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Autoprocesso

Soumahoro si autosospende tra i sospiri e il "turbamento" dei rossoverdi

Marianna Rizzini

Il deputato della sinistra annuncia il passo indietro dopo un confronto con Bonelli e Fratoianni. Che dicono: "Scelta non dovuta, ma la rispettiamo"

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La moglie, la suocera, il cognato, la villa del cognato che compare sulla Stampa, gli stipendi fantasma, la gestione oscura delle coop, i minori che hanno fame, il delitto che non si sa se c'è, il castigo che già c'è ed è mediatico, gli ex soci della Lega braccianti che dicono: “Venivi solo a farti i selfie”, gli accusati che si fanno accusatori (“chi denuncia è manipolato dai sindacati”), ma soprattutto l'istruttoria rossoverde, processo e autoprocesso finito oggi pomeriggio con l'autosospensione dal gruppo del deputato di Verdi-Si Aboubakar Soumahoro, anche invitato a dire la propria versione dei fatti a “Piazzapulita”, stasera. Tutto si tiene e tutto rischia di scoppiare attorno al caso dell'ex sindacalista e uomo-simbolo della sinistra-sinistra con gli stivali di gomma, e prima di tutto non riesce a tenersi il sottile imbarazzo dei due leader dell'alleanza Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, con ricasco di telefoni che squillano a vuoto tra mercoledì sera, momento drammatico dell'istruttoria stessa, e giovedì sera, momento in cui si consegnava a una nota congiunta (di sollievo?) non soltanto la notizia dell'autosospensione ma anche la frase “il deputato ha ribadito la sua assoluta estraneità”.

 

E oggi, poco dopo la seconda fase del processo, durato appena un'ora a differenza del primo lunghissimo e tormentato faccia a faccia di mercoledì tra lui (Soumahoro) e loro (Bonelli e Fratoianni increduli di fronte al ritardo nella risposta dell'accusato), e nel relativo deserto di un giorno di non-Aula, le parole risuonavano principalmente all'esterno di Montecitorio, ma a mezza bocca: “Dovete e dobbiamo aspettare, certo non è una cosa semplice, proprio lui, insomma”, diceva accanto al bar Giolitti, sospirando, un deputato della Sinistra. E il “tu quoque” (proprio tu, Aboubakar), non detto apertamente, appariva in filigrana nelle parole di Bonelli, che nel pomeriggio compariva a Metropolis, su Repubblica.it, con gli occhi cerchiati e neanche la voglia di nascondere quello che definiva “turbamento”: “Questa vicenda mi ha profondamente turbato, vedere che c'è un'inchiesta giudiziaria, da cui emergono maltrattamenti ferisce e indebolisce chi ogni giorno si impegna per garantire quei diritti”, diceva Bonelli, anche assicurando: “Aboubakar non è indagato e ci ha confermato la sua estraneità ai fatti e ha detto anzi che documenterà e risponderà nei prossimi giorni”. E quando gli si chiedeva “non sarà troppo tardi?”, Bonelli scuoteva la testa: “Questo lo abbiamo detto anche noi, sta di fatto che abbiamo accettato questa sua scelta”.

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E infatti, il giorno prima, il fastidio per il ritardo nelle risposte era palpabile negli sguardi bassi, chini sui telefonini dei deputati rossoverdi. Tanto che la discussione, durante l'istruttoria e l'auto-processo di trinariciuta memoria, c'è stata, e mentre Fratoianni attendeva, Bonelli ammetteva: “Da Aboubakar, con l'autosospensione, è venuto un atto di sensibilità nei confronti delle istituzioni…è una persona molto nota, non c'erano elementi per capire. Sfido chiunque, di fronte a una personalità come questa, a dire 'mah, insomma' ”. “Sereno e determinato”: così appariva Soumahoro a Bonelli e Fratoianni – questo almeno raccontavano, in attesa di vedere per credere. E si dicevano fiduciosi in una rapida soluzione della vicenda, i leader dell'alleanza rossoverde, fiduciosi e comunque vigili, questo si capiva, nell'interesse “degli ultimi”. “Scelta non dovuta ma la rispettiamo”, aggiungevano a proposito della decisione del deputato. “Scelta necessaria”, era il commento che sottotraccia giungeva, a sera, dagli ambienti della Sinistra. Poi calava il sipario, e si alzava quello de La7.

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