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Editoriali

La fine del terzo polo? Non è un dramma

Redazione

La competizione tra Renzi e Calenda può portare qualcosa di buono: ecco perché

La divisione dei gruppi parlamentari del cosiddetto Terzo polo sembra mettere la parola fine alla telenovela degli accordi e dei disaccordi tra Matteo Renzi e Carlo Calenda. Non c’è ragione per farne una tragedia. Quella di un polo intermedio tra il centrodestra e l’alleanza (peraltro intermittente) tra Pd e Movimento 5 stelle, era una proposta puramente basata su una logica di schieramento, che non ha trovato riscontri nella realtà politica e nel consenso elettorale. A questo punto che ci sia un piccolo partito centrista o due importa poco. I piccoli partiti possono esercitare comunque una funzione utile e in certe circostanze rilevanti: tutto dipende dalla loro capacità di proposta. Visto che lo spazio che può ritagliarsi Calenda è quello di un contributo di realismo e di razionalità allo schieramento di sinistra, mentre quello di Renzi sta nel rafforzamento dell’area moderata dello schieramento opposto, è bene che ognuno di loro possa svolgere in modo autonomo il proprio difficile compito, esercitando, anche dall’esterno, un’influenza sulla dinamica di un sistema politico naturalmente polarizzato.

La soluzione al problema rappresentato dalla prevalenza delle posizioni estreme all’interno delle forze principali che danno vita alla polarizzazione non sta in una disgregazione e riaggregazione dei poli, ma nel prevalere o almeno nel rafforzamento in ciascuno di essi delle posizioni più ragionevoli. Naturalmente perché queste influenze esterne abbiano un peso è necessario che siano in grado di elaborare proposte, di lanciare idee, insomma di far crescere la civiltà politica, come seppero fare in tempi ormai lontani, leader di formazioni minoritarie come Ugo La Malfa, Giuseppe Saragat, Giovanni Spadolini o Mario Segni. Non è detto che le due formazioni possano sviluppare un’iniziativa paragonabile a quella di allora, spetta a loro dimostrarlo ed è più probabile che riescano a farlo se cessa la quotidiana contrapposizione tra loro. Renzi ha accettato la rottura con Calenda senza farne un dramma. Chissà che la competizione, anche al centro, non porti qualcosa di buono.

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