Coalizione in subbuglio

La Moratti non si ritira in Lombardia. E la tensione tra Salvini e Meloni sale

Valerio Valentini

“La mia disponibilità a candidarmi in Lombardia resta saldissima”. L'ombra della leader di FdI dietro le mosse dell'ex ministra. "E' una persona di levatura notevolissima, e la sua disponibilità impone una riflessione nel centrodestra", dice La Russa. La partita incrociata tra Milano e la Sicilia

Lei ci crede. “Sono convinta che potrei essere utile alla mia regione, e la mia disponibilità resta solidissima”. E il crederci di Letizia Moratti, il suo restare al centro dell’agone, scompiglia il tutto, fa vacillare anche le certezze che sembravano solidissime. Attilio Fontana, ad esempio, era convinto che dopo l’investitura ufficiale ricevuta da Matteo Salvini lunedì scorso, la pratica fosse archiviata: ricandidatura certa. Al punto da aver liquidato con un’alzata di spalle le raccomandazioni di chi, tra i suoi assessori e tra i vertici lumbàrd della Lega, gli suggeriva le maniere forti. “Se la tua vice non accetta la tua riconferma vuol dire che contesta il tuo operato: e allora forse dovresti metterla alla porta”. Macché. L’Attilio, il mite, preferisce attendere. Solo che nell’attesa, ogni cosa si complica. Al punto che perfino Carlo Calenda s’è visto interrogare dai leghisti: “Ma sei tu che stai fomentando la Moratti?”. Al che l’ex ministro s’è messo a ridere: “E secondo voi una come lei si farebbe fomentare da me?”. Meglio citofonare, allora, a Fratelli d’Italia. “La Moratti è una personalità di levatura notevolissima”, spiega infatti Ignazio La Russa.

Più notevole, dunque, perfino di Fontana? “Ma perché fare confronti?”, si schermisce il luogotenente meloniano in Lombardia. “Però se una professionista straordinaria come la Moratti dà la propria disponibilità e la conferma anche quando la Lega sembra ratificare il proprio sostegno convinto al presidente attuale, allora si produce un fatto che impone una riflessione che andrà affrontata nel vertice dei leader del centrodestra”. Dove le candidature andranno discusse tutte insieme. “Noi non facciamo ricatti, chiediamo solo il rispetto delle regole”, ripete Giorgia Meloni. E la regola, nella fattispecie, è quella “dell’uscente”. Che implica, in sostanza, la necessità di confermare Nello Musumeci in Sicilia per poi avallare la stessa operazione su Fontana. E però sarebbe ingenuo pensare che l’assessore alla Sanità lombarda si lasci usare così, come una pistola che FdI possa mettere sul tavolo delle negoziazioni col Cav. e Salvini.

Del resto, se non ci credesse davvero, la Moratti non avrebbe riattivato quella rete di conoscenze preziose – che vanno dalla diocesi di Milano fino a Paolo Scaroni, passando per frequentatori abituali di Arcore ed  esponenti del giro stretto dei salviniani doc – che già molto si spese per lei ai tempi della sua corsa mancata al Quirinale. Con la Meloni i contatti sono frequenti; coi consiglieri regionali del centrodestra che tomono di perdere la garanzia del seggio, addirittura intensi. E allora si capisce anche il suo iperattivismo: inaugura nuovi reparti all’ospedale di Codogno e poi partecipa all’assemblea di Farmindustria. E uno dice: vabbè, è l’assessore alla Sanità. Poi però si fa trovare presente anche al Lido della Schiranna, per festeggiare il risanamento del Lago di Varese, reso di nuovo balneabile. E questo c’era da aspettarselo un po’ meno. Se lo aspettava poco anche Fontana. Che sabato scorso se l’è ritrovata lì, seduta pure lei in prima fila, pure lei nel posto centrale. Il posto d’onore, appunto.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.