tra la presidente Monica Lozzi, presidente del Municipio stesso, e Virginia Raggi, che ha provocato poi altre reazioni interne stizzite con la decisione di nominare Della Casa “commissaria”, e facendo insomma rientrare dalla finestra quello che era uscito dalla porta. C’è chi accusa Raggi di aver snaturato il movimento e chi, come Lozzi, la taccia di “bullismo istituzionale”. Fatto sta che il problema è a monte: non si può governare nel mito dell’“uno vale uno” (e Lozzi rincara: “Siamo diventati quelli dell’uno vale quindici”).

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