nuovi fronti

Aggregare i riformisti in cerca d'autore? Il passo deciso di Sala per guidare un movimento

Claudio Cerasa

Ci sono i soldi. C’è l’agenda. E c’è un sondaggio. Il progetto: creare un campo magnetico per aggregare tutte le forze anti populiste ed evitare che gli elettori in fuga dal M5s e dalla Lega vadano a confluire in modo eccessivo tra le file del partito di Giorgia Meloni

Per il momento c’è un simbolo che corrisponde a un cerchio di colore blu con quattro parole spalmate su due righe: “L’Italia c’è”. Per il momento c’è un progetto che corrisponde all’idea di offrire uno sbocco a tutti coloro che hanno in mente un progetto tanto ambizioso quanto difficile da inquadrare: creare un campo magnetico per aggregare tutte le forze anti populiste in cerca d’autore. Per il momento c’è una rete trasversale di imprenditori pronta a investire milioni di euro per scommettere su questo percorso. Per il momento c’è tutto questo, seppure in fase embrionale, ma insieme a tutto questo, ecco la novità, c’è anche un volto che più degli altri, in privato ma non solo, ha mostrato interesse per mettersi alla testa di un soggetto nuovo, difficile da descrivere ma facile da inquadrare: un contenitore capace non di presentarsi come un nuovo centro ma capace di mettere al centro del suo programma la così detta agenda Draghi. Il volto in questione è quello del sindaco di Milano Beppe Sala, sindaco da poco rieletto alla guida della sua città, sindaco che ha già smentito di voler correre alle regionali lombarde del prossimo anno e sindaco che ha messo da parte il suo vecchio e ormai tramontato progetto dei verdi europei e sta cercando un modo ambizioso per mettersi in proprio, con uno sguardo alle elezioni del prossimo anno e con una porta aperta a tutti coloro che da qui alle  politiche potrebbero cercare un modo diverso per valorizzare la propria esperienza nel draghismo.

 

E dunque si parla con Mariastella Gelmini, con cui parla anche Carlo Calenda, e si parla con Mara Carfagna, che però non ha intenzione di smuoversi da dove sta, e si parla naturalmente anche con Matteo Renzi, che Beppe Sala ha già invitato come ospite d’onore all’ultima Leopolda, si parla con Carlo Calenda e si parla persino con Luigi Di Maio, che dal M5s però non ha intenzione di muoversi. Si parla, si costruisce, si progetta e si guarda a uno scenario concreto che coincide con la risposta a una domanda. Tema: ma se è vero che i partiti populisti sono in crisi di identità, cosa si può fare per evitare che gli elettori in fuga dal M5s e dalla Lega vadano a confluire in modo eccessivo tra le file del partito di Giorgia Meloni?

 

Sala ci sta pensando. Sta studiando il numero di imprenditori (tra questi c’è anche il numero uno di Brembo, Alberto Bombassei) che gli chiedono di fare un passo in avanti per aiutare il fronte anti populista a non disperdere le energie e avere una gamba in più su cui contare. Sta studiando con attenzione il numero di volti della media imprenditoria, legata in particolare alla transizione energetica, all’agricoltura e al made in Italy, che hanno mostrato al sindaco disponibilità a investire nel movimento (dalla Simes di Roberto Botti alla  Habitare di Boga, da Legnani a Pisati, da Ranieri a Casarano, imprenditoria media che fattura tra i 20 e i 100 milioni di euro). E sta osservando con stupore un sondaggio serio, commissionato da alcuni imprenditori seri a un’importante società di rilevazione demoscopica, che vede nel sindaco di Milano il leader naturale di un contenitore deciso al lavorare al “dopo Draghi”.

 

Secondo questo sondaggio, che il Foglio ha potuto consultare,  gli elettori potenziali per un soggetto del genere si aggirano attorno al 9,7 per cento dei votanti effettivi. Ci dice in una battuta Elena Bonetti, ministro della Famiglia, esponente di Italia viva: “I nomi lasciamoli stare. Ma una certezza c’è: all’Italia serve una forza aggregativa capace di collocarsi in uno spazio centrale. Non per muoversi come se fosse un partito di centro. Non per muoversi come un ago della bilancia. Ma per essere il centro di un campo magnetico del riformismo del futuro”. Aggregare, non disperdere le energie, trasformare il brand di Milano in un motore di una nuova Italia politica, per poi mettere insieme quel che si può tra i riformisti in cerca d’autore. Difficile dire dove arriverà, ma il progetto c’è e merita di essere seguito.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.