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l'intervista

Rosato (Iv): “Attorno a Draghi non solo Renzi e Calenda”. Carfagna? “Perimetro ampio”

Annalisa Chirico

Quando si parla di "centro draghiano" il presidente d'Italia Viva pensa a "uno schieramento largo", più ampio di una semplice alleanza (ancora molto lontana) tra il suo partito e Azione, magari anche con pezzi di Forza Italia, ma "nessuno va tirato per la giacchetta"

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Onorevole Ettore Rosato, l’“area Draghi” lanciata da Matteo Renzi è aperta a tutti, ad alcuni, a chi? “Sarà uno schieramento largo, glielo assicuro”, replica secco il presidente di Italia viva. Gli domandiamo allora se il progetto includerà Iv e Azione di Carlo Calenda. “Questo sarebbe un perimetro ristretto, io lo vedo più largo”, risponde lui. Forse anche un pezzo di Forza Italia con Mara Carfagna? “Non tiro nessuno per la giacchetta ma sono convinto che il perimetro può essere ben più ampio di quanto s’immagina”. Lei sa che Mario Draghi non si presterebbe mai, vero? “Non dobbiamo costituire il partito del premier che svolge un mestiere diverso. Dobbiamo essere il partito che sostiene lui e la sua azione di governo”. 

Calenda appare perplesso. “Non dobbiamo commettere gli errori di chi ha fallito nel passato. Lavoriamo sui contenuti”. Quali saranno i cavalli di battaglia? “Bisogna andare avanti con le riforme necessarie al paese: dobbiamo contrapporre crescita e sviluppo alle logiche dell’assistenzialismo. Servono investimenti seri per superare i no ideologici, serve un chiaro e indiscutibile ancoraggio all’Europa e all’Occidente”. Il Grande Centro guarderà più a sinistra o a destra? “Dobbiamo essere alternativi alle politiche di Salvini e Meloni ma anche a quelle di Conte e Landini. Se non lo diciamo con chiarezza rischiamo di non presentarci con la sufficiente forza agli elettori che non si aspettano di vedere una gamba mascherata del centrosinistra o del centrodestra”. 

Tra Renzi e Calenda, Beppe Sala potrebbe essere il portabandiera? Il physique du rôle non gli manca. “Non credo che sia utile continuare a discutere di nomi. Poi, se vuole saperlo, il mio giudizio su Sala è completamente positivo. Ma fa il sindaco di Milano e continuerà a farlo. Ben venga il suo lavoro in un’area di centro”. Intanto Calenda ha posto due condizioni: nessuna alleanza con i 5  stelle e, per Renzi, l’impegno a non dedicarsi al “business”. “Mi lasci dire che non ho mai letto un intervento di Renzi contro Calenda. Anzi, Renzi continua a parlarne bene. Quanto al business, mi sembra una strumentalizzazione. Le cose realizzate da Matteo parlano da sole, mi sembra che faccia politica al cento per cento. Che poi sia anche uno apprezzato in giro per il mondo, l’ho sempre considerato un valore aggiunto, non un handicap. Non possiamo ridurre la discussione su una nuova area politica al rapporto tra i leader”. E dell’alleanza con i grillini? “Già oggi Calenda è alleato con i grillini, siamo insieme al governo dell’Italia e della Regione Lazio, nella giunta capitolina, sosteniamo insieme il candidato di Padova… Stiamo lavorando a un progetto per il domani, non tiriamoci le pietre su situazioni che hanno altre origini”. 

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Eppure, voi renziani eravate per il sindaco d’Italia e per il maggioritario. La corsa verso il Grande Centro dimostra che l’Italia è irriformabile? “Dimostra che è possibile aggredire il problema da un altro punto di vista. Il problema resta, e l’ambizione pure. Populisti contro riformisti mi sembra uno scontro adatto al secolo che viviamo”. Lavorerete a un proporzionale puro o resta la legge che porta il suo nome? “Niente proporzionale, lo escludo. Sorrido quando sento parlare della ‘bellezza’ di una legge elettorale. Quella in vigore è il punto di mediazione raggiunto d i partiti sul finire della scorsa legislatura. Le leggi si distinguono per l’efficacia e per il consenso che raccolgono in sede di approvazione. La legge elettorale in vigore ha coagulato il consenso più ampio nella storia repubblicana italiana”. 

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Il referendum contro il reddito di cittadinanza lo promuoverete? “E’ una priorità dell’Italia, non di Iv. Le priorità del paese sono, da una parte, lavoro e crescita, dall’altra, la protezione dei deboli e la lotta alla povertà. Il reddito di cittadinanza va cambiato profondamente ma, visto che non lo vogliono cambiare, va sostituito. Sia chiaro: la colpa non è dei percettori del sussidio ma di chi ha scritto una legge con i piedi: si chiama Giuseppe Conte”. Il 12 giugno si vota sui cinque quesiti referendari in materia di giustizia. Il Pd ha detto cinque No.  “Noi diremo cinque Sì. Il Parlamento dovrà intervenire in ogni caso sulle norme oggetto della consultazione ma, di fronte all’avanzata del giustizialismo di 5 Stelle e, ahimé, del Pd, non resta che una grande mobilitazione popolare per mandare il segnale che così non va”. Presidente, non è che poi, in vista delle politiche 2023, vi ritroverete a trattare con il Pd su pochi collegi per garantire la rielezione di un grappolo di renziani? “E’ il contrario di quanto ho detto sin qui. E’ uno scenario  irrealizzabile”.

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