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L’ultimo dei prodiani

Il Pd di Schlein? Ambientalismo come fatuità e fuga dalla realtà. Parla Paolo De Castro

Pietro Guastamacchia

"Senza nulla togliere all’importanza dei diritti civili, fondamentali, ma non c’è solo quello. C’è anche l'economia reale di cui occuparsi. Occorre affrontare le diseguaglianze", dice l'europarlamentare dem, già ministro con Prodi, che non sarà ricandidato

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Bruxelles. Le officine agli altri ma i campi a De Castro, l’assioma che ha retto la politica agricola del Pd per oltre quindici anni affonda sotto la linea Schlein. E il professore di agraria scoperto da Romano Prodi, l’uomo che ha rappresentato per decenni il punto di congiuntura tra i dem e il mondo agricolo, Paolo De Castro appunto, chiude oggi la sua esperienza all’Eurocamera “amareggiato”. Non è stato ricandidato. Non sarà rieletto. E’ un addio? “E’ chiaro che non sono in sintonia con questa segreteria”, dice al Foglio De Castro. Ecco l’ultimo dei prodiani. La tessera del Pd per ora ce l’ha ancora, spiega. “Ma non sono convinto di volerla rinnovare”. D’altronde “sono mesi che non ho un colloquio diretto con Schlein”.


Ma per chi è stato due volte ministro e poi presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento europeo, il problema non è la candidatura. Piuttosto, il problema è constatare che il Pd “sta perdendo la capacità di rappresentare il mondo agricolo”. Dice così Paolo De Castro, che sottolinea come gli ultimi nomi che circolano a proposito delle liste volute da Schlein mettono in chiaro una svolta verso un ambientalismo radicale in cui “non trova più spazio la mia esperienza istituzionale di relazione con il mondo agricolo. Quell’esperienza che in tanti anni ho avuto l’onore di rappresentare”.

Il capolista del suo collegio sarà, con ogni probabilità, Stefano Bonaccini a cui De Castro rivolge un freddo ma leale in bocca al lupo. “Bonaccini in fondo ha levato a Schlein l’imbarazzo di una scelta altrimenti più complicata”, dice. “E’ stato il mio candidato al congresso. Non vedo ragione di correre contro di lui”. Ma per il Pd un erede di De Castro non ce l’ha e il rischio “è quello di non avere personalità che possono giocare un ruolo da protagonista nella prossima legislatura che peraltro avrà il compito di riformare la politica agricola europea, uno dossier da circa 380 miliardi di euro”.  Sulla lotteria dei nomi che da giorni turba il Nazareno, a proposito della competizione intorno alle liste, De Castro schiva ogni commento. Ma sui nomi delle super-verdi Eleonora Evi e Annalisa Corrado, l’ex ministro è tradito da un’espressione che poi soffoca in un sorriso: “Beh qui è evidente che si punta su altri temi”.

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Tutto nasce con Prodi e con Prodi si chiude. Il caso vuole che il suo ultmo giorno in Aula infatti sia anche il ritorno a Strasburgo del Professore, il capitano della grande impresa ulivista che ha visto De Casto in prima linea. Ieri in Aula, a Strasburgo, De Castro ha lungamente abbracciato Prodi. “Il professore aveva un’attenzione maniacale per i temi rurali. Conosceva benissimo le tematiche dei consorzi, e si appassionava anche sui dettagli del nostro tessuto agricolo”. E oggi? “Oggi temo che questa attenzione nel Pd non ci sia più”. Poi De Castro aggiunge:  “Senza nulla togliere all’importanza dei diritti civili, che sono fondamentali per il paese, però non c’è solo quello. No. C’è anche l'economia reale di cui occuparsi. Affrontare le diseguaglianze è fondamentale. E’ nel nostro dna.  Però bisogna che la ricchezza qualcuno la crei, altrimenti non c’è niente da distribuire”.  

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Sul futuro di De Castro le possibilità sono molteplici. Sin da quando era cominciata a girare voce che Schlein non l’avrebbe riconfermato il suo telefono non ha mai smesso di suonare: “Proposte di candidarmi ne sono arrivate da quasi tutti”, dice. “Sono state una dimostrazione di stima che mi ha fatto molto piacere. Ma non ho voglia di cambi di casacca”, spiega l’ex ministro facendo capire che  l’attaccamento alla poltrona a ogni costo non è nel suo stile. “Certo non vedo per quale motivo dovrei dire di no a un incarico istituzionale”.  A un certo punto il telefono di De Castro squilla, e s’illumina. Appare la scritta “Prof. Prodi’ . E’ una telefonata alla quale  non si può non rispondere. Così De Castro chiude con cortesia l’intervista, e lentamente si allontana. “Professore! Sì, anche a me... eh lo so.. lo so…”. Eccolo, l’ultimo dei prodiani.

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