all'hotel ergife

A pranzo col Pd: cosa racconta l'evento di autofinanziamento romano dei dem

Il Partito democratico si incontra a Roma. Pranzo di autofinanziamento da 250 euro a persona per sanare i debiti. Gli imprenditori e il cammino per scegliere il nuovo segretario

Gianluca De Rosa

“Ah c’è il pranzo del Pd, ottimo almeno forse troviamo qualcuno che ci può raccomandare”. Marta e Alessandra, aspiranti poliziotte penitenziarie, ridacchiano divertite. Quando si sono recate all’Hotel Ergife di Roma, il sancta sanctorum del concorso pubblico, l’oracolo dell’agognato posto fisso, per il turno delle ore 14 del test per l’assunzione di 1.400 nuovi agenti penitenziari, non si aspettavano che nello stesso albergo, all’interno del ristorante vetrato con vista sull’amplia e magnifica piscina circondata dalle palme, si svolgesse un altro evento: il pranzo di autofinanziamento del Pd di Roma. La coincidenza, visti i trascorsi del Pd romano, collassato otto anni fa tra gli arresti dell’inchiesta Mondo di mezzo, tra i presenti suscita ironie allusive, oscuri presagi. “Speriamo che qualche amico del partito non riveda questi ragazzi quando avranno trovato lavoro”.

 

Comunque occorre ripristinare i conti in rosso. Cinquanta tavoli circolari da otto persone, quattrocento coperti, e 250 euro a invitato. In teoria quasi 100mila euro di fondi raccolti. In realtà, probabilmente meno perché per parlamentari, assessori, presidenti di municipio, consiglieri municipali, comunali e regionali e relativi staff, che già versano una quota del loro stipendio alla federazione romana, il contributo era volontario. Domani si terrà la direzione del Pd Roma che stabilirà il lancio della campagna di tesseramento. “Grazie a questo pranzo – spiega il segretario ormai scaduto Andrea Casu – potremmo nuovamente far pagare la tessera 20 euro come fanno tutte le altre federazioni”. In teoria il passaggio successivo sarà l’inidizione del congresso. Solo in teoria però. “Non lo vuole nessuno perché vogliono che il congresso rientri in un più generico accordo tra le correnti su prossimo parlamento e la candidatura in Regione”, dicono diversi convenuti.

 

A organizzare il pranzo è stato quello che nei retroscena è raccontato come il sindaco ombra, l’eminenza grigia del Campidoglio, il senatore ed ex tesoriere del partito Claudio Mancini che però, ironia della sorte, al pranzo non c’è. “Ha qualche linea di febbre e con i contagi in risalita ha preferito rimanere a casa”. Il menù prevede come antipasto tonno affumicato con insalatina di finocchi e olive, seguono ravioli di spigola e pistacchio conditi con pomodorini e zucchine. Di secondo si mangia spigola in crosta di mandorle con cicoria piccante. Si chiude con millefogli con crema chantilly e gocce di cioccolato e tagliata di frutta fresca. Ad accompagnare le portate, freddo e abbondante, il vino bianco Castelli romani delle cantine Silvestri.

 

Ospiti d’onore il sindaco Roberto Gualtieri e il segretario Enrico Letta che siedono al tavolo con la presidente dell’Assemblea capitolina Svetlana Celli, la capogruppo dem in Campidoglio Valeria Baglio e il segretario del Pd Lazio Bruno Astorre. A pagare il prezzo intero sono gli imprenditori invitati anche a versare ulteriori contributi tramite bonifico. “Pare una pranzo di Carraro negli anni 90 ma chi sono questi imprenditori, che vergogna?”, dice un consigliere municipale. Ma il pranzo di finanziamento tra i dem è ormai prassi sdoganata. Enrico Letta d’altronde è il presidente del Consiglio che ha cancellato il finanziamento pubblico ai partiti, alternative non ce ne sono.

 

Tra gli imprenditori presenti c’è Maurizio Laruccia, ex consigliere di Monteverde, ma soprattutto titolare della Mediterrean Salt Company, azienda che si occupa di estrazione e vendita di sale. Il c-oproprietario, prima di un’inchiesta de L’Espresso, era proprio Mancini. Poi ci sono Angelo Marinelli, amministratore della Cam Spa, Raffaele Ranucci, titolare dell’Holiday Inn Parco dei Medici, ma anche ex senatore dem e Maurizio Nicastro, presidente del consorzio del piano di zona Torrino-Mezzocammino.

 

Sulla piccola pedana allesista al centro della sala, prima che i camerieri comincino a servire le portate, parlano il sindaco e il segretario. Si parla del conflitto ucraino, delle elezioni francesi (“Hanno vinto i candidati senza partiti ma con una leadership in Italia dobbiamo evitare che accada lo stesso”, dice Letta). Il segretario dunque per la sua successione auspica: “Un segretario ancor più bravo di me, anzi una segretaria”. Torna insomma, come un’ossessione famelica (e per la verità raramente saziata) la “questione donna”.

 

Ma più che per il futuro del partito è per la Regione Lazio che la cosa comincia a essere qualcosa di più di una suggestione. Per il dopo Nicola Zingaretti le correnti del Pd sono divise. Gli zingarettiani vorrebbero che a prendere il posto del governatore sia l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato, mentre Area Dem, la corrente franceschinana che nel Lazio è guidata dal segretario regionale Bruno Astorre spinge per due nomi: il vicepresidente della Regione Daniele Leodori e l’ex presidente della Provincia Enrico Gasbarra. Ma tanti dei presenti al pranzo giurano che la carta coperta sia in realtà un’altra, una donna appunto, la consigliera regionale e moglie del ministro della Cultura e capo di AreaDem, Michela Di Biase.

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