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Viale Mazzini

Rai tipo Marrakech. Programmi cancellati, la protesta dei dipendenti. Fuortes prepara il dopo Draghi

Carmelo Caruso

Il Cda vota le nomine dell'ad Carlo Fuortes, ma l'azienda ne esce a pezzi. Le Lega sponsorizza il vice del Tg1, Giorgino. I dirigenti sono infastiditi con l'ad. Alla Vigilanza non viene trasmesso il report sugli agenti degli artisti

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Hanno vinto quasi tutti, abbiamo perso tutti. Hanno perso gli italiani che si attendevano la nuova Rai, ha perso la Rai stessa, trattata come strofinaccio per i sudori dei partiti, hanno perso i professionisti che da mesi costruivano nuove trasmissioni. Tra pochi giorni conteremo i programmi abortiti. Il Cda, convocato ieri, a eccezione di Riccardo Laganà (membro in quota dipendenti) e Alessandro di Majo (in quota 5s) ha ratificato le nomine proposte dall’ad Carlo Fuortes. E’ stato il Congresso di Rai-Vienna.

     
L’ad Fuortes potrà adesso dire che ha ripristinato l’ordine, ma cosa dirà agli autori, agli esterni, a quelli che davvero si mettono in gioco e che hanno rifiutato offerte di lavoro convinti di partecipare addirittura alla costruzione della “nuova Rai”? Quando ieri mattina Fuortes ha convocato il Cda riparatorio, quello del “metodo sbagliato ma del principio giusto”, l’ad non ha presentato la lista dei nuovi programmi di approfondimento Rai.  Ai membri che gli chiedevano la lista, l’ad ha risposto che quella lista non c’era, che quella lista non gli era stata mai presentata dall’ex direttore dell’Approfondimento Orfeo. Ero lo stesso Orfeo che chiedeva al Cda di nominare direttore del Tg3.

  

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Fuortes si è riservato di presentarla ai membri il 15 giugno per essere successivamente approvata il 23. Non corrisponde tuttavia al vero dire che era impossibile comunicare al Cda la lista dei programmi, dire che quella lista non era in possesso dell’ad. La lista, come sanno i consiglieri Rai, è contenuta nel “Piano di produzione”, piano che era già stato trasmesso la settimana scorsa ai vertici. Lunedì 6 giugno l’elenco era stato anche  spedito al “genere distribuzione”. Come ha  raccontato il Foglio, da giorni c’è una trattativa su quella lista e coinvolge la Lega.

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Dalla trattativa ne è uscito il M5s che chiedeva una mansione “adeguata” per l’ex direttore del Tg1, in quota. Si tratta di Giuseppe Carboni. Il voto contrario di Alessandro di Majo, il consigliere di riferimento di Giuseppe Conte, e la nota del senatore 5s Primo Di Nicola, che ha addirittura dichiarato che “è meglio una Rai privatizzata”, sono la prova che il M5s è stato escluso da questa “Rai Marrakech”, da questa bancarella. Nella lista che adesso è sul tavolo del nuovo direttore dell’Approfondimento, Antonio Di Bella, ci sono due programmi usati come merce di scambio. Uno è già dato per saltato. E’ il programma di Ilaria D’Amico su Rai2 (mentre si scrive si starebbe verificando se esiste un contratto firmato con la D’Amico; sembra che non ci sia). L’altro che potrebbe saltare è un programma in seconda serata, su Rai1, che doveva essere affidato al giallista Giancarlo De Cataldo.

  

E sul serio deve essere basso il valore che in questa azienda viene dato al lavoro degli altri,  se si pensa, e si pensa, di poter sostituire la testa di un programma, e metterne un’altra, cancellare il lavoro preparatorio. Il nome pesante della Lega è Francesco Giorgino, vicedirettore del Tg1. Gli starebbero proponendo di tutto a partire dalla prima serata su Rai2 al posto della D’Amico. Il suo trasloco libererebbe la casella al Tg1. A questo si riduce la Rai: è il montacarichi dell’informazione. L’altra figura che la Lega chiede a Fuortes di premiare è Monica Setta che ha già un programma di mattina. Un altro lo ha appena finito di condurre. Si chiamava “Generazione Z” e in Rai preferiscono dimenticarlo.

  

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Un discorso a parte meriterebbe infatti Rai2 che  viene ritenuta dal management come un albergo a ore dove si possono lanciare programmi, chiuderli e restituire le chiavi in portineria. Racconta un vecchio funzionario della Rai, una specie di uomo che guardava passare i treni, che un amministratore delegato Rai può anche perdere il favore della politica ma non può perdere il favore dei dipendenti. Fabrizio Salini, l’ex ad, ad esempio, grazie al favore dei dipendenti, ha governato questa azienda per tre anni. Il favore dei dipendenti nei confronti di Fuortes è compromesso come testimonia il voto contrario del membro Laganà. Orfeo, grazie a Fuortes, è stato laureato capo permanente dell’opposizione Rai.

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Anche i dirigenti Rai hanno iniziato a lamentarsi per questa crisi provocata da Fuortes. Infastiditi sono Stefano Coletta (direttore di Rai1), Marcello Ciannamea (direttore della Distribuzione) e Roberto Nepote (direttore Marketing). Non sopportano di essere stati gettati nell’arena. Anche il favore della politica ne confronti di Fuortes è condizionato. Francesco Bria, quota Pd, lo stesso partito di Fuortes, in Cda, ha detto a Fuortes che il suo era “un voto di responsabilità perché l’azienda ha bisogno di un timone saldo e che il Cda deve avere chiare motivazioni di natura industriale ed editoriale, ma questo metodo non deve ripetersi”. C’è un’altra grande questione e riguarda l’ippodromo degli agenti Rai. Esiste una risoluzione approvata dalla Commissione di Vigilanza Rai che fissava delle regole e impegnava l’azienda a stilare un report. Serve a verificare se il tetto degli artisti per ogni singolo agente non sia stato oltrepassato. L’ad non lo ha mai trasmesso alla Vigilanza.

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Gli italiani non hanno tutti la fortuna di leggere il Financial Times, di andare all’Opera, altri non hanno voglia o tempo di leggere buoni libri. La Rai possono invece vederla tutti e la pagano anche. Lasciarla in questa condizione significa accettare la libertà di saccheggio.

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