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dopo l'addio di Fazio

La sinistra accusa la destra di occupare la Rai? Ci pensa Salvini ad allontanare il sospetto. Genio

Salvatore Merlo

Il leader della Lega vive sul filo del colpo di teatro. Per la gioia di Giorgia Meloni. La premier teme l’euforia e si è raccomandata, all’incirca, di una sola cosa: la parola d’ordine non è incassare tutto, ma dominare la situazione

Oggi come oggi conosciamo solamente un genio, ed è un genio della sintesi: si chiama Matteo Salvini. Quello che quando Fabio Fazio annuncia l’addio alla Rai twitta: “Belli ciao” e manda un bacione. L’uomo è fatto così. Rifugge da dichiarazioni e atti precipitosi  e non meditati. Ci pensa e ci ripensa. Due, tre anche dieci volte; ma al momento giusto sgrana un rosario, citofona o twitta. Ed è inesorabile. Un cecchino.

Il Pd in crisi di idee e di identità imputa al governo un’arroganza d’altri tempi? I giornali d’opposizione tentano di scorgere nelle iniziative del centrodestra un on ne sait quoi di minacciosamente staraciano nelle nomine alla Rai? Ebbene, quale mossa migliore, geniale appunto, poteva fare un vicepremier se non quella di intestarsi l’uscita di Fazio dalla Rai, con quel “Belli ciao”, citazione dal film di Pio e Amedeo, che è un po' come le corna di Vittorio Gassman mentre corre e strombazza sulla sua spider bianca: Tiè! D’altra parte il pensiero, a Salvini, è sempre costato molto, ma non lo ha mai tradito. E si vede. Se agisce con tale tempismo, e felice sintesi, è proprio perché egli si sente un po’ parente di Pio e Amedeo. Quasi un collega, verrebbe da dire.

Non tutti i geni, naturalmente, si somigliano. Ci sono quelli che hanno il dono della concisione e dell’incisività – Cesare, per dire, era uno di questi – e ci sono poi quelli che prediligono l’ampiezza di diffusioni peraltro non mai vane, pur sapendo, al caso, mostrare mirabili capacità di sintesi. Citeremo, fra questi secondi, Dickens e Manzoni. Succede lo stesso in politica. Sin dai tempi del Papeete, Salvini vive sul filo del colpo di teatro. Per la gioia di Giorgia Meloni, è chiaro. La premier teme l’euforia e si è raccomandata, all’incirca, di una sola cosa:  la parola d’ordine non è incassare tutto, ma dominare la situazione. E cosa potrebbe mai andare storto con un compagno accorto, lucido, perspicace, ingegnoso, avveduto, sveglio, sagace, fine e dotato come il leader della Lega? Tutto va per il meglio. Schlein si è ritirata sull’Aventino e non rileva, Conte dimostra di avere pochette grossa e cervello fino (dunque tratta su ogni cosa), e soltanto le solite malelingue possono pensare che l’unico guaio e inciampo  per la destra sia il vicepremier Salvini. Si sbagliano. Egli – in sintesi, manco a dirlo – è un asso. Anche se non si sa bene in quale manica.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.