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Due fronti per Raggi

Marianna Rizzini

Il referendum Atac, su cui il sindaco tace, e l’Opa leghista su Roma, con polemica Raggi-Salvini

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Roma. Mancano poco più di due settimane al referendum per la messa a gara del servizio di trasporto pubblico locale promosso da Radicali italiani e Radicali Roma, e la situazione è la stessa di uno, due, tre mesi fa: quanti romani sono al corrente del voto dell’11 novembre? Sempre troppo pochi, se è vero che molti genitori con figli nelle scuole elementari e medie si stupiscono, in questi giorni, nell’apprendere che il 12 novembre gli istituti resteranno chiusi come dopo ogni voto. Eppure l’argomento dovrebbe interessare ai cittadini, quelli che prendono l’autobus e quelli che non lo prendono (ma i cittadini, come hanno fatto notare i promotori al sindaco di Roma Virginia Raggi, dovrebbero essere informati per tempo, compito che spetta anche al Comune).

 

E l’argomento dovrebbe interessare all’opposizione, che su Atac si è vista schiudere praterie per la critica (non sempre percorse). Alla vigilia del referendum, dal centrodestra è giunta, finora, la parola “libertà di voto” da Forza Italia e un “no” di Fratelli d’Italia, mentre nel centrosinistra si dibatte (e ci si divide). Ma è qualcosa, un risveglio su temi che potrebbero consentire al Pd, prima di tutto, di risalire la china del consenso perduto parlando di cose concrete. Nel principale partito d’opposizione, infatti, c’è chi si è schierato da tempo con il “sì”: da Carlo Calenda (“c’è un referendum che va fortissimamente sostenuto”, ha detto a questo giornale) a Roberto Giachetti a Sandro Gozi a Luciano Nobili a Walter Tocci.

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Ma nel Pd locale c’è chi è contrario, motivo per cui il segretario romano Andrea Casu ha indetto una consultazione interna. A sinistra del Pd prevale il “no”, sulla linea purista del “pubblico a tutti i costi”. Raggi intanto tace il più possibile. Anche perché il fronte che considera più urgente presidiare, a parte quello processuale, è quello mediatico, dove la concorrenza della Lega è più insidiosa. Roma infatti è diventata da tempo terreno di conquista elettorale leghista, e su Roma Salvini ha infatti messo gli occhi.

 

Ieri, dopo essere stato a San Lorenzo di fronte al palazzo dove una ragazza di 16 anni è stata stuprata e uccisa, ha detto non soltanto che un edificio “non può essere ricettacolo di spacciatori”, ma anche che “a Roma i 5 stelle potevano fare di meglio…Mi aspettavo di più come tutti i romani, un vero cambiamento”. Risposta (piccata) del sindaco: “La Lega Nord forse non conosce Roma. Non c’è solo San Lorenzo come quartiere difficile. Abbiamo zone più periferiche come San Basilio, Tor Bella Monaca, Corviale, Centocelle in cui è necessario che l’azione dello Stato sia più incisiva. Servono più forze dell’ordine, accompagnerò il ministro Salvini a conoscere la città in modo che si possa passare finalmente dalle parole ai fatti”.

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