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Vaccini ed elezioni

Malan corteggia i No vax? "Inspiegabile. Nelle urne sono marginali". Parlano i sondaggisti

Ruggiero Montenegro

"Una strategia elettorale monca. Gli antisistema sono difficili da mobilitare, come dimosta il caso Italexit di Paragone", dice Livio Gigliuto, presidente dell'Istituto Piepoli. Per Masia, ad di Emg different, "forse possono valere ancora qualcosa. Ma non sono determinanti"

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Promemoria per Lucio Malan (e non solo): puntare sui No vax in chiave elettorale non funziona. E forse non ha mai funzionato. “Sono ormai molto marginali e non fanno la differenza”, spiegano concordi i sondaggisti. Li abbiamo cercati per capire se dietro l’ultima scomposta dichiarazione sui vaccini del capogruppo di Fratelli d’Italia potesse esserci un qualche calcolo in vista delle europee, ma abbiamo dedotto che probabilmente è ancora peggio: è sincero scetticismo nei confronti degli strumenti della scienza.  

“Noi non consideriamo più, già da un po’, nelle nostre rilevazioni la distinzione tra chi è No vax e chi invece è a favore dei vaccini”, ci dice Alessandra Ghisleri di Euromedia research. “Non è un tema determinante”, aggiunge Fabrizio Masia, amministratore delegato di Emg different. Anche lui conferma che da qualche tempo questa non è più materia d’indagine. “I No vax? Si tratta di una sotto categoria molto difficile da mobilitare”, puntualizza quindi il presidente dell’Istituto Piepoli, Livio Gigliuto. 

La questione è tornata d’attualità negli ultimi giorni, dopo che Malan si è fiondato sullo sfortunato episodio che ha coinvolto Evan N’Dicka, il calciatore della Roma uscito in barella dopo un malore domenica scorsa. “Questi episodi sono troppo frequenti e va fatta chiarezza sulle dimensioni numeriche e sulle cause”, ha detto il meloniano di Palazzo Madama. Non menzionava i vaccini, si limitava a evocare, a insinuare il dubbio. Non è nuovo a queste esternazioni e non è nemmeno l’unico nelle forze di maggioranza a concedersi certe uscite. Il leghista Claudio Borghi è un irriducibile, a sollevare qualche perplessità in passato era stato anche Marcello Gemmato, deputato di FdI ma soprattutto sottosegretario alla Salute. Senza dimenticare la premier Giorgia Meloni, che in occasione della giornata in ricordo delle vittime della pandemia si era dimenticata di citare proprio i vaccini. Per fortuna, nel caso del calciatore giallorosso si trattava semplicemente di un colpo di gioco, un trauma toracico con un minimo pneumotorace sinistro.

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Resta tuttavia la sostanza politica di certe parole. “Se si tratta di una strategia elettorale, è una strategia monca”, spiega Gigliuto. Le ragioni  sono varie. “Intanto bisogna considerare che i non vaccinati in Italia erano già molto molto pochi. Un 5-6 per cento. Ma questo di per sé non vuol dire che voterebbero un partito che si schiera su posizioni No vax”, dice il sondaggista dell’Istituto Piepoli. “Diverso è invece considerare quella quota di popolazione che è scettica, avvezza al complottismo, che trova nel no ai vaccini una risposta a questo suo modo di vedere le cose”. Ed è forse così che si spiegano le contestazioni degli ultimi giorni all’ex ministro Roberto Speranza, rispetto a cui – va ricordato – non sono arrivate troppe parole di condanna da parte di questo governo. “Ma abbracciare questa quota di popolazione scettica è molto complicato, per il semplice fatto che votare richiede anche, in una certa misura, un atto di fiducia verso una forza politica. E’ chiaro quindi che chiedere a qualcuno che si dice antisistema di andare alle urne risulta difficile”. Un esempio in questo senso arriva dalla parabola di Gianluigi Paragone, fervente contestatore degli obblighi vaccinali, prima di tornare al giornalismo. “Quando ancora era in campo con Italexit il suo partito era stimato intorno al 3 per cento, ma alle urne è andato molto peggio”. Poco sotto il due per cento, nonostante alle politiche del 2022 l’argomento fosse ben più caldo. 

“Oggi il tema non riguarda tanto la vaccinazione in sé – conviene Masia – ma quello che è successo in quella fase, tra obblighi e Green pass, che ancora in alcune piccole minoranze di popolazione suscita delle perplessità”.  Rispetto a Gigliuto, l’amministratore delegato di Emg different è meno netto. “Quella dei vaccini – continua – non è certo una questione determinante, ma non è del tutto sopita. Forse qualcosa riesce ancora a mobilitare”. Quanto? “E’ difficile dirlo, non abbiamo sondaggi aggiornati, nessuno ce li ha chiesti. Ma abbiamo visto di recente che anche piccole percentuali possono essere decisive. Anche fosse l’uno per cento, qualcuno potrebbe pensarci. Ma – conclude  Masia – più che per le europee questo può essere un fattore per le prossime politiche”.

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