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Una decisione è presa

Schlein propone a Bonaccini la presidenza del Pd: ma l'unità tra i due è difficile

Valerio Valentini

Il ruolo di presidente è condiviso con l'ex sfidante. Ma resta nel mistero la segreteria. Così come il senso di questa collegialità e la linea sulla quale il nuovo Partito democratico poggerà

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Che la sostanza dell’accordo fosse stata definita, lo hanno confidato ciascuno alle proprie truppe. Elly Schlein si è confrontata col cerchio stretto dei suoi collaboratori. Stefano Bonaccini a metà pomeriggio ha organizzato una videocall con una folta delegazione dei responsabili territoriali della sua mozione. Poi, finalmente, l’incontro. A distanza, però. Lui dalla sua Bologna; lei da Roma. Un’unità sancita da remoto, via Zoom. L’accordo alla fine pare scontato: presidenza per il candidato sconfitto, e gestione della segreteria condivisa, più o meno. Ma a quella, alla composizione della segreteria, ci si penserà da lunedì, dopo l’assemblea di domenica (organizzata direttamente dall’entourage di Schlein, senza lasciare che se ne occupasse, come il galateo del Nazareno imporrebbe, lo staff di Letta).

 

Resta da definire, in ogni caso, il senso di questa collegialità. Posto che Bonaccini ha scansato le istanze di chi, dall’ala gueriniana, lo esortava alla pugna interna, ora tocca interrogarsi sulla linea che il Pd seguirà. L’unità, certo, è un valore. L’unità per l’unità un contorcimento inutile, forse perfino dannoso se è vero che la stagione lettiana, la meno litigiosa tra tutte, ha portato il partito dove si sa. Zingaretti aveva inseguito, lui pure, l’armonia degli opposti: se ne è andato sfregiando i capi corrente che  gli avevano garantito quella pace alquanto solforosa. Le premesse per un amalgama tra il pragmatismo riformista di Bonaccini e il radicalismo di Schlein paiono deboli. Su quelle poggia il “nuovo” Pd. Si vedrà.

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