Philippe Daverio (foto LaPresse)

L'Italia in braghe corte non si meritava Philippe Daverio e il suo farfallino

Camillo Langone

Non aveva una laurea pur avendo dato tutti gli esami, era milanese ma pensava che Milano fosse brutta: un uomo libero

Philippe Daverio era un uomo talmente libero che non si era laureato, pur avendo dato tutti gli esami, che aveva fatto l’assessore alla Cultura con la Lega, che aveva difeso l’utilizzo degli animali nei circhi, che da milanese aveva definito Milano brutta, ed era talmente intelligente da capire che i grattacieli sono pura hybris e che il declino dell’estetica cattolica inizia addirittura con Leone XIII, ossia con la dottrina sociale della Chiesa. Daverio era la dimostrazione che i più utili alla società sono coloro che si mostrano antisociali, che la civiltà si serve con una certa impopolarità. Come dandy si collocava, secondo l’esperto Giuseppe Scaraffia, a metà strada fra la scuola di Wilde e quella di Brummell, e dunque riconoscibile ma non troppo, eccentrico senza furori. Considerava il vestirsi bene alla base del vivere civile (a Palermo disse: “La cura mondana è di per sé antimafiosa, perché la mafia sbaglia sempre la cravatta”). Come Goethe e Milosz sapeva che l’estetica precede l’etica. L’Italia in braghe corte non se lo meritava, Philippe Daverio, e infatti gli aveva tolto la televisione. Ma non poté togliergli il farfallino.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).