Il racconto

L'assalto di Meloni al centrodestra con le maschere di Gigi Proietti e Beppe Grillo

Simone Canettieri

Improvvisa un pezzo teatrale ben studiato, attacca la stampa con gli argomenti del vecchio leader M5s. Poi l'avviso a Salvini e al Cav.: "O siamo uniti o governerò da sola". Appunti sul discorso finale della leader di Fratelli d'Italia 

Milano. Il discorso lo ha provato da sola, sabato sera. Ha parlato dal palco alle sedie e alle bandiere. Mentre tutti - dagli ultimi delegati ai primi colonnelli - se la spassavano a cena nei locali di Milano ("ammazza quanto costa una cotoletta, alla fine è una fettina panata: ma che so' matti qui?", lamentela dei Fratelli romani in trasferta).  Lima, prova, aggiungi e togli. Alla fine Giorgia Meloni si dirà stanca ma soddisfatta del discorso - 54 minuti - con il quale ha chiuso la conferenza programmatica del partito. "Lo snodo di un cammino iniziato anni fa", dice Isabella Rauti, senatrice, figlia di Pino, ex moglie di Gianni Alemanno, (assente), molto ascoltata dalla Capa.  Di Meloni fa titolo la frase rivolta agli alleati. Al Cav. e soprattutto a Matteo Salvini. Un avvertimento: "Siamo pronti a governare con o senza il centrodestra". Ovvero: non provate a inventarvi un Draghi bis nel 2023 (timore diffuso qui al MiCo).

  

  

La presidente di Fratelli d'Italia vuole il riconoscimento degli alleati. C'è chi dice che lo pretenda per iscritto davanti a un notaio. La candidata premier della coalizione dovrà essere lei quando ci saranno da presentare le liste elettorali, Altrimenti "siamo pronti a governare anche da soli". Enunciazione forte, ma complicata con il maggioritario. Che però si traduce in "siamo pronti a presentare i nostri candidati in tutti i collegi uninominali".

 

"Ci sono ruggini, c'è tensione, ma vedrete: alla fine tutto si appienerà", dice Luca Ciriani, capogruppo in Senato, compassato friulano. Sarà. Intanto nei prossimi dodici giorni è previsto il primo, vero test del centrodestra. Riusciranno i nostri eroi a trovare un'intesa last minute nei principali capoluoghi dove vanno divisi, ma uniti verso una sconfitta quasi certa? Da Verona a Palermo, passando per Viterbo, giusto per citare tre esempi. Per non parlare delle regionali "dei dispetti" in Sicilia. Dove il goveranatore Nello Musumeci vuole succedere a se stesso, mentre Lega e Forza Italia giocano al piccolo chimico con provette: provette, pozioni, alchimia. Nel nome del sempre eterno laboratorio Sicilia.  

 

Del discorso di Meloni - entrata sul palco sventolando una bandiera italiana in versione Marianne nostrana - colpiscono però alcuni aspetti. Legati fra loro nella semantica. Il primo è quello teatrale che già impazza sui social. Trenta secondi da mimo, senza parlare, solo gestualità, per esprimere sdegno contro "i giornalisti che ci fermano per chiederci perché il vestito nero?". Una scena, in dodicesimi, degna di Gigi Proietti, A me gli occhi, please.  Un pezzo preparato con dovizia di attenzioni.  Un momento che ha fatto ridere i 5 mila del MiCo (a proposito, costo dell'evento: poco meno di 200mila euro).

 

I gesti, i silenzi, le parole sussurrate lontane dal microfono per mandare a quel paese chi ancora li indica come i pronipotini del Duce. Un espediente per andare a battere sempre sul solito punto: non siamo fascisti, non abbiamo nulla a che fare con il Capoccione.  "Ci vogliono rinchiudere in un ghetto, mentre noi siamo una destra vincente, seria, credibile, rispettata". E, dopo il momento Proietti, si passa  così all'effetto Beppe Grillo delle origini. Una tiritera contro la stampa, i giornalisti, con presunte riunioni di redazione durante le quali i direttori deciderebbero di inviare un precario a fare domande sul fascismo agli esponenti di Fratelli d'Italia. "Ribellatevi, ragazzi, dite ai vostri direttori che avete studiato".

 

L'aspirante premier urla che "noi non siamo figli di un Dio minore". E ce l'ha ancora con i giornalisti. Vittimismo che pare un tantino esagerato. La grande sala stampa, organizzata alla perfezione dallo staff del partito con tanto di mini buffet h24, è gremita. Per tre giorni c'è un'attenzione e una copertura mediatica massiccia da parte delle tv, Rai su tutti (ma anche dei giornali). Il beppegrillismo meloniano eccita la platea, in uno schema già visto alle feste del M5s (dove però scappava sempre qualche sganassone ai cronisti "venduti", mentre qui si parla amabilmente con tutti).

 

Meloni, come altri prima di lei, sogna il partito della nazione. Ecco perché si è inventata il contro concerto del Primo maggio, diretto dall'orchestra di Beatrice Venezi che, posata la bacchetta, si scaglierà contro "le lobby culturali che sono tutte a sinistra". Musica per le orecchie di Giorgia che dal palco la chiama in un romanesco schietto "bella mia".  Partite Iva, balneari, piccoli imprenditori accendono il derby contro piazza San Giovanni. Arrivano i video messaggi dei presidenti amici di Polonia e Repubblica Ceca. Niente Ungheria, né Vox.  Parlano i leader del partito Conservatore che hanno Putin sul gozzo perché lo vedono come un possibile invasore. Segnale geopolitico non banale.

 

Una Meloni in versione Capitana. Parla per metafore marine, lei non surfa ma naviga, vuole salpare da qui verso il governo. Dice di sapere dove andare e a fare che, con chi, perché. Ma ha sempre il problema di quei due, Berlusconi e Salvini, che rischiano di trasformarsi in zavorre. La Capa non li cita mai per nome: non vuole fare un favore alla sinistra. E così si rifugia nell'orgoglio ("noi non siamo vigliacchi"), nella teatralità e in quel pizzico di vittimismo contro la stampa più perfida di Albione.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.