(foto LaPresse)

"Il Pd non è di sinistra"

L'ex eurodeputata Castellina contro l'ipocrisia di sinistra: "Femministi a parole"

Salvatore Merlo

L'ex parlamentare, che ha attraversato la storia della repubblica e del femminismo, ha le idee chiare sulla politica attuale: “Il Pd sloggia la Sala dal Tg3 per fare posto a Orfeo? Non mi stupisce”. E si scaglia contro la costituzione: "È il sistema di leggi che deve cambiare, ha disegnato il cittadino in base al maschio"

“Quello stesso Pd che parla di parità di genere ha deciso che al maschio potente andava dato il posto di una donna, Simona Sala. Ma la notizia dov’è?”, ironizza Luciana Castellina. La notizia è forse nell’ipocrisia della sinistra, le rispondiamo. “Ma guardi che il Pd non è di sinistra”. Dunque è solo ipocrita? “Questo forse sì”. E allora ride questa donna che ha attraversato la storia della sinistra italiana e del movimento femminista, novantadue anni portati con eleganza e lucidità. Ride, e ripete che “non c’è niente di nuovo”, mentre le raccontiamo che giovedì sera, in tutta fretta, l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, dopo aver tolto una direzione a Mario Orfeo, che è una specie di patriarca Kirill del Pd a Viale Mazzini, si è precipitato a dovergliene restituire subito un’altra. Perché il partito di Enrico Letta si stava arrabbiando. Assai. Ma proprio tanto. Ragione per la quale Fuortes ha subito restituito a Orfeo la direzione del Tg3 togliendola però a Simona Sala.

   

La quale, a quel punto, tipo trottola (o scheda intercambiabile di un puzzle), è stata spostata da un’altra parte, ricollocata, anzi traslocata, per fare spazio a Orfeo. “Grottesco ma tipico”, commenta Castellina. Eppure poche settimane fa, il segretario del Pd, Letta, pronunciava queste parole: “Vogliamo un partito femminista”. E sorridendo aggiungeva che infatti quasi la metà delle candidature del Pd alle prossime elezioni amministrative del 12 giugno saranno femminili. Uso strumentale della questione di genere? “Io questa storia delle quote non la sopporto”, dice Castellina. “Serve a fare pasticci come questo della Rai, che sono rivelatori di quanto sia viva la ‘questione femminile’ per certi uomini”. D’altra parte, per quote, in Rai hanno messo anche la presidente, Marinella Soldi. “E certo. Come in quasi tutte le aziende, ci deve essere una donna. E ovviamente la mettono a fare il presidente, che non conta nulla. Mica l’amministratore delegato. Guardi, il punto non è occupare i posti degli uomini. Il punto è che le donne devono essere messe nelle condizioni di concorre alla pari attraverso modifiche sostanziali della nostra società. Non con le quote, con le concessioni, con gli spazi da riserva indiana. Che poi ovviamente sono tutte cose che vengono utilizzate in maniera opportunistica dagli uomini”.

 

Per fare propaganda? “E persino per consumare guerre tra loro”. Specie a sinistra, c’è da dire. Anche perché a destra la questione è assai meno popolare. Quando infatti, per esempio, Letta si trovò di fronte al muro apparentemente inscalfibile che i suoi parlamentari gli opponevano a difesa dei due capigruppo di Camera e Senato, Delrio e Marcucci, di cui lui si voleva liberare, ecco che il neosegretario del Pd fu all’improvviso attraversato da uno di quei brividi di genio che di solito accendono come una fiammata lo sguardo: due donne, accidenti! Qua ci vogliono due donne! L’unico modo per far fuori due maschi protettissimi, potenti, conosciuti e soprattutto assai attaccati alla poltrona, era quello di opporgli il dispositivo ideologico più formidabile che esista nel centrosinistra: la questione di genere. “Dimostrazione lampante del fatto che le quote sono da respingere”, conclude Luciana Castellina. “Guardate che è la Costituzione che deve cambiare. E’ tutto il sistema delle leggi che deve cambiare. La nostra Repubblica ha disegnato il cittadino sull’identità maschile. Le quote se le tengano. Il gioco è scoperto. Servono solo ai maschi. E mica soltanto in Rai”. Sinistra ipocrita? “E’ il Pd, glielo ripeto. Non la sinistra”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.