Non solo La Russa

Fratelli d'italiano. Proposta di legge: multe per chi parla “forestiero”

Salvatore Merlo

Vietare le parole straniere nella pa e non solo. Neppure Salvini, consapevole forse dei suoi limiti scolastici, s’era spinto a tanto. Il partito di Meloni è un cast di Arbore

Peccato che alla Rai non ci sia più “Alto gradimento”, perché Renzo Arbore se li sarebbe presi tutti, assieme a Bracardi. Non solo il presidente del Senato Ignazio La Russa che riapre dopo settantanove anni la polemica del 1944 sui fatti di via Rasella ma pure quei venti deputati di FdI che, guidati da Fabio Rampelli, hanno depositato alla Camera un disegno di legge per vietare – badate bene –  l’uso delle parole straniere nella pubblica amministrazione, e non solo. In pratica, secondo questi allievi del Devoto-Oli,  chi si macchia di “forestierismo linguistico” dovrà  essere multato “di una somma da 5.000 euro a 100.000”. Da “prima gli italiani” a “prima l’italiano”, verrebbe da dire. Solo che Matteo Salvini, consapevole forse dei suoi limiti scolastici, non s’era spinto a tanto.

   

Per fortuna però dove non arriva la Lega c’è Fratelli d’Italia. Non un partito, ma un cast di commedia. Giorgia Meloni sembra circondata da tanti Galeazzo Musolesi, quello delle Sturmtruppen, il federalen di San Giofanni in Persiceten: “Ordisco e non ardisco”. La guerra alle parole straniere, oltre a satireggiare il povero Achille Starace che durante il ventennio impose agli italiani di chiamare l’ananas “ananasso” e il cocktail “bevanda arlecchina”, sembra infatti quel passaggio in cui Umberto Eco fa parlare l’idraulico autarchico al duty free dell’aeroporto: “Dopo aver acquistato qualche ‘gaggetto’ o una ‘brioscia’ nella ‘bottega libera dai doveri’, un’attraente ‘ostessa’ la farà sentire confortevole sul ‘torpedone’ volante”. Si parlerà così, per evitare le multe.

  

E come ben si capisce qui il modello non è Mussolini, ma il Federale di Tognazzi. Non Giovanni Gentile, ma Dino Risi. Dietro a tutto questo non c’è il richiamo della foresta, bensì il richiamo del cespuglio. Ragione per la quale cinque mesi fa, prima ancora di vincere le elezioni, Meloni diceva ad alcuni amici: “Se vado al governo, io mica ci vado con questi”. E mentre lo diceva indicava il corridoio di Montecitorio su cui si aprono gli uffici del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia. Non c’è riuscita. Così ora lei sembra talvolta quella sposa raffinata che a un certo punto, arrossendo, osserva al suo matrimonio il parente zotico che rigira il caffè con l’unghia lunga del dito mignolo.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.