Il Cav. lo esalta, FdI lo accusa. Nordio ora trova il suo equilibrio: "Dico quello che penso, e va bene così"

Valerio Valentini

Berlusconi lo adotta: "E' perfetto". E anche Renzi ne tesse le lodi. Ma, per strano paradosso, è proprio il "suo" partito, quello della Meloni, a criticarlo. "Parla troppo e lavora poco", dicono i patrioti. Le lamentele di Delmastro, l'imbarazzo di Lollobrigida

Lui, confida agli amici, ha trovato finalmente la sua dimensione. “Dico quello che penso, quello in cui credo”. E del resto, dunque, Carlo Nordio ha deciso di non curarsi. Neppure dei commenti non proprio lusinghieri che questa sua ritrovata serenità provoca in quelli che in teoria sono i suoi compagni di partito, insomma i patrioti della Fiamma che bloccano in Transatlantico il sottosegretario Andrea Delmastro per chiedergli “come mai il ministro della Giustizia parla a ruota libera”. E, di lì, tutto un rimuginare che tira in ballo anche Francesco Lollobrigida

E non solo perché è proprio a lui, il ministro dell’Agricoltura e factotum di Donna Giorgia sulle faccende politiche, che tocca cercare di stiepidire le incandescenze dei suoi colleghi di FdI quando leggono le dichiarazioni del Guardasigilli, ma anche perché l’attivismo vario e multiforme di Lollo ha prodotto un cortocircuito proprio sulla giustizia. I ministri di FI, ad esempio, si ricordano ancora di quando, mentre si discuteva della squadra dei sottosegretari, fu lui, “il Cognato d’Italia”, a bloccare con una mezza allusione forcaiola le ambizioni di quel Giuseppe Mangialavori che il Cav. voleva viceministro allo Sviluppo. “Se scrivete su Google ‘Mangialavori’ non escono fuori cose simpatiche”, disse allora Lollobrigida, in riferimento a un’indagine di ‘ndrangheta in cui il nome dell’esponente azzurro veniva fuggevolmente citato. E dunque figurarsi la sorpresa dei forzisti, costretti all’epoca a masticare amaro, quando hanno letto, due giorni fa, l’intervista in cui Nordio annunciava al Corriere che “la  legge Severino va cambiata” e “i condannati in primo grado devono potersi candidare”. E giù, nelle chat azzurre, commenti e mezzi pernacchi all’“Inquisitore Lollobrigida”.

Si capisce, allora, l’allegria che Berlusconi ha mostrato domenica, nel pranzo di corte ad Arcore, nel parlare del nuovo Guardasigilli. “I discorsi di Nordio in Parlamento sono stati perfetti, semplicemente impeccabili”, ha spiegato. Convenendo col viceministro Francesco Paolo Sisto, uomo fidato e di lunga esperienza a Via Arenula, che “se facesse anche solo un decimo delle cose che ha illustrato nelle sue linee programmatiche, sarebbe un trionfo”.

Al che a qualcuno, dentro FdI, devono essere risuonate, come in un’eco sinistra, le parole che Delmastro, nello scoprire di essere stato destinato al ruolo di sottosegretario alla Giustizia (“Ero in treno, tornavo da Taranto: ho festeggiato con un immigrato che mi sedeva di fronte”), s’era lasciato scappare. “Sarà difficile marcare Nordio, anche perché su molte cose sarà più vicino a Sisto che non a me”. Appunto. Solo che  in quei giorni, era inizio novembre, in FdI si confidava quantomeno nella riservatezza del ministro. Che invece adesso, a sentire gli umori dei patrioti, è diventato “incontinente”, e pure di più, “vanesio”. Perché va bene, d’accordo, il garantismo, ma se Nordio ricorda il linciaggio mediatico, per via d’intercettazione, subito dall’allora ministra Federica Guidi, non può che produrre qualche prurito d’imbarazzo in chi, come Meloni, in quella primavera del 2016 diceva che quella vicenda giudiziaria, poi finita in nulla, evidenziava come il governo Renzi fosse “sempre ben disposto a fare favori alla grande lobby”.    

Insomma, Nordio “parla troppo” e “lavora poco”, sbottano uomini di governo vicini a Meloni. Che lamentano, per di più, anche una certa “ingenuità politica del ministro”, riferendosi ad esempio alle sue risposte, un po’ troppo accomodanti, nei confronti di Matteo Renzi sulla vicenda Open. “Ma perché – si chiede un dirigente di FdI – dobbiamo rischiare di inimicarci la magistratura, per fare un favore a quello là?”. Inutile dire che quello là, a maggior ragione, se la ride. “Gli ho detto che se fa le cose che ha sempre detto sarà il miglior ministro della Giustizia”, ha raccontato il leader di Iv, “ma temo che se le farà tutte alla Meloni non piacerà”. Carlo Calenda, che con Nordio ha in sospeso un pranzo in osteria e una sfida a colpi di citazioni di Churchill, comune ossessione, tempo fa disse che “in FdI, per sembrare seri, stanno imbarcando un sacco di gente brava, che però rischierà di far sfigurare i vertici di FdI”. E forse il mistero di Nordio sta un po’ qui: nell’essere troppo poco incline alle bizze del sovranismo giudiziario, che ammica spesso al manettarismo, per essere fino in fondo apprezzato proprio da chi lo ha prima candidato alla Camera, e poi voluto alla guida di Via Arenula. Anche se lui, dice, ora ha trovato il suo “equilibrio”. Consiste nel “dire quello che penso, e nel provare a farlo”. Senza per forza dover restare in carica troppo a lungo.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.