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Dopo la débâcle in aula

Il giorno più lungo di Luca Ciriani, ministro e “patriota composto”

Marianna Rizzini

Capogruppo in Senato fino al 2022, meloniano storico, friuliano pacato e pacificatore. Ritratto dell'esponente di governo che qualcuno considera responsabile per l'affossamento della maggioranza sul Def

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Fa un lavoro che non si vede, ma anche un lavoro che – quando si vede – è perché magari qualcosa è andato storto, da qualche parte dell’Aula, anche se la colpa può non esser sua. Ed è quello che è successo a Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento e senatore di FdI, già capogruppo meloniano in Senato durante la legislatura precedente, il giorno in cui (l’altroieri) il governo è andato inaspettatamente sotto alla Camera sullo scostamento di bilancio e Giorgia Meloni, da Londra, non le ha mandate a dire. E narrano che il ministro – che al momento del fattaccio era in Senato, dove la premier lo aveva appunto molto voluto, fino al 2022, nel ruolo di colui che osserva, consiglia, conta e tiene a bada le truppe, viste le qualità di patriota composto, friulano pacato e pacificatore – abbia dapprima trasecolato, alla notizia dell’impensabile che si faceva incredibile realtà, per poi  abbandonare il tradizionale aplomb, tanto più avendo trascorso i giorni precedenti ad avvertire, segnalare, controllare, in maniera formale e informale, onde prevenire. Come dire: ragazzi, il voto di giovedì sul Def è importante.

 

E invece. Invece il ministro si è ritrovato a scuotere la testa, mentre le ombre scure sotto i suoi occhi si approfondivano - e sì che tante volte nella sua trentennale carriera Ciriani si è trovato di fronte a casi di difficile gestione, essendo stato dirigente nel Msi e poi in An, consigliere comunale, consigliere regionale, assessore allo Sport, membro della giunta di Renzo Tondo e infine senatore. Come risolvere?, è stato dunque giovedì il problema per il Mr.Risolvo-problemi di FdI che si è trovato, in questi mesi, a doversi districare, sottotraccia  o con  trattative dirette, nelle sacche del Milleproroghe, del decreto aiuti quater, del decreto Cutro, per non dire della questione accise della benzina, quando toccò proprio a lui spiegare  che lo stop al taglio delle accise suddette non era stato “un tradimento nei confronti degli elettori”: “In questo momento abbiamo pensato di aiutare le categorie più povere. E’ stata una scelta consapevole”, diceva Ciriani in tempo di minaccia-sciopero dei benzinai. 

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Fratello di sindaco (Alessandro Ciriani, primo cittadino di Pordenone), marito e padre, poco appariscente nel look, in buoni rapporti con il governatore Massimiliano Fedriga, Ciriani è l’uomo che, a pochi giorni dalla vittoria meloniana, aveva dovuto far capire che non era proprio cosa da nulla il fatto che molti senatori della maggioranza aspirassero a incarichi da viceministro o sottosegretario: “Abbiamo espresso la nostra preoccupazione agli alleati”, diceva, “tutti hanno l’ambizione, qualcuno ha anche il merito, ma non basta”, e faceva presente la questione numeri. Vai a pensare che  il pallottoliere invece sarebbe scappato di mano alla Camera, dopo tutto il lavoro fatto, e dopo un 25 aprile trascorso in Friuli, ad augurarsi “una giornata di unione e condivisione”. 

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