Il live streaming di Truss vs Lattuga del Daily Star  

Liz e la lattuga

Truss spera di salvarsi sacrificando Kwarteng e il taglio delle tasse (che adesso dovrà alzare)

Paola Peduzzi

Inesperienza + ideologia = disastro Truss. La premier britannica cambia il fedelissimo cancelliere e getta via un altro pezzetto della sua manovra finanziaria. Nove minuti di risposte tutte uguali. I lamenti dei conservatori: siamo messi peggio di prima

In nove minuti di conferenza stampa, Liz Truss, premier britannica, ha sostituito il suo cancelliere dello Scacchiere, ha gettato via un altro pezzetto della sua manovra finanziaria (riconfermando l’aumento delle tasse alle aziende previsto per il prossimo anno e introdotto dal precedente governo, cioè: la Truss non abbassa le tasse, le alza), ha detto che rimarrà come leader per garantire stabilità e crescita al Regno Unito. A ogni domanda feroce dei giornalisti – quattro in tutto con variazioni del tema: con quale credibilità pensi di poter guidare il paese? – la Truss ha ripetuto con il suo tono robotico: farò crescere il Regno Unito, con tasse basse. Dopo appena nove minuti di risposte tutte uguali, la premier ha lasciato la sala e subito sono cominciati i lamenti dei conservatori: siamo messi peggio di prima. 

   
Il prossimo cancelliere dello Scacchiere sarà Jeremy Hunt, ex ministro degli Esteri e della Sanità, considerato un “cinese” sulla gestione del Covid, rivale di Boris Johnson nella corsa alla leadership del 2019 e sostenitore del rivale della Truss, Rishi Sunak, nella corsa dell’agosto di quest’anno: la scelta è caduta su di lui probabilmente perché la premier vuole dimostrare di saper rappresentare tutto il Partito conservatore e di non accerchiarsi soltanto di fedelissimi. Il fedelissimo in capo, Kwasi Kwarteng, è stato sacrificato: lui dice licenziato, lei dice che ha accettato le sue dimissioni, non sono riusciti a comunicare bene nemmeno la separazione, avvenuta dopo soli 38  giorni di convivenza.

     
Kwarteng era tornato in tutta fretta da Washington nella notte tra giovedì e venerdì, lasciando l’incontro del Fondo monetario internazionale in cui aveva raccolto critiche e preoccupazione per il minibudget annunciato il 23 settembre scorso: atterrato a Londra, la voce sul suo imminente licenziamento era ormai sulla bocca di tutti. I mercati hanno punito con forza il minibudget, e Kwarteng aveva già dovuto mettere mano ad alcune misure, in particolare al taglio delle tasse alle fasce più alte di reddito.

 

Questo accadeva più di dieci giorni fa, ma presto la crisi sui mercati è diventata crisi politica e questa non si è ancora risolta: alla Truss non basta stracciare parti della propria “rivoluzione” economica e mandare via chi ci ha messo la faccia assieme a lei per recuperare la fiducia. Le ragioni sono abbastanza semplici: se era così convinta della sua proposta di crescita, e se ha ripetuto che bisogna combattere un po’ di impopolarità per ottenere quello che si vuole e quel che serve al paese per crescere, com’è che ha già stralciato le misure-simbolo?

 

Dopo tre settimane dall’annuncio, il governo inglese non taglierà più le tasse, e anzi le alzerà, come aveva deciso il precedente esecutivo di Boris Johnson, che si era dovuto pure lui piegare alla realtà: dall’aprile del 2023, l’aliquota per le aziende passerà dal 18 al 25 per cento. Jeremy Hunt, che prende il posto di Kwarteng, è considerato un esponente dell’ala sinistra dei Tory (e aveva votato contro la Brexit), ma pure lui, quando si era candidato per guidare il partito a luglio (è arrivato ultimo al primo turno di voto), aveva detto di volere un taglio delle tasse ancora più corposo di quello poi proposto dalla Truss. Era un programma per vincere le primarie, certo, il governo è un’altra cosa, ma la mania di azzardare fantasie che solleticano istinti ideologici e non hanno alcuna corrispondenza con la realtà è diventata una prassi dentro alla destra britannica. E nel caso della Truss molto di più: un metodo di governo. E’ per questo che tutti le chiedono se pensa di poter sopravvivere a questo suo esordio disastroso e costoso, perché non si tratta soltanto di sostituire il proprio amico-alleato Kwarteng o di aggiustare qualche annuncio azzardato: la premier dovrebbe smentire sé stessa su ogni cosa, lavare via l’immagine di inesperienza robotica, costruire una nuova credibilità. Un conservatore ha detto al Financial Times nelle prime ore di ieri, quando si preparava l’ultimo choc di questo governo invero caotico: “L’idea che il primo ministro possa buttare nel cestino il suo minibudget e il suo cancelliere senza assumersi alcuna responsabilità è semplicemente assurda”. Eppure sembra che sia questa l’idea che si è fatta la Truss.

  

   
Si è molto discusso in queste settimane di quanto siano stati punitivi i mercati e i media nei confronti del governo inglese: s’è parlato di accanimento. Probabilmente le critiche si sono alimentate una con l’altra, ma il governo non ha fatto molto per rispondere in modo pertinente, anzi: avrebbe potuto dire in che modo avesse intenzione di coprire il buco di bilancio, ma non l’ha detto; avrebbe potuto spiegare che le misure adottate erano pensate per le fasce più basse di reddito e non per i ricchi, ma non l’ha spiegato; avrebbe potuto ascoltare i consigli della Banca d’Inghilterra su come quietare i mercati dei titoli di stato e dei fondi pensione, ma non l’ha ascoltata. La Truss si è limitata a dire: abbiamo tutti contro, ma noi andiamo avanti e ce la faremo – e non è nemmeno andata avanti. Tanto che ora il modello Truss è diventato il suo negativo: attenzione a non fare come lei, l’inesperienza costa, la fissazione ideologica costa, la situazione economica globale è così volatile che giocare con politica monetaria e fiscale può essere pericoloso. L’Economist, che è un giornale liberale e mercatista, ha scritto che la Truss ha “fatto esplodere il suo stesso governo”, ha reso il Regno Unito “un posto rischioso” in cui investire e ha avuto il controllo del paese soltanto per sette giorni, quelli del lutto per la Regina, “più o meno il tempo di conversazione della lattuga”. Il Daily Star, che è un tabloid, ha aperto ieri uno streaming: ci sono la foto della Truss e un cespo di lattuga, vediamo chi appassisce prima.  

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi