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Il caso

Giorgia e i suoi fardelli: le incognite di Meloni fra Salvini e lo spread

La tela di Crosetto e Urso nelle aziende pubbliche, la corsa per accreditare il partito di destra

Simone Canettieri

La leader di Fratelli d'Italia davanti alle incognite delle prossime elezioni. "Mai al governo con Letta". Ma intanto i mondi economici  e finanziari si interrogano: cosa vorrà fare?

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Martedì sera, Ponte Milvio, compleanno della giornalista Silvia Cirocchi, compagna di Gianni Alemanno. Euforia. Brindisi. Ignazio La Russa parla della Lega: “Al centro sud è in picchiata e senza classe dirigente, al nord, è ancora un sindacato del territorio, ma li stiamo prendendo: comune per comune, casa per casa”. Il governatore siciliano Nello Musumeci annuisce e si tocca il pizzetto. Dietro all’ascesa di Fratelli d’Italia, però, c’è il futuro che attende Giorgia Meloni a un anno dalle elezioni. Con una mezza consapevolezza: Silvio Berlusconi e Matteo Salvini faranno di tutto per non permetterle di diventare premier. Lo sa anche lei. 


Ha bene in mente che la lista unica di Forza Italia e Lega altro non è che un modo per cercare di superarla nelle urne, per scipparle l’eventuale incarico per formare un governo. Ma dentro FdI nessuno crede a questo scenario perché a nessuno sfugge la flessione di Salvini, ormai cristallina.

Anzi, la “capa” della destra italiana osserva con preoccupata curiosità le contorsioni nel Carroccio. Si informa sulle condizioni di salute, come si fa con i vicini di pianerottolo. Ma anche in questo caso, sembra non farsi particolari illusioni. Al netto di big bang, la leadership  di Salvini è salda. “Mancano le alternative: i governatori del nord uniti lo condizionano, ma separatamente non hanno la forza di imporsi”, riflettono dal partito di Meloni. “L’unica cosa sicura è che non andrò mai al governo con il Pd e il M5s”, ripete in queste ore la leader per scacciare la suggestione di un governo iper atlantista, magari ancora a guida Draghi. “Il premier lo avremmo appoggiato per il Quirinale, ma altri schemi non ci interessano”, è la linea dei colonnelli meloniani. E però proprio il dopo Draghi preoccupa Giorgia. O meglio: il rischio dell’inflazione, l’instabilità dei mercati, la reazione dell’Europa, lo spread. Scenari che ha ben presente. E che le riferisce  spesso Guido Crosetto, il battitore libero che le tiene i rapporti con le grandi aziende di stato, in particolare Leonardo ma anche Fincantieri. 

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C’è curiosità intorno a Meloni. Come registra spesso Aldolfo Urso, presidente del Copasir, ma ambasciatore di FdI  nelle grandi aziende pubbliche. “Cosa farete se andrete al governo, per esempio come il Mes?”, le domande degli analisti finanziari che lavorano per i fondi d’investimento iniziano a bussare dalle parti di via della Scrofa con sempre più insistenza.   “Diremo No, ma useremo l’Omt”. Che di fatto è un’altra branca del fondo salva stati. Altri rapporti con Terna, Enel e Ferrovie sono gestiti direttamente dalla leader. C’è insomma un lavorio, una ricerca di accreditamento di Fratelli d’Italia nel deep state. Una terra abituata a giocare, e a volte a suggerire, formule politiche. Come quella, molto in voga, del governo rossonero. “Ipotesi che non esiste”, ribatte Meloni, la coerente che sulla purezza del “mai con” ha costruito una carriera. “Il mio obiettivo – confida spesso – è quello di ottenere l’incarico dal Quirinale per un governo di centrodestra: poi vediamo che succede, con tutte le conseguenze del caso”.

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E si ritorna all’affidabilità degli alleati, a un rapporto che sembra essersi incrinato con Salvini e con il Cav.     Da Fratelli d’Italia sono sicuri che le suggestioni sul governo con il Pd siano auspici dei dem, “un partito solidamente ancorato al potere nel nome di una presunta stabilità”. E però il rapporto fra Sandra e Raimondo della politica italiana è ormai cosa nota. Fino a ieri serviva anche a rafforzare un asse trasversale sul mantenimento del maggioritario, unica legge che permetterebbe a uno dei due di diventare premier. Ma il prossimo Parlamento sarà un’incognita per tutti: nei numeri e nella conformazione interna.   Che fare, dunque? E se il tentativo di formare un governo di centrodestra fallisse come reagirebbe Meloni: da più votata rimarrebbe all’opposizione per altri cinque anni? Sono ragionamenti sempre più frequenti dentro Fratelli d’Italia, dove si guarda intanto al 12 giugno. Con un possibile doppio tonfo della Lega: nelle amministrative, in termini di percentuali, e per i referendum sulla giustizia. Piccole soddisfazioni in attesa di grandi scelte.
   

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