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esclusiva del foglio

Meloni rifiuta il pagamento parziale della terza rata del Pnrr

David Carretta

Per uscire dallo stallo dovuto ai ritardi italiani la Commissione aveva proposto il pagamento di quasi tutti i 19 miliardi sospendendo una parte minima della rata. Il governo italiano ha rifiutato perché temeva danni alla propria reputazione internazionale e le polemiche politiche interne

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Bruxelles. Il romanzo della terza rata del Pnrr si arricchisce di un nuovo capitolo: per uscire dallo stallo in corso da febbraio, nelle scorse settimane la Commissione avrebbe proposto all'Italia di procedere a un pagamento parziale, ma il governo di Giorgia Meloni avrebbe rifiutato per non mettere a repentaglio la sua reputazione. L'offerta informale della Commissione di ridurre l'ammontare del pagamento della terza rata e il rifiuto del governo sono state confermate al Foglio da fonti di Bruxelles e di Roma. Agli occhi dell'esecutivo comunitario, questo compromesso avrebbe permesso di accelerare i versamenti di quasi tutti fondi della terza rata da 19 miliardi del Pnrr, sospendendo una parte minima. Ma il governo italiano ha preferito declinare per ragioni “reputazionali”, spiega una fonte. Sul fronte esterno, accettando un pagamento parziale, l'Italia invierebbe un segnale di difficoltà ai partner e ai mercati sulla sua capacità di realizzare gli obiettivi del Pnrr. Sul fronte interno, Meloni rischierebbe di trovarsi in forte imbarazzo, dato che i 19 miliardi sono la prima richiesta di pagamento presentata dal suo governo. Lo scorso dicembre, presentando formalmente la richiesta di pagamento della terza rata, il governo Meloni aveva assicurato che tutti i 55 traguardi e obiettivi per il secondo semestre del 2022 erano stati “raggiunti”. In teoria il via libera sarebbe dovuto arrivare a fine febbraio. Da allora, malgrado le rassicurazioni della Commissione sul dialogo costruttivo e le dichiarazioni ottimiste dei ministri Giancarlo Giorgetti e Raffaele Fitto su un rapido via libera, il pagamento è ancora bloccato.

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Bruxelles. Il romanzo della terza rata del Pnrr si arricchisce di un nuovo capitolo: per uscire dallo stallo in corso da febbraio, nelle scorse settimane la Commissione avrebbe proposto all'Italia di procedere a un pagamento parziale, ma il governo di Giorgia Meloni avrebbe rifiutato per non mettere a repentaglio la sua reputazione. L'offerta informale della Commissione di ridurre l'ammontare del pagamento della terza rata e il rifiuto del governo sono state confermate al Foglio da fonti di Bruxelles e di Roma. Agli occhi dell'esecutivo comunitario, questo compromesso avrebbe permesso di accelerare i versamenti di quasi tutti fondi della terza rata da 19 miliardi del Pnrr, sospendendo una parte minima. Ma il governo italiano ha preferito declinare per ragioni “reputazionali”, spiega una fonte. Sul fronte esterno, accettando un pagamento parziale, l'Italia invierebbe un segnale di difficoltà ai partner e ai mercati sulla sua capacità di realizzare gli obiettivi del Pnrr. Sul fronte interno, Meloni rischierebbe di trovarsi in forte imbarazzo, dato che i 19 miliardi sono la prima richiesta di pagamento presentata dal suo governo. Lo scorso dicembre, presentando formalmente la richiesta di pagamento della terza rata, il governo Meloni aveva assicurato che tutti i 55 traguardi e obiettivi per il secondo semestre del 2022 erano stati “raggiunti”. In teoria il via libera sarebbe dovuto arrivare a fine febbraio. Da allora, malgrado le rassicurazioni della Commissione sul dialogo costruttivo e le dichiarazioni ottimiste dei ministri Giancarlo Giorgetti e Raffaele Fitto su un rapido via libera, il pagamento è ancora bloccato.

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(La deputata del Pd, Lia Quartapelle, cita il Aula la notizia del Foglio: "Molto grave che sui ritardi del Pnrr ci informi la stampa e non il governo")

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Per il momento, i casi di pagamenti parziali da parte della Commissione si contano sulle dita di una mano. L'ultimo è stato deciso questa settimana per la Romania, perché non è riuscita a realizzare completamente due traguardi sugli investimenti nel settore dell'energia. La Commissione non ha fornito cifre. Ma, secondo le indiscrezioni raccolte dal Foglio, su una richiesta di pagamento da parte di 2,8 miliardi, i fondi per la Romania sospesi ammonterebbero ad appena 53 milioni. Nessun dramma. L'articolo 24 del regolamento sulla Recovery and resiliance facility (Strumento di ripresa e resilienza) prevede una serie di garanzie per gli stati membri. Quando la Commissione “accerta che i traguardi e gli obiettivi (...) non sono stati conseguiti in misura soddisfacente, il pagamento della totalità o di parte del contributo finanziario e, ove applicabile, del prestito è sospeso”. Ma “lo stato membro interessato può presentare le proprie osservazioni entro il termine di un mese dalla comunicazione della valutazione della Commissione”. Se lo stato membro interessato “le misure necessarie per garantire un conseguimento soddisfacente dei traguardi e degli obiettivi”, la sospensione del pagamento viene “revocata”, dice l'articolo 4. E' un modo per permettere ai fondi del Pnrr di continuare ad arrivare, anche quando si incontrano alcuni intoppi e problemi. Ci sono poi sei mesi di tempo per raggiungere il traguardo o l'obiettivo contestato, prima di una decisione della Commissione di ridurre proporzionalmente l'importo del contributo finanziario o del prestito allo stato membro interessato.

 

Le considerazioni politiche sarebbero all'origine del rifiuto del governo Meloni di accettare l'offerta di un pagamento parziale sulla richiesta dei 19 miliardi. Essere paragonati alla Romania non fa certo piacere. Inoltre, una sospensione, seppur limitata, dei fondi del Pnrr creerebbe inevitabili polemiche interne. Il confronto con il governo di Mario Draghi, che è riuscito a far approvare senza problemi il pagamento della prima e seconda rata, sarebbe inevitabile. I recenti attacchi del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al commissario all'Economia, Paolo Gentiloni, mostrano il nervosismo dell'Italia. Roma lamenta l'approccio eccessivamente burocratico dei controlli della Commissione, che continua a chiedere supplementi di informazioni su obiettivi e traguardi su cui aveva espresso un via libera preliminare. Le rassicurazioni politiche dei vertici della Commissione si scontrano con le responsabilità dei funzionari europei, che devono rispondere alla Corte dei conti dell'Ue. Inoltre, Bruxelles punta il dito contro il governo Meloni che ha smantellato diverse strutture messe in piedi dal governo Draghi.

  

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Il 29 aprile, durante una riunione informale dell'Ecofin, Giorgetti aveva assicurato che il via libera alla terza rata era "questione di ore". Il 20 giugno Fitto ha assicurato che il confronto con la Commissione si sarebbe concluso "nelle prossime ore". Ieri lo stesso Fitto ha incontrato Gentiloni per discutere della terza rata, della quarta richiesta di pagamento, della modifica del Pnrr e del capitolo integrativo RePowerEu sull'energia. Il cronoprogramma del Pnrr prevede una quarta rata da 16 miliardi di euro per la realizzazione di 27 traguardi e obiettivi entro il 30 giugno 2023. La Commissione aveva chiesto di avere le proposte di modifica del Pnrr e sul capitolo di RePowerEu entro la fine di giugno. Ma i ritardi si stanno accumulando su tutti i fronti del Pnrr.

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