Foto di Fabio Frustaci, via Ansa 

Editoriali

Lo scandalo dell'aborto. La sinistra dovrebbe tornare alla cultura razionale del passato

Redazione

Più che la battaglia legale, servono aiuti alla vita e alle madri. C'è della logica nel credere che se l'embrione non è un grumo di materia inerte, allora qualche diritto ce l'ha. Un richiamo a guardare a Ginzburg, Pasolini e Sciascia

L’aborto continua a essere una ferita politica e morale in tutti i paesi occidentali. In America, dopo mezzo secolo, si cancella il totem della Roe. In Francia arriva in Parlamento la proposta per estenderlo al nono mese per “stress psico-sociale”. In Ungheria si combatte a suon di battiti fetali. In Polonia, leggi contro l’eugenetica. In Spagna una invece per far abortire le minorenni senza consenso dei genitori. Non c’è una linea temporale diritta in questa battaglia, si va avanti e indietro, a seconda delle maggioranze al potere. Perché l’aborto resta uno scandalo pubblico.

 

Averlo relegato alla privacy, questa è stata la tragedia. In Italia c’è una legge che tutto sommato non ci ha portato alle derive abortiste che vediamo ancora in Francia, dove praticamente a parità di abitanti hanno il triplo dei nostri aborti. I sostenitori della 194, sempre tradita e disattesa nella parte in cui si parla di aiuto alla maternità, temono ora il disegno di legge di Maurizio Gasparri che intende riconoscere l’embrione come persona giuridica. C’è della logica in questa apprensione: se non è un grumo di materia inerte, allora qualche diritto ce l’ha.

 

Ma dopo sei milioni di bambini italiani mai nati, non sarebbe più logico lavorare a una cultura della vita e dell’aiuto alla nascita, un cambio di paradigma in cui la donna non è lasciata sola e che è sempre stato guardato con sospetto dai pro choice perché è il vero lavoro pro life duro da fare? Anche a sinistra sull’aborto si dovrebbe tornare a un certo spirito alla Ginzburg (“l’aborto non è un’allegra festa”), alla Pasolini, alla Matteucci (“non c’è grande differenza tra l’uccisione di un bambino appena nato e un embrionedi  sette mesi”), alla Bobbio sui “diritti del concepito” e alla Sciascia (“da laico dico che un essere umano comincia nel momento in cui è concepito”), insomma quella cultura laica, socialista, azionista e liberale che aveva capito che se l’embrione è qualcosa piuttosto che il nulla, merita di meglio dell’indifferenza legale e leguleia. Un aiutino a venire al mondo.

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