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preghiera

Ristoratori tatuati e dai nomi alieni, siete contrari al Levitico e all'italiano

Camillo Langone

Un cuoco animalista dovrebbe bastare per non mettere piede nel suo locale. Se poi lo ha chiamato con qualche espressione anglofona, ed è fieramente coperto dell'inchiostro sgradito a Dio…

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Sant’Oronzo, dalle parti della tua Lecce mi sono sentito dire: “Senz’altro sei stato da Bros’!”. “Senz’altro?”. “Un critico gastronomico come te!”. “No guarda, non sono mai stato da Bros’ e non ho intenzione di andarci perché prima di essere un critico gastronomico sono un uomo, e Floriano Pellegrino, cuoco e co-proprietario, è animalista”. A questo punto l’interlocutore è sbigottito, evidentemente è difficile concepire che un critico gastronomico abbia dei principi morali. “Poi Bros’ il mese scorso ha ricevuto una stroncatura rilanciata dal New York Times e mi dispiacerebbe concordare con un giornale anticattolico”. L’interlocutore è proprio interdetto. “Inoltre, terzo motivo, prima di essere un critico gastronomico sono un italiano e dunque evito ristoranti dai nomi alieni e alienanti”. L’interlocutore è stupefatto e non ho nemmeno precisato che non vado al Bros’ così come non vado all’Unforgettable di Torino, al The Cook di Genova, al Contraste di Milano, al Kitchen di Como, al Glass di Roma, al Rear Restaurant – Reach for the stars di Nola, al Cannavacciuolo Countryside di Vico Equense, al Qafiz di Santa Cristina d’Aspromonte… “Infine, motivazione numero quattro, Pellegrino è visibilmente, fieramente tatuato e questo, secondo il Levitico, è sgradito a Dio e pertanto al Santo patrono di Lecce”. Ho detto bene, Sant’Oronzo?

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