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Editoriali

Sul Pnrr l'Ue non vuole fregare l'Italia

Redazione

Da grande opportunità, il Recovery rischia di diventare il ritratto della catastrofe nazionale: non sappiamo investire per il futuro

Da quando il governo Meloni è entrato in carica, il commissario Gentiloni ha ripetuto a più non posso che l’Italia deve avere una priorità strategica che deve prevalere su tutte le altre: attuare le riforme e gli investimenti del Pnrr. Quanto accaduto questa settimana non solo dimostra che il suo appello è rimasto inascoltato, ma mette l’Unione europea davanti al suo peggior incubo: un paese con un debito al 150 per cento del pil, incapace di crescere anche quando c’è un piano neokeynesiano senza precedenti, perché politica e amministrazione non sono in grado di programmare e realizzare. E, invece di rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro, il governo Meloni cerca capri espiatori, pensando di poter ricominciare tutto da capo, salvo rischiare di perdere quasi tutto.

   

L’Ue ha già approvato modifiche ai piani di Lussemburgo e Germania. Ma loro hanno cambiato un paio di investimenti in Pnrr da pochi soldi, non centinaia di progetti in un Pnrr da 200 miliardi. Qualcuno è tentato di dare la colpa a Draghi, solo che Super Mario fu chiamato per salvare la bozza di Pnrr di Giuseppe Conte, tristemente vuota di riforme e piena di investimenti a pioggia. La contestazione della Commissione sullo stadio Franchi di Firenze è emblematica: la richiesta di usare il Recovery fund risale al gennaio 2021, quando Draghi non era ancora in carica. Applicare lo spoils system al Pnrr non è stata un’idea brillante. I piani del ministro Fitto di rimodulare Pnrr e fondi della coesione non cambiano la sostanza del problema: l’Italia non è capace di spendere i soldi che arrivano dall’Ue, che siano quelli del Recovery o della coesione. Com’è possibile per un paese che ha una spesa pubblica al 50 per cento del pil? Perché ci sono criteri e controlli con standard europei per evitare sprechi, corruzione e clientelismi? Da grande opportunità, il Pnrr rischia di diventare il ritratto della catastrofe nazionale: l’Italia è un paese da spesa corrente elettorale, non da investimenti per il futuro.

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