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Navalny, Putin e l'ambiguo Salvini: Meloni risponde con un viaggio a Kyiv

Simone Canettieri

La premier potrebbe andare in Ucraina sabato e da lì presiedere il G7, ma dal governo non confermano. Nuove sanzioni contro la Russia

Matteo Salvini si sveglia e inizia la sua giornata dicendo “capisco la posizione della moglie di Navalny, bisogna fare chiarezza. Ma la fanno i medici, i giudici, non la facciamo noi”. Il leader della Lega non ce la fa a pronunciare  parole di condanna nei confronti di Putin. Prima di pranzo Antonio Tajani, al contrario, è netto: “Nessuna certezza? Era in un gulag come quelli dell’Urss, la morte è stata provocata dal Cremlino”. Giorgia Meloni non commenta ufficialmente ma i ragionamenti dei suoi consiglieri diplomatici sono ancora più drastici: uccidere i dissidenti è un segno di debolezza. La premier sabato, a due anni dall’invasione dell’Ucraina, presiederà la prima riunione del G7. E molto probabilmente lo farà da Kyiv.  

Il viaggio non viene confermato da Palazzo Chigi per motivi di sicurezza. E anche la scelta di Emmanuel Macron di far slittare la visita a Zelensky per via delle voci di un possibile attentato non aiuta. Il possibile viaggio di Meloni in Ucraina – qualora dovesse non si porterebbe dietro i giornali, ma solo le tv e le agenzie di stampa – assume un significato particolare. E’ un messaggio della premier  per dare un segnale di attivismo nei confronti della causa ucraina, dunque nessuna stanchezza. Tutto si incastra vorticosamente. Compresa l’irruzione di Putin sulla scena italiana con queste dichiarazioni: “L’Italia ci è sempre stata vicina, ricordo come mi accoglievano, lì mi sentivo a casa". Un’affermazione seguita da un’altra ancora più allusiva: “Abbiamo alleati anche tra paesi ostili”. I consiglieri di Meloni bollano queste parole come “ping pong propagandistico”. Ma più delle parole contano i fatti. E l’appuntamento di sabato va in questa direzione. Entra così nel vivo con una videocall nel primo pomeriggio la presidenza italiana del G7. Durerà un’ora e mezza. Vi parteciperà per mandare un messaggio e poi uscirne anche Zelensky. Al termine del vertice sarà adottata una dichiarazione congiunta. Meloni aprirà l’appuntamento e poi tirerà le conclusioni. L’evento è incentrato sulla guerra in Ucraina (ma potrebbe avere anche un piccola appendice per analizzare la situazione in medio oriente). I Sette grandi della terra vogliono dunque cercare di invertire la narrazione della stanchezza e del disimpegno. Anzi proprio a questo proposito, dopo la concessione di fondi all’Ucraina da parte Ue,  sarà deciso un inasprimento delle sanzioni alla Russia “e, soprattutto, dobbiamo cercare di chiudere i canali di finanziamento da Stati terzi o di approvvigionamento energetico”, ragionano nelle stanze del governo dove si augurano che il nuovo pacchetto vada a braccetto con una stretta simile da parte degli Usa. E’ importante riaffermare il we stand by them until necessary. Così come si continua a seguire la strada dei beni confiscati ai magnati russi per finanziare l’Ucraina, anche se ci sono ostacoli giuridici. L’Europa in generale ha approvato l’uso degli extra profitti dei fondi russi, ma è una situazione molto complessa. Si cerca allo stesso modo di chiudere i rubinetti al regime di Putin colpendo l’esportazione del petrolio che spesso avviene attraverso l’utilizzo di piccoli armatori.

La morte di Navalny, l’imminente anniversario dell’invasione russa, le parole di Putin: sono tutti argomenti che ruotano intorno al governo dove la posizione di Salvini stride, e non poco, con quelle di Fratelli d’Italia e Forza Italia. La timidezza  e l’ambiguità della Lega stridono con le condanne nette di Francesco Lollobrigida: “La responsabilità del regime di Putin c’è e non solo nel caso specifico di Navalny” dice il ministro al Fatto.it. In poche parole l’opposto di quanto sostenuto da Salvini. Più del terzo mandato, dei trattori e del Milleproroghe la tensione fra la premier e il suo vice si misura su questi argomenti di politica estera. Un posizionamento strategico a cui Meloni non ha la minima intenzione di rinunciare, ovviamente. E in questo periodo di presidenza del G7 ancora di più. Anzi, il distinguersi di Salvini su argomenti come questi, ragionano i consiglieri della premier, possono essere un danno. Non solo un fastidio. E non si tratta in queste caso delle famose “diverse sensibilità” che convivono nella maggioranza. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.