(foto LaPresse)

il commento

Elogio del Fontana silente, l'anti La Russa

Alberto Mattioli

Nello sproloquio della destra su Resistenza e non solo, stupisce fin qui il contegno del leghista presidente della Camera

E ci risiamo. Ignazio La Russa fa del revisionismo prêt-à-penser sull’attentato di via Rasella, ennesimo episodio di un passato missino che non passa e di post fascismo non abbastanza post, con prevedibile irritazione di Giorgia Meloni che di altre polemiche non avrebbe bisogno, specie in un momento delicato come questo. E dire che un modello di decoroso silenzio istituzionale, il centrodestra di governo l’ha in casa. Prendete Lorenzo Fontana. Che fine ha fatto il presidente della Camera? Fu eletto il 14 ottobre scorso e da allora è sparito dai radar. I soliti cinici dicono che l’Italia del Meloni I è così a destra che ci sono già i desaparecidos: sta di fatto che Fontana, impegni della carica a parte, non si fa vedere e non parla. E dire che ci si poteva aspettare più interventismo da un politico che, quanto a idee, è saldamente a destra di Torquemada. Per dire, era legittimo temere una replica dell’indimenticata Irene Pivetti prima maniera, ricordate? Collo torto, bocca stretta, tutto un pallore conventuale, un foulard annodato fin sotto il mento tipo soggolo, una croce della Vandea (anni dopo, ce la trovammo in tv in versione fetish, coperta di pelle nera, sono corsi e ricorsi storici che nel suo caso assurgevano però a vette pirandelliane, Pivetti una, nessuna e centomila, ma con il senno di poi si direbbe, forse, soprattutto nessuna).

 

E invece il destrissimo Lorenzo tace. Come si evince dai suoi tweet, depone corone di fiori, esprime cordogli e auspici nei casi previsti, riceve questo e quello, per lo più ambasciatori in visita a Montecitorio, compreso quello ucraino con dichiarazione di fede pro resistenza, quindi benissimo, e al massimo si concede qualche cinguettio confessionale, segnalandoci l’inizio della Quaresima con foto delle ceneri o la festa della Madonna di Lourdes o il giorno di san Giovanni Bosco. Non sarà troppo in linea con la laicità dello stato, ma insomma si è visto assai di peggio. Si facesse un nodo della cravatta un po’ meno asimmetrico, quanto a decoro Fontana sarebbe perfetto.

 

Con un centrodestra che si segnala soprattutto per l’incontinenza verbale, tracimando opinioni e dichiarazioni, quisquilie e pinzillacchere su qualsiasi ramo dello scibile, anzi a 360 gradi o su tutto il globo terracqueo, come direbbe Meloni con le sue espressioni favorite, e generalmente con un’enfasi declamatoria inversamente proporzionale alla conoscenza dei dossier, Fontana risulta l’eccezione più che la regola. E’ peggio (o meglio, a seconda dei punti di vista) di un celebre quasi afasico come Giancarlo Giorgetti, che pure ogni tanto qualcosa dice. Invece Fontana tace sempre, confermandosi così un leghista anomalo. A cominciare dalle tre lauree nel cassetto, Scienze politiche, Storia e Filosofia (quest’ultima presa da politico lavoratore all’Angelicum), in un partito dove per lo più quei curiosi parallelepipedi di carta chiamati “libri” sono sempre stati considerati dei bizzarri complementi d’arredo. Ma poi Fontana è anche un leghista pensante, altro che politica come rissa a colpi di clic.

 

La svolta destrista della Lega post bossiana, l’idea di un partito antiglobalizzazione, sovranista, identitario, confessionale, agganciato al carro delle nuove destre che all’epoca sembravano andare forte nel resto del mondo venne a lui, che poi la stillò goccia a goccia nel cervello di Matteo Salvini quando, entrambi deputati europei, dormivano su due divani letto  nell’appartamento di Fontana a Bruxelles (e qui, una chiosa: già Bruxelles condensa di suo tutta la tristezza del mondo, se poi ci aggiungete il monolocale, i divani letto e Salvini come inquilino, magari si capiscono anche le novene a san Giovanni Bosco…). Però adesso il Nostro, posate le terga sulla terza poltrona della Repubblica, ha smesso di colpo di esternare mostrando così un’inaspettata, squisita sensibilità istituzionale, si direbbe quasi mattarelliana. Nell’infinito chiacchiericcio del centrodestra, una silente, luminosa eccezione. Più Fontana e meno parole per tutti. 

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